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Economia
Russia, il Pil va giù del 3,7% e Putin si prepara alla grande svendita

Il rublo è lo specchio del progressivo peggioramento della situazione (ha messo a segna la più alta svalutazione del 2016 fra le valute dei Paesi emergenti), con i capitali che stanno via via smontando posizioni alla Borsa di Mosca. E il Fmi che nel suo ultimo outlook ha previsto un nuovo anno in recessione (-1%), dopo il tonfo del 3,7% per effetto del calo del prezzo del petrolio e del gas, dalla cui vendita dipende il 70% delle entrate del bilancio russo.

Sull'economia russa su cui tornano ad aleggare lo spettro del default di fine anni '90 si è abbattuta l'era del barile low cost, che a breve secondo le reginette di Wall Street Goldman Sachs e Morgan Stanley potrebbe a breve arrivare anche a 20 dollari al barile. Un andamento depresso dal costante eccesso di offerta che c'è sul mercato dell'oil che assieme alle sanzioni occidentali applicate per lo scoppio del conflitto dei separatisti russi in Ucraina sta mettendo a dura prova l'industria energia-dipendente di Mosca.

L'istituto di statistica russo Rosstat ha appena quantificato l'effetto di questi due fattori: il Pil del 2015 è andato giù del 3,7%, calo che riflette un andamento della produzione industriale scesa anch'essa del 3,4% rispetto al 2014.

In attesa di rivedere quotazioni del greggio più alte (che arriveranno solo alla fine del 2016), Mosca sta correndo ai ripari per non far schizzare il deficit sopra il limite del 3%. Limite posto da Putin che vuole in quersto modo preservare l'indipendenza finanziaria del Paese.

Come? Attraverso un taglio del 10% della spesa pubblica (soprattutto sociale) e le privatizzazioni. Ovvero la vendita di pacchetti azionari delle controllate del Cramlino che serviranno al governo per introiettare preziosi fondi da destinare alle spese senza erodere troppo la consistenza del Fondo di riserva russo. Fondo sovrano moscovita finanziato con i proventi incassati dalla vendita del greggio, strumento ormai più che dimezzato nelle proprie consistenze nell'era del petrolio cheap.

Quali sono i gioielli di famiglia che Putin e i propri consiglieri hanno deciso di aprire ai capitali per far cassa? Si val 20% circa di Rosneft, un gioiellino che produce 4 milioni di barili di petrolio al giorno, alle quote di Sovcomflot, la flotta della Marina Mercantile che dovrebbe portare entro la fine dell'anno un incasso di 200 miliardi di dollari, al colosso dei diamanti Alrosa, delle dighe e delle centrali idroelettriche Rushydro e la compagnia di Stato Eroflot. Concludono la lista la prima e la seconda banca russa, la Vtb e Sberbank che fanno molta gola ai capitali esteri.

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