Economia
Non solo Btp, gli italiani puntano anche sui piani di risparmio: ecco perché conviene investire tra vantaggi fiscali e diversificazione
Dopo anni di deflussi, i piani individuali di risparmio tornano in positivo, trainati dal reddito fisso e da investitori esperti alla ricerca di diversificazione e vantaggi fiscali

Tornano gli investimenti nell’economia reale italiana: cresce l’interesse per i piani individuali di risparmio
In un contesto di elevata volatilità che sta caratterizzando i mercati finanziari in queste ultime settimane, dopo anni di deflussi netti i PIR — strumenti di investimento introdotti nel mercato italiano per stimolare il risparmio e canalizzarlo verso l’economia reale, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese (PMI) — sono tornati in positivo, spinti in buona parte dagli investimenti in reddito fisso, nonostante le eccellenti performance azionarie.
Con un limite di investimento annuo di 40.000 euro per persona fisica e un massimo di 200.000 euro, i PIR offrono il vantaggio fiscale dell’esenzione dal capital gain se l’investimento viene mantenuto per più di 5 anni.
L’indice FTSE Italia PIR PMI All, considerato un buon proxy per l’andamento dei PIR azionari italiani, ha registrato una variazione del +2,41% dal 1° ottobre ad oggi, con 11 giorni in rialzo e 8 in ribasso.
Ma chi sottoscrive i PIR nazionali? Si tratta di un cliente con profilo di rischio medio-alto, titolare di portafogli strutturati e ben diversificati. C’è chi, ad esempio, ha recentemente sottoscritto il BTP Valore a 7 anni e, in un’ottica di diversificazione, ha investito anche in un PIR obbligazionario con una duration inferiore (5 anni).
Questi investitori acquistano sia debito sovrano che debito privato, rispettando l’obbligo che almeno il 70% del portafoglio sia investito in strumenti di aziende italiane o europee con stabile organizzazione in Italia. Oppure hanno acquistato un ETF sull’oro e desiderano diversificare ulteriormente.
Nel 30% dei casi, chi acquista PIR lo fa online ed è un cliente attento ai costi. Ha elevata esperienza e conoscenza dei mercati finanziari e un portafoglio medio di circa 300.000 euro. In media effettua una ventina di operazioni all’anno e ha un’età media di 52 anni.
Per quanto riguarda la componente azionaria, i PIR vengono spesso affiancati a investimenti a gestione passiva, come gli ETF che seguono indici globali (es. MSCI World), proprio per sfruttare la componente attiva: l’approccio in cui un gestore prende decisioni su quali titoli acquistare, vendere o detenere, con l’obiettivo di sovraperformare il benchmark.
C’è anche una componente umana che motiva molti risparmiatori a investire nei PIR: il cosiddetto “impatto sui figli o nipoti”. Investendo nella crescita delle aziende del territorio, si investe anche nel futuro dei propri cari — una riflessione più ricorrente di quanto si possa immaginare.
