Oro in Manovra, aliquota agevolata al 12,5%. Borghi (Lega): "Non è una tassa ma uno sconto". Damiani (FI): "Si prevede un gettito di due miliardi" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 18:11

Oro in Manovra, aliquota agevolata al 12,5%. Borghi (Lega): "Non è una tassa ma uno sconto". Damiani (FI): "Si prevede un gettito di due miliardi"

Rivalutare l’oro da investimento con un’aliquota ridotta per far emergere ricchezza nascosta e aumentare le entrate fiscali. Le interviste

di Rosa Nasti

Oro, l'ipotesi di un'aliquota al 12,5%. Borghi (Lega): "Non è una tassa"

"Non è una tassa sull’oro, ma uno sconto". Claudio Borghi, capogruppo della Lega in Commissione Bilancio al Senato, mette subito le cose in chiaro parlando con Affaritaliani. La proposta è quella di un emendamento alla Manovra 2026 che permetterebbe a chi possiede oro di rivalutarlo, "metterlo in regola" pagando una tariffa ridotta del 13% (invece dell’attuale 26%), così da ottenere un vantaggio nel momento in cui decidesse di rivenderlo.

La proposta arriva da Forza Italia e Lega, con un obiettivo preciso: far emergere ricchezza non dichiarata e quindi raccogliere risorse per le casse pubbliche. "È una proposta degli operatori di settore come di altri 400 emendamenti. Vedo che si sta addensando l’interesse su questa cosa e c’è l’errore di continuare a chiamarla tassa", chiarisce Borghi.

Poi entra nel merito: "In questo momento, se uno vende dell’oro da investimento, monete, lingotti, e non ha conservato il prezzo d’acquisto, come la stragrande maggioranza delle persone, paga il 26% sul totale imponibile. Tante volte le monete venivano regalate per compleanni, cresime quindi, se uno le vende e non ha il prezzo d’acquisto, oggi paga il 26% sul totale".

La soluzione proposta è la rivalutazione: "Dato che il prezzo dell’oro è salito molto, si dà la possibilità a chi vuole di fissare il prezzo d’acquisto dell’oro che ha comprato o che possiede ai valori attuali. Paga però invece del 26% un’aliquota ridotta, segnato il 12, ma potrebbe essere 10, l’8, insomma un’aliquota invogliante, e a quel punto il prezzo d’acquisto rimane fissato all’attuale".

"Se fra un anno uno decide di venderlo, invece di pagare il 26% su tutta la cifra, paga soltanto l’eventuale rivalutazione fra il prezzo di oggi e quello del giorno in cui lo vende. In buona sostanza c’è la scelta se pagare poco subito oppure pagare di più dopo. Oppure uno se lo tiene, non dichiara niente, non paga niente. È una scelta personale".

E allo Stato perché conviene?" Perché semplicemente incassa prima", spiega Borghi. "In questa finanziaria si stanno facendo particolari sforzi per rimanere dentro quel famoso 3%. Questa misura consentirebbe vantaggi ai cittadini in cambio di un pagamento anticipato allo Stato di quello che sarebbe successo dopo".

Per i piccoli risparmiatori, invece, la misura potrebbe essere un’occasione: "Per molti che magari si sono accorti solo adesso della forte salita dell’oro e si trovano in casa un gruzzoletto inatteso e magari vorrebbero vendere, gli si consente di farlo pagando meno del 26%". E poi aggiunge: "Il problema di chi possiede l’oro, al contrario di chi possiede azioni, è che non ha il prezzo d’acquisto. Essendo che non hanno il prezzo d’acquisto è come se l’avessero comprato a zero. Non è tanto giusto".

Oro, Damiani (FI): "Si prevede un gettito di due miliardi"

Il senatore e capogruppo di Forza Italia in commissione Bilancio, Dario Damiani, interpellato da Affaritaliani.it invece spiega: "La nostra idea è introdurre un prelievo sostitutivo sull’aggiornamento del valore dei soli metalli preziosi allo stato grezzo o monetato, cioè da investimento, considerando che dopo la legge di bilancio del 2024 è venuta meno la norma che, in mancanza di documentazione, presumeva come plusvalenza il 25% del corrispettivo di vendita".

"In mancanza di documentazione, costituisce plusvalenza tassata al 26% l’intero corrispettivo della cessione", aggiunge. L’emendamento di FI punta a correggere proprio questo: "Per i metalli preziosi posseduti alla data del 1° gennaio 2026 potrebbe essere assunto come costo il valore a tale data, a condizione che venga assoggettato a un’imposta sostitutiva del 13%".

Una misura che, secondo Damiani, porterebbe benefici per tutti: "I metalli preziosi sono da sempre un asset importante come bene rifugio negli scenari di incertezza economica. Un’aliquota non gravosa invoglierebbe all’aggiornamento del costo fiscalmente riconosciuto, con un doppio vantaggio sia per il possessore che per l’erario, per il quale si prevede un gettito di circa due miliardi".