Rcs al prezzo della contro-Opa.Il timore del salotto: Cairo come Greco - Affaritaliani.it

Economia

Rcs al prezzo della contro-Opa.Il timore del salotto: Cairo come Greco

 

Cosa nasconde la vicenda Rcs Mediagroup? A fregarsi le mani per ora è soprattutto Exor, che continua a vendere e che al 12 maggio scorso aveva già ridotto al 4,79% la sua quota di Rcs rispetto al 6,444% posseduto dopo la distribuzione dei titoli da parte di Fiat Chrysler Automobiles ai suoi azionisti, in linea con la più volte dichiarata volontà di completamente la sua quota in Rcs entro il primo trimestre del 2017 a fronte della fusione fra Itedi e il Gruppo Editoriale L’Espresso.

Un alleggerimento che avviene a prezzi crescenti, visto che i titoli dell’editore del Corriere della Sera anche oggi hanno segnato +3,1% , portandosi a 71,5 centesimi, superiore al prezzo non solo dell’offerta di Urbano Cairo (0,12 azioni Cairo Communication per ogni titolo Rcs, pari a stasera ad un valore di 52,8 centesimi per azione) ma anche della contro offerta (70 centesimi per azione in contanti) lanciata dalla cordata capitanata dalla Investindustrial di Andrea Bonomi alla quale hanno aderito Mediobanca, Diego Della valle, Pirelli e UnipolSai.

Segno che il mercato si attende un rilancio da parte di Cairo, che per gli analisti di Kepler Cheuvreux ha ora due opzioni: migliorare il concambio “ad almeno 0,161” azioni Cairo Communication per ogni azione Rcs (pari a un valore implicito di 0,7084 euro per azione Rcs alle quotazioni di stasera), oppure mantenere il concambio a 0,12 aggiungendo però circa 100 milioni di euro in contanti.

Entrambe le strade paiono tuttavia difficilmente percorribili perché la prima opzione “sarebbe troppo diluitiva per Urbano Cairo, la cui quota in Cairo Communication scenderebbe dal 73% al 38% circa post deal”, mentre la seconda “ridurrebbe la cassa di Cairo Communication a zero”. Proprio in un rilancio, però, secondo voci di mercato, sembrano sperare Della Valle, Pirelli e UnipolSai. Tuttavia se il tentativo di rientrare di parte delle perdite subite in questi anni spiega la partecipazione di alcuni dei “contro-scalatori”, le motivazioni di Mediobanca e Investindustrial paiono non limitarsi al “vil denaro”, ma costituire una vera e propria chiusura a riccio del sistema di potere che ha ruotato in questi anni attorno a Piazzetta Cuccia.

Perché Mediobanca che fino alla scorsa settimana (con tanto di silenzio pure a domande degli analisti finanziari in call) classificava i titoli Rcs come “available for sale” (disponibili alla vendita) ed era contro ogni ipotesi di ulteriore aumento di capitale (per rientrare nei covenant sottoscritti a suo tempo col pool di istituti creditori capitanati da Intesa Sanpaolo) con un doppio salto carpiato ora appoggia Andrea Bonomi e i vecchi soci non solo conferendo i propri titoli ma agendo come advisor? E perché a rilanciare è proprio il nipote di Anna “la Signora dei danè, nonchè figlio di Carlo, ex numero uno della Bi-invest scalata dall’allora presidente Montedison Mauro Schimberni (che poi provò il “bis” con Fondiaria, finendo col mettersi contro il suo ex mentore, Enrico Cuccia, nume tutelare del capitalismo familiare italiano)?

Secondo alcuni rumors, ciò che resta degli ex “poteri forti” ha fiutato il pericolo che Urbano Cairo (che con l’appoggio di Intesa Sanpaolo è già virtualmente attorno al 9% di Rcs), cui basterebbe anche solo il 35% per controllare di fatto Rcs, era pronto a seguire l’esempio di Mario Greco in Generali, andando a sollevare il velo su tutte le operazioni di depauperamento messe in atto o comunque non ostacolate dai soci storici. Quali? In primis l’acquisizione avvenuta nel 2007 a caro prezzo (1,1 miliardi di euro a fronte di un fatturato 2006 di poco più di 300 milioni) della spagnola Recoletos.

In quella operazione Mediobanca recitò, assieme a Banca Leonardo, il ruolo di advisor dell’acquirente, mentre Andrea Bonomi, entrato nel 2012 nel Cda di Rcs solo per dimettersi nell’aprile del 2013 per “impegni professionali” e per evitare “potenziali conflitti d’interesse”, era con Investindustrial socio al 12,5% di Retos Cartera, holding che aveva rilevato il 79% di Recoletos dal gruppo inglese Pearson a fine 2004 per 743 milioni (sulla base di una valutazione del 100% di 941 milioni).

Ma quella di Recoletos non fu l’unica operazione “avventata” in terra di Spagna da parte di Rcs: già nel 2003 il gruppo era salito dal 52% all’82% ne “El Mundo” rilevando dal finanziare Jaime Castellanos  un ulteriore 30%, ovviamente con congrua plusvalenza per Castellanos, che all’epoca si avvalse come advisor di Lazard Italia, guidata da Gerardo Braggiotti, ex direttore di Mediobanca che rilevò poi nel 2006 Banca Leonardo da Attilio Ventura, Gian Luigi Milla e Alberto Foglia, ritrovandosi consocio di alcuni dei più bei nomi della finanza europea come gli Agnelli (tramite Exor), Michel David Weill (con Eurazeo) e Albert Frère.

Tanti nomi illustri insomma, legati a doppio filo tra di loro, cui potrebbe importar meno spendere qualche “spicciolo” in più oggi che non ritrovarsi domani ad avere troppi riflettori puntati addosso nel caso Urbano Cairo volesse scoperchiare qualche pentola e capire come Rcs Mediagroup si sia potuta ridurre ad una frazione di quello che era un tempo. C'è anche poi la cura da cavallo Jovane con la svendita della sede del CorSera in via Solferino, l'operazione Rcs Libri e altro.

A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si becca, dicono. Anche a Piazza Affari.

Luca Spoldi
Andrea Deugeni