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Economia
Open Fiber, le intenzioni di Enel? Sud America cartina di tornasole

Il prossimo 23 novembre si terrà un consiglio di amministrazione dell’Enel che potrebbe entrare di diritto tra i più importanti degli ultimi anni. Sul tavolo, infatti, ci sono parecchie decisioni da prendere, di concerto con il ministero dell’Economia. Bisogna giocare su più tavoli e su più fronti, tra Italia e Sudamerica. Dunque, partiamo proprio dal nostro Paese: Open Fiber è al momento il dossier più spinoso tra le mani dell’amministratore delegato e per molti motivi.

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L'amministratore delegato di Open Fiber Elisabetta Ripa

In primo luogo, perché non è un mistero che Francesco Starace non uscirebbe dalla società con Cdp ma che sta subendo il pressing del Mef che chiede una riduzione (o un totale abbandono) della quota nell’azienda per monetizzare gli investimenti fin qui profusi. La vicenda è nota: alla porta ci sono vari soggetti, pronti a rilevare le partecipazioni. Sembrava tutto fatto intorno alla dismissione totale del 50% del capitale, da conferire a Macquarie. 

Ma l’ultima idea è di tenere una piccola quota, intorno al 10%, per mantenere i piedi in una partita nodale per il futuro del nostro paese. Intorno all’installazione della rete in Italia, infatti, passa la possibilità di ritardare il ritorno alla “vecchia normalità” evitando eccessivi contagi. Perché un conto è avere la fibra a casa per vedere film in streaming, un altro è poter contare sulla banda larga per far funzionare processi industriali da remoto, virtualizzare la produzione, miminizzare la presenza fisica dell’uomo.

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L’obiettivo della nuova creatura per la rete unica – che vedrà la presenza di FiberCop (cioè la newco a sua volta formata da Tim, Kkr e Fastweb), Cdp, Macquarie e, forse, Enel – è quello di completare il 76% di copertura entro il 2025 delle aree grigie e nere del Paese, cioè quelle che prevedono nei prossimi tre anni la presenza di almeno un operatore di banda ultralarga e che rappresentano più della metà del territorio. 

Dunque, Starace deve decidere se rimanere o meno nella fibra. Il rapporto tra Enel e le telecomunicazioni non è nuovo: fu proprio l’operatore dell’energia elettrica, insieme a France Télécom e a Deutsche Telekom a fondare Wind nel 1997. Un investimento che è durato fino al 2005, quando la quota di maggioranza venne ceduta al magnate egiziano Naguib Sawiris.

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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

Ma questa, come si dice, è un’altra storia. L’idea dietro alla nascita di Open Fiber era quella di sfruttare i nuovi contatori Enel che progressivamente venivano installati nelle case per cablare le dimore con la tecnologia Ftth. Un progetto che si sarebbe dovuto ulteriormente integrare con l’installazione delle antenne per il 5G. Ma il sospetto è che sia rimasto il solo Starace a reputare questo impegno come “core” in Italia, perché per il resto il colosso dell’energia sta puntando soprattutto sulle rinnovabili e sull’elettrificazione delle infrastrutture per la mobilità – oltre, ovviamente, a proseguire sulla strada della vendita di elettricità. 

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L'amministratore delegato di Cdp Fabrizio Palermo

Molto diverso, invece, è il discorso se si guarda a un’altra parte del mondo. Il secondo dossier caldo che verrà discusso il prossimo 23 novembre, infatti, riguarda il Sud America.

Dal 31 dicembre, infatti, scatterà un’opzione a favore di EnelX per arrivare fino al 100% di Ufinet, azienda spagnola che si sta occupando di cablare le Americhe, dal Messico fino al Cile e di cui Enel detiene una quota del 21% che ha rilevato nel 2018 dal Cinven Fund, fondo privato che ha invece il 79% del capitale azionario.

Lo schema è un po’ lo stesso dell’Italia: il mercato della connessione nel mondo latino è molto promettente ed Enel, grazie agli allacciamenti energetici, parte avvantaggiata. Dunque, se l’azienda guidata da Starace dovesse decidere di riscattare la sua opzione entro la fine del prossimo anno, darebbe un chiaro segnale sulle sue intenzioni. 

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