Economia
Manovra, così con l'emendamento su oro FdI vuole tutelare le riserve auree dalle mire straniere. Che cosa c'è dietro
Le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano

Manovra e il nodo dell'oro
Mentre non si placano le polemiche sull’emendamento presentato dal senatore Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, che stabilisce che le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano, il partito della premier parte all’attacco rivendicando il fatto che si tratta di una norma utile, giusta e compatibile con il quadro normativo dell’Ue.
La Banca d’Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo Monetario Internazionale. A livello di Stati nazionali, quindi, l’Italia, dopo Usa e Germania, è il terzo Paese al mondo per quantità di riserve in oro nella banca centrale nazionale.
Il quantitativo totale di oro della Banca d’Italia è pari a 2.452 tonnellate, costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete. Il valore economico è stimato in 280 miliardi di euro.
La ratio dell’emendamento, che certo non è una novità, considerando che se ne parla da anni, avrebbe lo scopo di evitare che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani. Per questo, c’è bisogno di una norma che faccia chiarezza sulla proprietà. È quanto si afferma in un dossier riservato del centro studi di Fratelli d’Italia, anticipato da Repubblica e Corriere della Sera, dedicato all’emendamento di FdI alla manovra in cui si precisa che “le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono al Popolo Italiano”.
È abbastanza singolare che questa cosa abbia scatenato un vero e proprio pandemonio, considerando che nel 2007 Romano Prodi, quando era Presidente del Consiglio, propose di valutare la vendita di una parte delle riserve auree della Banca d’Italia per ridurre il debito pubblico, proposta che non si concretizzò solo per la ferma opposizione della Bce.
Delle riserve auree ebbe anche ad occuparsene Mario Draghi, quando nel 2019 era ancora presidente della Bce. In un parere di qualche anno fa, Draghi spiegò che il trasferimento dell’oro dallo stato patrimoniale della Banca d’Italia a quello dello Stato italiano sarebbe stato un finanziamento al settore pubblico, e quindi una violazione dei trattati europei.
In pratica, le riserve devono essere detenute, gestite e iscritte nel bilancio della Banca d’Italia e nel nostro ordinamento – spiegò nel 2019 l’allora governatore Ignazio Visco – tale assetto si realizza con il diritto di proprietà.
Qualcuno ha voluto anche riportare alla luce una proposta della Meloni, quando ancora si trovava all’opposizione: il rimpatrio dell’oro custodito all’estero.
La Banca d’Italia, con 2.452 tonnellate, è il quarto detentore al mondo di riserve auree dopo la Federal Reserve americana, la Bundesbank tedesca e l’Fmi. E, come è noto, la maggior parte dei lingotti è custodita all’estero: solo il 45% (1.100 tonnellate) è nei caveaux di Via Nazionale, circa il 12% in Regno Unito e Svizzera (rispettivamente 141,2 e 149,3 tonnellate), mentre il 43% è negli Stati Uniti (1.061,5 tonnellate).
Ma in realtà forse la cosa ha una spiegazione molto più semplice ed ha esclusivamente attinenza con la volontà di preservare le riserve auree italiane, evitando magari che qualche socio privato e straniero della Banca d’Italia possa avanzare pretese anche sull’oro detenuto nei caveaux di Via Nazionale.
Questo viene esplicitato chiaramente anche nel dossier del centro studi di Fdi, che spiega come:
“Il capitale della Banca d’Italia, comprese quindi le riserve auree, è detenuto da banche, assicurazioni, fondazioni, enti ed istituti di previdenza, fondi pensione ecc. aventi sede legale in Italia. In molti casi si tratta di soggetti privati, alcuni dei quali controllati da gruppi stranieri. L’Italia non può correre il rischio che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani. Per questo c’è bisogno di una norma che faccia chiarezza sulla proprietà.”
Il partito della premier poi smonta anche la presunta fake news secondo cui questo emendamento andrebbe contro i trattati europei e lederebbe l’autonomia della Banca d’Italia.
Il TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) stabilisce all’articolo 127 comma 2 che il compito della Banca Centrale Nazionale è quello di “detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri”, senza entrare nel merito della proprietà.
“Pertanto, dire che la proprietà delle riserve auree sia del popolo italiano non lede in alcun modo la prerogativa della Banca d’Italia di detenere e gestire le riserve”, dicono da Fdi.
Insomma, una vera e propria tempesta in un bicchier d’acqua, utile solo per montare l’ennesima polemica politica che francamente poteva essere tranquillamente evitata.
