Iren, presentato ad Ecomondo 2025 il Rapporto sulla geopolitica delle Materie Prime Critiche - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 12:36

Iren, presentato ad Ecomondo 2025 il Rapporto sulla geopolitica delle Materie Prime Critiche

Dal Fabbro (Iren): "Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso: l’Italia non dispone di riserve minerarie significative per l’estrazione di Materie prime critiche"

di Redazione Corporate

Iren, ad Ecomondo 2025 la presentazione del rapporto “La geopolitica delle Materie Prime Critiche” realizzato da TEHA Group

In Italia, la nuova “tassa RAEE” proposta dall’Unione Europea potrebbe tradursi in un pesante “costo del non fare” quantificabile in circa 2,6 miliardi di euro l’anno, dovuto alla scarsa efficienza del sistema nazionale di raccolta e trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Tuttavia, se lo stesso ammontare venisse destinato al rafforzamento della filiera nazionale del riciclo – intervenendo su raccolta, impianti e sviluppo del mercato delle materie prime seconde – il nostro Paese potrebbe arrivare a soddisfare fino al 66% del proprio fabbisogno di Materie Prime Critiche (MPC), generando un valore stimato di circa 1,7 miliardi di euro annui legato al recupero di tali materiali. Inoltre, la partecipazione delle imprese italiane alle iniziative promosse in Nord Africa nell’ambito del Piano Mattei offrirebbe ulteriori opportunità di estrazione e valorizzazione delle MPC contenute nei RAEE, con un potenziale economico fino a 2,5 miliardi di euro.

Queste sono alcune delle principali evidenze contenute nel Rapporto Strategico “La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale in Italia”, presentato da Iren alla fiera Ecomondo di Rimini e realizzato da TEHA Group.

Il documento descrive un contesto globale in rapida evoluzione, in cui la domanda di Materie Prime Critiche è in costante aumento e le catene di approvvigionamento risultano sempre più concentrate nelle mani di pochi attori. Tra il 2021 e il 2024 la domanda mondiale di MPC è cresciuta dell’11%, e le previsioni indicano un ulteriore incremento medio del 34% entro il 2030. L’espansione dell’Intelligenza Artificiale e dei data center potrebbe inoltre generare un’ulteriore crescita del 10% nella domanda di minerali chiave già entro la fine del decennio. Parallelamente, la concentrazione geografica delle attività di raffinazione continua ad aumentare: nel 2024 i tre principali Paesi raffinatori detenevano l’86% della capacità globale per litio, rame, nichel, terre rare, cobalto e grafite, con un incremento di quattro punti percentuali rispetto al 2020. Questa dinamica amplifica la dipendenza europea dall’estero e accresce i rischi di interruzione nelle catene di fornitura industriali.

Il Rapporto evidenzia come le Materie Prime Critiche rivestano un ruolo ormai strutturale per l’economia europea, abilitando circa 3,9 trilioni di euro di produzione industriale, pari al 22% del PIL dell’Unione. L’Italia risulta il Paese più esposto tra le cinque principali economie europee: il 31% del PIL nazionale, equivalente a 675 miliardi di euro, dipende da tecnologie e processi produttivi che richiedono MPC. La continuità di approvvigionamento di questi materiali diventa dunque non solo un tema industriale, ma un pilastro di competitività e sicurezza economica per il sistema Paese.

Tra i materiali più critici, titanio e terre rare rappresentano casi emblematici di vulnerabilità. Essenziali per settori ad alto valore aggiunto come aerospazio, dispositivi elettromedicali, componentistica automotive e magneti permanenti, queste materie sono quasi interamente importate: oggi l’UE acquista 4,7 miliardi di euro di titanio e 1,4 miliardi di euro di terre rare, con la Cina che detiene oltre il 90% della capacità mondiale di raffinazione. Un’interruzione delle forniture potrebbe mettere a rischio fino a 700 miliardi di euro di produzione industriale europea, mentre per l’Italia l’esposizione potenziale è stimata in 88 miliardi di euro.

Sul piano delle politiche comunitarie, il Critical Raw Materials Act ha fissato obiettivi precisi per il 2030: coprire almeno il 10% del fabbisogno europeo con estrazione interna, il 40% con raffinazione, il 25% tramite riciclo e ridurre la dipendenza da singoli Paesi sotto il 65%. Tuttavia, secondo lo Studio, i 47 Progetti Strategici riconosciuti dalla Commissione Europea a marzo 2025 non sono sufficienti a centrare tali traguardi: nel complesso essi potranno contribuire solo per il 35% agli obiettivi di estrazione, il 12% al processing e il 24% al riciclo. L’Europa deve quindi accelerare contemporaneamente su tre fronti: rafforzare le partnership internazionali, potenziare le capacità industriali lungo tutta la catena del valore e promuovere la valorizzazione delle materie prime seconde attraverso l’economia circolare.

In questo contesto, il Piano Mattei si propone come un asse strategico per diversificare le fonti di approvvigionamento e consolidare collaborazioni industriali con i Paesi africani. Avviato dal Governo italiano nel 2023 con una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro, il Piano non include ancora iniziative dedicate all’Economia Circolare e al riciclo dei RAEE, ma il potenziale è significativo. Il Nord Africa, infatti, genera circa il 42% dei RAEE del continente africano, pari a 1,5 milioni di tonnellate l’anno – un volume equivalente all’83% di quello italiano. Il coinvolgimento delle imprese italiane in quest’area potrebbe consentire il recupero e la valorizzazione di MPC per un valore fino a 2,5 miliardi di euro, oltre a ridurre la necessità di estrazione di materie prime vergini, con un risparmio stimato di oltre 88 milioni di tonnellate di minerali grezzi e fino a 5,1 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti all’anno, pari alle emissioni prodotte da circa 2,5 milioni di automobili.

La parte finale del Rapporto analizza l’impatto della proposta di “tassa RAEE” avanzata dalla Commissione Europea nel luglio 2025, che introdurrebbe un contributo di 2 euro per ogni chilogrammo di rifiuti non raccolti rispetto al target del 65% fissato a livello UE. Con un tasso di raccolta nazionale fermo al 29,6% nel 2024 – sette punti sotto la media europea e ben 35 punti sotto l’obiettivo comunitario – l’Italia si troverebbe a dover sostenere un onere annuale di circa 2,6 miliardi di euro. Si tratterebbe, secondo il Rapporto, di un costo improduttivo che non genera valore interno e sottrae risorse che potrebbero invece rafforzare la filiera nazionale del riciclo.

L’investimento della stessa cifra nella crescita del settore – potenziando raccolta, capacità impiantistica, innovazione tecnologica e mercato delle materie prime seconde – permetterebbe al Paese di trasformare questa tassa in un volano strategico per la competitività. A pieno regime, tali investimenti potrebbero garantire la copertura fino al 66% del fabbisogno nazionale di MPC e la valorizzazione di circa 1,7 miliardi di euro di materiali ogni anno, riducendo la dipendenza dall’importazione di materie prime grezze.

Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso: l’Italia non dispone di riserve minerarie significative per l’estrazione di Materie prime critiche e la filiera del processing e della raffinazione richiede economie di scala difficili da sviluppare in un contesto nazionale”, ha dichiarato il presidente esecutivo Iren Luca Dal Fabbro. “Oggi l’Unione Europea importa 4,7 miliardi di Euro di titanio e 1,4 miliardi di Euro di terre rare e dipende in misura significativa da un numero ristretto di Paesi fornitori. Una interruzione delle forniture metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di Euro di produzione industriale europea. Per l’Italia, l’esposizione potenziale associata al blocco di queste MPC è stimata fino a 88 miliardi di Euro. Per questo motivo le maggiori opportunità future si concentrano su due leve prioritarie e sinergiche. La prima è il rafforzamento delle partnership internazionali, seguendo l’esempio di Cina e Stati Uniti, per garantire l’approvvigionamento di materie prime vergini e sviluppare relazioni strategiche attraverso il Piano Mattei, orientato alla cooperazione industriale con i Paesi africani. La seconda leva è l’investimento nell’Economia Circolare dei RAEE, volto ad aumentare i volumi raccolti, incrementare la capacità e la diffusione degli impianti di riciclo e favorire anche l’import di materie prime seconde da partner europei e mediterranei”.

La nuova ‘tassa RAEE’ rischia di trasformarsi in un costo del non fare per l’Italia, ma lo stesso ammontare – 2,6 miliardi di Euro – investito lungo la filiera nazionale del riciclo potrebbe coprire fino al 66% del fabbisogno italiano di Materie Prime Critiche e valorizzare ogni anno 1,7 miliardi di Euro di materiali oggi dispersi”, ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti e TEHA Group. “In un contesto di crescente concentrazione delle supply chain globali e di domanda di minerali strategici in forte aumento, l’Economia Circolare rappresenta per l’Italia non solo una leva di sostenibilità, ma una scelta industriale strategica per rafforzare la competitività e la sicurezza economica del Paese”.