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Milano Capitali, 2ª giornata: il dialogo su risparmio, ripresa e investimenti
Milano, piazza Affari

Milano Capitali 2021, la seconda giornata dell’evento: un dibattito su Risparmio e Ripresa e sul ruolo attuale dell'industria nella città di Milano 

Milano Capitali ha inaugurato la seconda giornata di dibattiti con un dialogo incentrato su "Risparmio e Ripresa", riflessioni sugli investimenti pubblici e privati al fine di affrontare un tema d'attualità fondamentale: la ripartenza dell'economia. Mentre il primo dei cinque giorni dell’evento di Milano Finanza e ClassEditori (in cui il dibattito generale si concentra sul Recovery Fund e sull’evoluzione della Borsa Italiana con Euronext) è stato un confronto tra i grandi capi delle banche italiane, il secondo giorno ha visto protagonista prima la situazione, ad oggi, dei veicoli a disposizione dei risparmiatori e le aspettative sul mercato, poi la riflessione dedicata al ruolo attuale dell'industria nella città di Milano.

"Risparmio e Ripresa: la nuova road map per gli investimenti pubblici e privati". Gli interventi di Tommaso Corcos, Carlo Trabattoni e Giovanni Tamburi:

Oggi abbiamo strumenti rilevanti che possono aiutare il finanziamento alle imprese - ha detto Tommaso Corcos, Amministratore Delegato e Direttore Generale Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking -, la regolazione del risparmio privato all’industria e al sistema manifatturiero. Uno è il mondo dei PIR ordinari, che ricordo era partito benissimo perché nel 2017, anno di partenza, aveva avuto un risultato straordinario che aveva confermato poi anche nel 2018. Purtroppo nel 2019 è cambiata la normativa e soltanto da poco è stata nuovamente ri-modificata in un'ottica più 'market friendly'. Adesso credo che anche per i PIR ordinari si è aperta una finestra particolare che secondo me vale la pena cavalcare proprio come opportunità di investimento. Oggi l'Italia ha un'opportunità straordinaria, sia quella di beneficiare della guida di Mario Draghi, ma soprattutto quella di un grande piano di investimenti che può aiutare il Paese a ri-concentrarsi su alcune aree di business e settori che stanno alla base di una trasformazione, sia digitale che nel mondo della sostenibilità e del mondo green. È una grande opportunità che si può sfruttare con un beneficio fiscale significativo".

Tutte le aziende che gravitano intorno al nostro mondo hanno l’obiettivo di contribuire alla ripresa - ha affermato Carlo Trabattoni, CEO Generali Asset & Wealth Management -, ognuno di noi può fare molto per fare ripartire l’economia sia dal punto di vista personale, sia da quello dell’investimento aziendale. Noi abbiamo recentemente lanciato un piano molto importante, un investimento di 3 miliardi e mezzo di euro per fare sì che ci siano risorse a pioggia sull’Europa per l’aspetto social, essendo noi un gruppo internazionale. È questo è un live motive che di sicuro costituirà uno dei punti più importanti per la ripresa dei vari Paesi. Per quanto riguarda gli obiettivi e le linee guida su cui ci muoveremo per l’investimento di questo fondo, siamo molto attenti a fare sì che le risorse vengano attribuite a Istituti che abbiano le certificazioni. Guardiamo molto all’elemento ESG, che per noi è un fattore molto importante, così come l’orientamento al sociale, anch’esso aspetto fondamentale. Abbiamo un team dedicato che si occupa di scrutinare gli investimenti, e solo dopo un processo molto rigoroso arriviamo ad allocare i fondi. Ci sono vari aspetti del piano che coincidono con le linee descritte dal Presidente Draghi, fra cui l’aspetto sociale, l’health care, il digitale, la costruzione di infrastrutture sia per il Paese che per l’Europa”.

Si può tornare a interessarsi agli investimenti nell’economia reale con questa nuova generazione di PIR - ha continuato Trabattoni a riguardo dei risparmiatori italiani -. Bisogna ricreare le condizioni che aiutino a spostare la grande cifra di risparmio, un fattore estremamente positivo perché gli italiani continuano a risparmiare e accumulare, complice anche il periodo di grande incertezza, e potere mettere a fattore comune un investimento in qualcosa che poi possa essere produttivo per la ripresa. Quindi certamente sono fondamentali l’aspetto fiscale e l’accessibilità agli investimenti, che è quello su cui stiamo lavorando per questo fondo di oltre 3 miliardi”.

Parecchi investitori dovrebbero guardare le società italiane già quotate e non essere troppo innamorati dell’estero - ha spiegato Giovanni Tamburi, Presidente & AD, Tamburi Investment Partners -. Siccome abbiamo moltissime aziende valide sul mercato italiano, sarebbe opportuno che il mercato di quei settori le guardasse con più attenzione. L’Italia ha dimostrato nel 2020 e nel 2021 di avere centinaia di aziende eccellenti e di essere al passo a livello internazionale. La seconda raccomandazione è quella di aiutare chi si quota, sia gli azionisti che comprano azioni sia le società che si quotano. Reintrodurre questo sistema può dare una grossa mano al mercato. Nei prossimi anni con una normativa che aiuta gli investitori e le imprese può far fare un salto di qualità che l’Italia non ha mai fatto”.

"Conta ancora l'industria a Milano?". La risposta di Alessandro Spada, Antonio Calabrò ed Enrico Falck:

Il mondo cambia, si evolve - ha detto Alessandro Spada, Presidente Assolombarda -. Milano è riuscita ad inserire il tema dei servizi, che accompagnano la crescita manifatturiera della città. Milano ha 15% di valore aggiunto derivato ai servizi, questo è il risultato più importante che abbiamo ed è anche il numero più alto in Italia. Milano è ancora la capitale della grande industria, abbiamo 4700 multinazionali che hanno deciso di basarsi qui. L’industria manifatturiera a Milano rimane forte. Si è decentrata e spostata nelle zone limitrofe e anche in quelle più lontane, addirittura all’estero. Milano conserva il 30% del valore della manifattura dell’intera Regione Lombardia. Manifattura, chimica, arredo, design, farmaceutica, i settori sono vari. La carta vincente di Milano in quanto capitale industriale è stata proprio il mix delle varie tipologie di aziende, e soprattutto la collaborazione con le Università. Abbiamo poli universitari di assoluta eccellenza, non sono nel milanese ma anche nell’area circostanze, come l’Università di Pavia. È una città che riesce ad assorbire e unire culture e realtà diverse. La grande caratteristica di Milano è questa, la possibilità di dare spazio capacità e fare crescere le filiere e i sistemi privati”.

Noi siamo convinti che la storia d'impresa sia importante per il futuro dell'impresa - ha dichiarato Antonio Calabrò, Direttore Fondazione Pirelli -. L’headquarter di Pirelli è in Bicocca, dove siamo sempre stati. I laboratori di ricerca e sviluppo, e i centri di sperimentazione sono in Bicocca, collegati ai laboratori di ricerca e sviluppo e ai centri di sperimentazione nei circa 20 grandi impianti industriali che abbiamo in giro per il mondo. Forse questo è il punto: Milano è sempre stata non una company town legata a una monocultura industriale. Milano è sempre stata città di intersezioni e dentro le intersezioni c’erano le fabbriche, le banche, le università, le grandi strutture di ricerca e commerciali. Milano città di incroci, di flussi, di luoghi attraversati da flussi, quelli di un’area insieme industriale, finanziaria, dei servizi, della cultura, che parte da Torino e arriva ai confini di Trieste, quell’area che se guardata dallo spazio è tra le più luminose d’Europa, perché dentro ci sono città, borghi, città piccole, paesi e strutture produttive legate alle strutture dei servizi. Milano è grande ed è una città industriale essendo però cambiata la forma stessa dell’industria. Industria, servizi, logistica, ricerca, trasformazione. Questa è Milano: una città in movimento”.

La nostra storia industriale si è evoluta insieme a quella della città - ha raccontato Enrico Falck, Presidente Falck Renewables -, siamo nati sul lago di Como dove si produceva il ferro, però i grandi stabilimenti sono a Sesto San Giovanni, che è molto vicina a Milano dagli inizi del ‘900, dove abbiamo prodotto acciaio per 80 anni e abbiamo dovuto costruire le infrastrutture per attirare gli operai a venire a lavorare. Verso la metà del secolo scorso abbiamo cominciato a lavorare ai servizi per la città: smaltimento dei rifiuti piuttosto che produzione di energia elettrica passando da un sito produttivo che produceva di per sé a un sito produttivo che produceva per la città. Negli ultimi 20-30 anni la città si è espansa molto di più e richiede servizi diversi, si è passati da un luogo in cui si andava a lavorare, a un luogo in cui si richiedeva a un luogo in cui si vive. Quando si vive in un posto ci vuole una qualità della vita all’altezza e uno dei punti fondamentali è il tema ambientale. I grandi bisogni della qualità della vita sia dal punto di vista dell’integrazione dei fattori naturali sia dal punto di vista psico-fisico diventano, nei prossimi anni, l’esigenza di soddisfazione di questo grande mercato. Il PNRR ne prende nota, investe molto tracciando una linea precisa: bisogna fare una svolta verde e noi questa svolta l’abbiamo fatta un secolo fa perché producevamo l’energia elettrica per alimentare i siderurgici già con l’impianto idroelettrico. Abbiamo accompagnato e ci siamo integrati con lo sviluppo della città. Ci sono tantissimi settori che possono svilupparsi in maniera determinante, questo è un fabbisogno di tutti i grandi centri urbani, nessuno accetta più che ci siano sforamenti dei limiti dell’inquinamento atmosferico. Più noi sviluppiamo l’offerta verso questa forma di nuovi bisogni più ci rivolgiamo a un mercato globale. Queste cose spesso vengono considerati come costi quando dovrebbero essere considerati degli investimenti soprattutto perché più li produciamo in loco più riusciamo a fare margini altrove”.

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