Al ralenty il business di Berlusconi. L'impero di famiglia fa fatica in borsa
Se non in politica, almeno in borsa. E invece, nemmeno a Piazza Affari. Momento decisamente no per Silvio Berlusconi che se sul fronte politico è alle prese con il calo delle preferenze negli ultimi sondaggi mentre sta scontando l'anno ai servizi sociali, sul fronte finanziario deve fronteggiare il tonfo delle quotazioni dei titoli delle aziende di famiglia. Mediaset infatti crolla del 6,58% dopo le indicazioni sull'andamento della pubblicità fornite ieri dal management.
Più che il rosso del primo trimestre con ricavi pubblicitari in calo dell'1,8%, è la guidance fornita dai manager sul periodo aprile-giugno a innescare le preoccupazioni degli investitori e le vendite: il direttore generale marketing di Publitalia, Luigi Colombo, ha dichiarato di aspettarsi un secondo trimestre piatto o in lieve calo rispetto a un anno fa e di giudicare positivo un secondo trimestre nel trend del periodo gennaio-marzo, cioè a -1,8%.
Oltre a questi aspetti, dai conti di ieri sono emerse anche le difficoltà legate all'attività Premium e al calcio. Il campionato dall'esito scontato e la rapida uscita delle squadre italiane dalla Champions hanno causato un calo dei ricavi della divisione a pagamento Premium e i diritti sono costati in proporzione di più. Unita alla difficoltà della pubblicità, questa situazione porta il Biscione nel primo trimestre dell'anno a rivedere una perdita (12 milioni), mentre migliora il debito, da 1,45 miliardi del 31 dicembre agli 1,37 di fine marzo, con l'obiettivo di arrivare a quota 1,1 a fine anno.
L'incremento degli ammortamenti dei diritti televisivi pay della Serie A è dovuto anche a un numero di partite disputate e trasmesse superiore a quello del primo trimestre 2013 e così il margine operativo in Italia per Mediaset è stato solo di 7 milioni rispetto ai 34 abbondanti precedenti. I ricavi di Mediaset Premium da attività caratteristica (vendita di carte, ricariche, abbonamenti) sono stati di 142,8 milioni rispetto ai 144,5 del primo trimestre 2013 "in presenza di un numero di abbonati sostanzialmente invariato rispetto al 31 dicembre 2013"; il gruppo televisivo è particolarmente attento ai conti di Premium nel momento in cui sono in corso le due diligence da parte di Vivendi e Al Jazeera, entrambe interessate a entrare in quella che non è ancora una società indipendente.
In rosso anche Mondadori, presieduta dalla figlia Marina Berlusconi, che nel primo trimestre ha fatturato a 268,3 mln (-8,3%). La fotografia della prima parte dell'anno, vede il gruppo di Segrate perdere 6,4 milioni di euro (un rosso comunque più basso rispetto a quello dei primi tre mesi del 2013), mentre il piano di tagli al personale continua a mietere vittime: i dipendenti, tra tempo indeterminato e determinato, risultano essere 3.270, cioè 166 in meno rispetto al dicembre dell’anno scorso e ben 356 in meno rispetto al marzo 2013. Sacrifici che consentono alla società di prevedere risparmi addirittura superiori rispetto a quelli previsti nel piano al 2015. Il fatturato netto è poi sceso a 268,3 milioni, in diminuzione dell’8,3% (-6,5% se si tiene conto che nel frattempo sono state cedute alcune attività di raccolta pubblicitaria). Il margine operativo lordo è positivo (5,6 milioni) e, sottolinea la nota della società presieduta da Marina Berlusconi e guidata da Ernesto Mauri, “in forte crescita grazie alle azioni sul portafoglio prodotti e sulla struttura dei costi”. In Italia il mercato dei libri ha registrato un calo sia del numero di copie vendute sia del relativo valore (rispettivamente del 6,8% e del 5,3%), mentre quello dei periodici ha visto le diffusioni e le vendite congiunte ridursi rispettivamente del 12,8% e del 19,3% e gli investimenti pubblicitari scendere ancora (-14,7% nel primo bimestre).
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