Si complica l’operazione di privatizzazione di Mps, così per scegliere il futuro del Montepaschi nella nuova era post-Tesoro spunta il Credit Suisse. Dopo che a metà dello scorso anno a Rocca Salimbeni avevano bussato alla porta di Mediobanca conferendo a Piazzetta Cuccia l’advisory del processo, il Ceo Guido Bastianini ha deciso oggi di avvalersi anche di una grande banca internazionale, da sempre molto attiva anche sulle operazioni corporate di M&A. Una scelta maturata nelle ultime tre settimane e inaspettata per certi versi e che alcune fonti finanziarie coinvolte nella privatizzazione leggono come coerente con la scelta del Ceo di Mps di studiare, come spiegato nel piano industriale, tutte le operazioni possibili per il Montepaschi, anche alternative ai grandi desiderata del direttore generale del Mef Alessandro Rivera che vuole traghettare la controllata con oltre il 64% nelle braccia di UniCredit.
Il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera
Secondo quanto spiegano ad Affaritaliani.it le fonti, il duo Mediobanca-Credit Suisse servirebbe a gestire un processo estremamente complesso che, oltre a sondare anche investitori internazionali a 360° qualora il deal con Piazza Gae Aulenti non dovesse andare in porto, potrebbe anche terminare con uno spezzatino dell’asset senese, gruppo che da quattro anni l’azionista pubblico non riesce a piazzare.
La decisione di rinviare al 28 gennaio il Cda programmato per il 19, per mettere a punto il piano di rafforzamento del capitale (2-2,5 miliardi) da sottoporre entro fine mese alla Bce e di non aprire già oggi la data room, viene letto dalle fonti come conseguenza della levata nell’azionariato di UniCredit delle voci critiche sull’opportunità dell’operazione Siena. Non c’è infatti solo il fronte politico interno nella maggioranza di governo, con il M5S che ha preso nuovamente posizione nei confronti del deal, a rendere vischioso il quadro, ma anche gran parte dell’attuale board e in particolare fra i soci italiani come Leonardo del Vecchio e le fondazioni (a cui fa capo il 5%) nutrono dei dubbi nel portare Mps nel perimetro della banca.
E le criticità dell’operazione sono chiare anche gli stessi fondi internazionali o al colosso tedesco Allianz che controllano una grossa fetta di capitale della public company UniCredit. Ecco dunque il motivo, si fa notare, per il quale Bastianini si sia dotato di una forte coppia di advisor, una più attiva sui mercati core europei come Mediobanca e un’altra di grande standing internazionale come il Credit Suisse, per riuscire a finalizzare l’uscita del Tesoro dal capitale.
Secondo alcune indiscrezioni, la banca elvetica potrebbe portare a partecipare alla data room due istituti di credito, una spagnolo e una francese, ma c’è chi fa notare come il rumors potrebbe rivelarsi infondato, ricordando come nel 2016 la ben più attrezzata JP Morgan fallì nel trovare investitori disposti a entrare nell'istituto senese, elemento che rafforza la necessità di dotarsi di una coppia di consulenti in grado di gestire una mission quasi impossible nell'era del Covid e che vedrà Siena non macinare utili per i prossimi due anni. Una mission, la cui unica strada percorribile sarebbe quella della vendita a pezzi di Rocca Salimbeni, dopo complesse valutazioni.
@andreadeugeni
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