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Intesa Sanpaolo, presentato il 107° Rapporto Analisi dei Settori Industriali in collaborazione con Prometeia

De Felice (Intesa Sanpaolo): "Il Rapporto sui Settori offre una prospettiva fino al 2029, in un contesto caratterizzato da forte incertezza"

di Federica Toscano

Intesa Sanpaolo, pubblicato  in collaborazione con Prometeia il 107° Rapporto Analisi dei Settori Industriali: un’analisi sull’evoluzione della manifattura italiana

Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Prometeia, ha presentato il nuovo Rapporto Analisi dei Settori Industriali, fornendo un quadro dettagliato sull’evoluzione e le prospettive della manifattura italiana. Dopo la contrazione registrata nel 2024, l’industria manifatturiera dovrebbe stabilizzarsi nel 2025, con un fatturato che si attesterà su circa 1143 miliardi di euro (+1,8% a prezzi correnti), pari a 229 miliardi in più rispetto al 2019.

L’evento, dal titolo "Protezionismo e sfide globali: quali impatti per l’industria italiana?", ha offerto non solo una panoramica approfondita sulle prospettive dell’industria manifatturiera italiana fino al 2029, ma anche un focus specifico sul contesto internazionale e sui possibili scenari legati alla politica commerciale americana.

La tavola rotonda ha visto gli interventi di Gregorio De Felice, Chief Economist e Responsabile del Research Department di Intesa Sanpaolo, che ha aperto i lavori con l’introduzione istituzionale, seguito da Alessandra Lanza, Senior Partner di Prometeia, che ha delineato lo scenario economico internazionale tra spinte protezionistiche e nuove sfide alla globalizzazione. Ilaria Sangalli, Senior Economist per l’Industry Research di Intesa Sanpaolo, ha illustrato il posizionamento competitivo dell’industria italiana negli Stati Uniti, mentre Stefania Trenti, Responsabile Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo, ha approfondito le prospettive della domanda interna. A chiudere, l’intervento di Alessandra Benedini, Associate Partner di Prometeia, con un’analisi sull’evoluzione dell’industria italiana al 2029.

Oltre alla presentazione del rapporto, la discussione si è concentrata su temi di stretta attualità come il ritorno dell’amministrazione Trump, le nuove misure sui dazi, le loro potenziali conseguenze sull’economia globale e sulle esportazioni italiane, e su come il sistema produttivo stia reagendo e cercando di adattarsi a questo contesto di crescente incertezza.

A trainare il settore saranno in particolare la Farmaceutica, con una crescita tendenziale del 2,4%, la Meccanica (+1,7%) e il Largo consumo (+1,2%). Il contributo decisivo arriverà ancora una volta dal canale estero, in particolare dal mercato europeo, sostenuto dal raffreddamento dell’inflazione e dalla ripresa della Germania, che il rapporto definisce “un mercato rilevante per tutti i settori manifatturieri italiani”. La riattivazione del commercio intra-UE sarà infatti il principale fattore in grado di controbilanciare la debolezza generale del commercio mondiale, rallentato dalle incertezze legate alle politiche commerciali americane.

Sul fronte interno, la crescita sarà alimentata dalla ripresa, seppur parziale, del potere d’acquisto delle famiglie e dai rinnovi contrattuali, che sosterranno i consumi. Tuttavia, gli acquisti di beni, soprattutto durevoli e di fascia voluttuaria come la moda, rimarranno su livelli depressi. Più positivo il quadro degli investimenti, spinti dalla riduzione dei tassi, dalle buone condizioni reddituali delle imprese e dalla presenza di incentivi come la Transizione 5.0 e la Zona Economica Speciale unica. Dopo lo stallo del 2024, si attende una ripresa degli investimenti in beni strumentali, favorita anche dal rafforzamento infrastrutturale legato al PNRR.

Guardando oltre il 2025, il periodo 2026-2029 sarà caratterizzato da una crescita moderata del manifatturiero, attesa in media all’1% annuo a prezzi costanti. Il biennio iniziale sarà più dinamico (+1,2% medio annuo) grazie alla spinta del PNRR, mentre nel biennio successivo la crescita rallenterà sotto l’1%, con le esportazioni destinate a tornare protagoniste. Le previsioni stimano una crescita media annua delle esportazioni dell’1,8% e un saldo commerciale in aumento fino a 134 miliardi di euro al 2029, 31 miliardi in più rispetto al 2019. Più della metà di questo avanzo sarà generato dal settore Meccanica, che beneficerà anche della possibile ricostituzione della base produttiva statunitense.

Gli Stati Uniti rappresentano un mercato chiave anche in ottica di investimenti diretti esteri. L’Italia ha rafforzato negli ultimi anni la propria presenza produttiva, raggiungendo nel 2022 oltre 34,4 miliardi di euro di fatturato manifatturiero negli USA, il che le vale il quinto posto tra i paesi dell’UE27 con una quota del 4,3%. I settori più attivi sono Meccanica, Alimentare e bevande e quello che include gomma-plastica e materiali da costruzione. Anche sul piano delle acquisizioni, gli USA si confermano il principale mercato estero per le aziende italiane sia in termini di numero di operazioni sia per valore.

Il posizionamento dell’Italia nelle fasce alte della gamma produttiva si rivela un vantaggio competitivo cruciale, soprattutto in un contesto di eventuale introduzione di nuovi dazi. Nel 2023, l’Italia ha detenuto quote significative sulle importazioni statunitensi di prodotti di fascia alta: 9,8% per il Largo consumo, 7,7% per i materiali da costruzione (incluso il settore ceramico), 7,1% per l’Alimentare e bevande, e 6,1% per il Sistema moda. Questo orientamento verso prodotti di qualità rappresenta un elemento chiave anche per l’espansione in altri mercati internazionali.

Il futuro della competitività delle imprese italiane dipenderà in larga misura dalla capacità di investire nella digitalizzazione, nell’efficienza energetica e nella sostenibilità. Resta tuttavia un divario da colmare rispetto ai concorrenti europei, soprattutto nell’utilizzo di tecnologie avanzate come i big data e l’Intelligenza Artificiale. Il gap è particolarmente evidente tra le piccole e medie imprese, che faticano ad adottare soluzioni digitali complesse. A ciò si aggiunge una cronica carenza di competenze adeguate, che rischia di ostacolare la transizione e comprimere le prospettive di crescita.

Dal punto di vista economico-finanziario, i margini si ridurranno rispetto ai picchi del triennio 2021-2023, ma resteranno superiori ai livelli pre-pandemia. Il MOL si manterrà verso un’incidenza del 9,4% sul fatturato, mentre il ROI è stimato all’8,2%. Solo alcuni settori, come Intermedi chimici, Elettronica e Farmaceutica, registreranno una redditività inferiore al 2019.

Nella classifica dei settori più dinamici per il periodo 2026-2029, spiccano ancora Largo consumo e Farmaceutica con una crescita media annua del 2,4% in termini di fatturato deflazionato. Seguiranno Meccanica (+2,1%), Elettronica (+1,8%) ed Elettrotecnica (+1,5%). Crescita più contenuta per Autoveicoli e moto (+1,2%), ancora alle prese con la complessa transizione all’elettrico. Al di sotto dell’1% si collocano Mobili, Elettrodomestici, Sistema moda e Alimentare e bevande. I settori di beni intermedi, come Metallurgia (+0,8%) e Intermedi chimici (+0,7%), mostrano un recupero più debole, mentre i Prodotti e materiali da costruzione si confermano in contrazione (-1,8% annuo), penalizzati dalla fine del ciclo edilizio espansivo.

Il Rapporto, nato nel 1987 dalla collaborazione tra Prometeia e Banca Commerciale Italiana (oggi Intesa Sanpaolo), fotografa ancora una volta le sfide e le opportunità di un sistema produttivo che, nonostante le incertezze globali, continua a difendere la propria posizione attraverso qualità, innovazione e flessibilità.

L’intervista a Gregorio De Felice, Chief Economist e Responsabile del Research Department di Intesa Sanpaolo

A margine dell'evento, Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo ha dichiarato: "Il Rapporto sui settori offre una prospettiva fino al 2029, in un contesto caratterizzato da forte incertezza. L'incertezza deriva principalmente dalla politica commerciale statunitense, sulla quale tuttavia iniziamo a intravedere segnali di distensione: l'accordo con la Cina che prevede 90 giorni di dazi al 30%, l'intesa raggiunta con il Regno Unito e la sospensione, sempre per 90 giorni, dei dazi verso 57 Paesi, tra cui l'Italia e l’Unione Europea".

"Perché questo cauto ottimismo?" ha proseguito De Felice, "Perché ritengo che l'amministrazione americana sia ben consapevole del rischio di un effetto boomerang sull’economia interna, che potrebbe tradursi in una minore crescita e in un aumento dell’inflazione. E l’inflazione è una variabile alla quale gli americani sono particolarmente sensibili. Trump ha vinto le elezioni perché molti cittadini hanno ritenuto che Biden non fosse in grado di contrastarla efficacemente. Se però ora sarà proprio Trump a farla risalire, rischia seriamente di compromettere l’esito delle elezioni di midterm del novembre 2026. Per questo motivo mi aspetto un atteggiamento più morbido".

"L’area euro ha già manifestato la disponibilità ad acquistare 100 miliardi di dollari di beni americani. Ricordo che il nostro avanzo commerciale è di circa 200 miliardi, quindi si tratta comunque di un passo avanti significativo. Dal punto di vista del manifatturiero, il 2025 sarà ancora un anno interlocutorio, ma si intravedono segnali di miglioramento verso la fine. Sul medio termine, tra il 2026 e il 2029, ci aspettiamo una crescita del fatturato a prezzi costanti di circa l’1% all’anno" ha affermato De Felice.

De Felice ha inoltre detto: "Le imprese italiane stanno già reagendo, puntando a diversificare i mercati di sbocco: guardano al Medio Oriente, in parte al Nord Africa, all’India e ad altri Paesi asiatici. Un altro elemento importante è rappresentato dal crescente interesse a stabilire insediamenti produttivi direttamente negli Stati Uniti. Considerando gli incentivi offerti, già attivi con l’amministrazione Biden, molte aziende stanno valutando di trasferirsi o aprire nuove sedi sul territorio americano, soprattutto nei settori che rischiano di essere maggiormente colpiti dalle misure protezionistiche: penso all’acciaio, all’alluminio, all’automotive e anche al farmaceutico".

"Va ricordato che molte imprese farmaceutiche attive in Europa sono in realtà multinazionali americane, quindi anche in questo ambito sarà importante capire come evolveranno gli scenari. In termini di previsioni, restiamo positivi per il periodo 2026-2029, in particolare per i settori della Meccanica, dell’Elettronica, dell’Elettrotecnica, del Farmaceutico e del Largo consumo" ha concluso De Felice.

L’intervista a Stefania Trenti, Responsabile Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo

Stefania Trenti, Responsabile Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo ha dichiarato: "La domanda interna per le imprese manifatturiere italiane è attesa in miglioramento verso la fine del 2025, per poi proseguire lungo un percorso di crescita non particolarmente brillante, ma comunque costante, fino al 2029. Ci aspettiamo infatti che, entro la fine di quest’anno, si possa superare almeno in parte l’incertezza che, lo scorso anno, ha spinto molte famiglie ad aumentare il tasso di risparmio, e che ancora oggi sta frenando i consumi, soprattutto nella prima parte del 2025".

"Inoltre", ha affermato Trenti, "ci aspettiamo che si sblocchino anche le decisioni di investimento, favorite dalla riduzione del costo del denaro e da un contesto internazionale in progressivo miglioramento. A sostenere questo quadro contribuirà anche il PNRR, con una coda di cantieri e attività che potrebbe protrarsi fino al 2027. Un ulteriore impulso verrà dal processo di investimento legato alla doppia transizione: da un lato la digitalizzazione, dall’altro la crescente attenzione alla sostenibilità, tema che sta interessando un numero sempre maggiore di imprese italiane, soprattutto in relazione a misure che permettono di contenere i costi".

"Un esempio significativo è rappresentato dagli investimenti nel campo dell’autoproduzione di energia. Durante la recente crisi energetica, caratterizzata da prezzi elevatissimi, molte imprese hanno scelto di investire in autonomia produttiva, e riteniamo che questa tendenza possa proseguire anche nei prossimi anni. Quali saranno dunque i settori trainati dalla domanda interna?", ha proseguito Trenti: "Innanzitutto, quelli tecnologici, perché la digitalizzazione interesserà anche le famiglie italiane. Dal punto di vista dei consumi, ci attendiamo qualche segnale positivo in più dai settori della farmaceutica e del largo consumo, influenzati anche dal progressivo invecchiamento della popolazione".

"Per quanto riguarda invece gli investimenti, riteniamo che il salto in avanti arriverà soprattutto da quelli legati al potenziamento e al rafforzamento delle reti energetiche e dei trasporti, al centro dei principali progetti finanziati dal PNRR. È verosimile che la crescita della domanda di beni tecnologici, sia di consumo che di investimento, comporti anche un aumento delle importazioni. Tuttavia, è sempre stata una caratteristica del manifatturiero italiano quella di compensare il disavanzo in alcuni settori, ad esempio l’elettronica, con un surplus molto significativo in altri ambiti a medio-alto contenuto tecnologico, come la meccanica o l’elettrotecnica, che produce anche beni destinati al comparto energetico" ha dichiarato Trenti.

"In questi settori vantiamo un saldo commerciale positivo e solido, che ci consente di acquistare dall’estero dove necessario, senza compromettere l’equilibrio complessivo. Naturalmente, anche in questo caso le tensioni geopolitiche rappresentano un elemento di rischio, ma ci aspettiamo che, come già previsto in parte nei progetti finanziati, l’Unione Europea investa ulteriormente per rafforzare la produzione di componenti elettronici anche sul territorio italiano" ha poi concluso Stefania Trenti.