Mercosur, Sud America ed Europa: quando le regole non parlano la stessa lingua - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 11:39

Mercosur, Sud America ed Europa: quando le regole non parlano la stessa lingua

La sfida legata al nuovo negoziato sul Mercosur è più importante di quanto si pensi: apertura sì, ma senza rinunciare alla certezza del diritto

di Rocco Smatti

Mercosur, Sud America ed Europa: quando le regole non parlano la stessa lingua

Il confronto che sta tenendo banco a livello europeo sull’accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur va ben oltre la questione dei dazi. Al centro del dibattito c’è forse un nodo strutturale se non proprio culturale: il diverso rapporto con le regole e con la loro applicazione. Una distanza che emerge con forza soprattutto in Brasile e che ha già prodotto conseguenze concrete per grandi gruppi industriali europei, inclusi alcuni dei principali campioni italiani.

Nel modello europeo, le norme sono generalmente stabili, prevedibili e accompagnate da un enforcement continuo. In molte economie sudamericane, invece, il quadro regolatorio è più mutevole, spesso legato ai cicli politici e all’orientamento dei governi. Le regole possono essere reinterpretate, rinegoziate o rimesse in discussione anche dopo anni, con un impatto diretto sugli investimenti esteri. Ci sono grandi aziende italiane che hanno dovuto fare i conti con questa differenza d'approccio, tra queste Saipem, Leonardo o Fiat-Stellantis. La sensazione è che In Brasile l’assenza di confini chiari tra prassi consolidate e illegalità abbia talvolta portato a indagini strumentali, a un dibattito politico conflittuale e ovviamente anche a riflessi economici sulle società. Una fragilità del quadro regolatorio e più in generale del sistema che ora sta emergendo chiaramente anche nel settore energia.
 
Negli ultimi anni anche Enel si è trovata esposta al rischio politico-regolatorio in Sud America. In Brasile, così come in altri Paesi dell’area, il gruppo opera attraverso concessioni elettriche di lungo periodo, che però si scontrano da anni con l’ottovolante della politica locale. Il tema della possibile revoca o rinegoziazione delle concessioni — agitato più volte nel dibattito pubblico e politico, ma mai intrapreso davvero — è tornato di recente d’attualità e rappresenta un segnale chiaro.

Si tratta infatti di chiacchiericcio politico: l'eventualità di una revoca è remota e peraltro nel caso ipotetico avvenisse garantirebbe un indennizzo da quasi 3 miliardi a Enel, ma nonostante questo resta che asset strategici e infrastrutture essenziali vengono usati come terreno di scontro tra Stato e investitori. Una dinamica impensabile in Europa, ma che in Sud America viene percepita come uno strumento legittimo di intervento pubblico. Quello di Enel è il classico caso che finisce per rafforzare la percezione di incertezza giuridica, che quindi scoraggia investimenti di lungo periodo e aumenta il costo del capitale per le imprese straniere.

La stessa distanza regolatoria è oggi al centro delle proteste degli agricoltori europei contro l’accordo Ue–Mercosur. Le organizzazioni di categoria denunciano una concorrenza che definiscono sleale, basata su standard produttivi, ambientali e sanitari profondamente diversi. In Brasile, circa il 30% delle sostanze chimiche impiegate in agricoltura è vietato nell’Unione europea. Restano aperti anche i dubbi sull’uso di antibiotici come promotori della crescita, proibiti nell’Ue da quasi vent’anni, oltre alle criticità legate alla deforestazione e ai diritti dei lavoratori. L’eliminazione dei dazi, in assenza di una reale convergenza normativa, rischia quindi di importare nel mercato europeo prodotti realizzati con regole che l’Europa non consente ai propri produttori.

I dati sulle importazioni rafforzano queste preoccupazioni: nei primi nove mesi del 2025 gli acquisti italiani dal Mercosur sono cresciuti in modo significativo, trainati soprattutto dall’agroalimentare, mentre l’export europeo resta concentrato sui beni industriali. Le clausole di salvaguardia previste dall’accordo sono considerate insufficienti perché non automatiche e subordinate a procedure complesse. Da qui la richiesta, sostenuta da Italia e Francia, di reciprocità piena: stesso accesso al mercato, ma anche stesse regole.

Le vicende più recenti di Enel, ma anche quelle del passato che hanno coinvolto Saipem o Leonardo, mostrano che la distanza tra Europa e Sud America non è solo commerciale, ma istituzionale e culturale. Ignorarla significa esporre imprese e settori strategici a rischi che vanno oltre la normale competizione di mercato. Per questo la sfida legata al nuovo negoziato sul Mercosur è più importante di quanto si pensi: apertura sì, ma senza rinunciare alla certezza del diritto. Una lezione che le imprese italiane hanno già imparato sul campo.

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