Economia
Safilo, mega pulizia di bilancio. Il taglio di Trocchia col passato

Safilo vale ormai meno di 4,5 euro, dai 18,9 euro che valeva nel 2014. Per alcuni c’è il rischio che il gruppo venga comprato da qualche produttore cinese
Safilo di nuovo in affanno a Piazza Affari, dove il titolo sfiora il 3% di perdita nella prima parte della seduta ridiscendendo sotto i 4,5 euro per azione, dopo l’annuncio dato ieri sera a mercati chiusi che, a seguito di valutazione interna dei propri organi competenti, includerà nel bilancio dell’esercizio 2017 una svalutazione non monetaria dell’avviamento tra 190 e 200 milioni di euro di euro, che sarà determinata e deliberata dal Cda in calendario il prossimo 13 marzo per approvare il bilancio 2017.

Ma mentre gli analisti valutano i possibili impatti, a Piazza Affari qualcuno non esclude sorprese in arrivo, a breve, dalla Cina. Ma andiamo con ordine: come notano gli analisti di Websim, seppure di impatto non monetario, la notizia della maxi svalutazione è negativa, data la rilevanza sia sul valore attuale dell’avviamento (448 milioni di euro a fine 2016) sia sul patrimonio netto (stimato a 862 milioni di euro nel 2017).
Per questo gli esperti confermano il giudizio di “poco interessante” sul titolo e il target price di 4 euro, che implica un potenziale ulteriore calo del 11% dai livelli attuali. Se non altro, aggiungono però gli analisti di Equita Sim, non dovrebbero esservi “impatti operativi, in quanto il mercato già riflette un valore degli asset decisamente inferiore a quello di libro”, col titolo che già adesso tratta a 0,4 volte il “book value” post svalutazione, mentre il patrimonio netto “ha capienza per assorbire la svalutazione senza necessità di ricapitalizzazioni”.

Sulle prospettive a medio-lungo termine di Safilo pesano piuttosto i dubbi espressi dall’ex patron del gruppo, Vittorio Tabacchi, ormai azionista di minoranza al 7,7% (attraverso la holding Only 3T), che pochi giorni fa ha stigmatizzato gli errori strategici compiuti dall’ex amministratore delegato, Luisa Delgado, e dall’azionista di maggioranza che l’aveva nominata, il gruppo olandese Hal Holding, titolare dal 2009 del 43,232% del capitale dopo un aumento da circa 300 milioni realizzato in più tranche che consentì di dimezzare l’indebitamento che il gruppo aveva contratto, in particolare con Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Alla Delgado e agli olandesi Tabacchi rimprovera il non aver previsto un patto di non concorrenza con l’ex numero 1 del gruppo Roberto Vedovotto, uscito dal gruppo nel 2013 per andare ad occuparsi di occhiali per il colosso del lusso francese Kering, ma anche una gestione delle licenze poco efficace e un impegno non ottimale nella gestione dei rapporti coi gruppi licenziatari e nell’attività di ricerca di nuove licenze. Per Tabacchi si poteva e doveva fare meglio e di più, ma non solo: anche la nomina del nuovo Ceo, Angelo Trocchia (in alto in foto), non convince l’imprenditore bellunese, dato il background del manager, la cui carriere si era finora svolta tutta all’interno del gruppo Unilever senza alcuna esperienza nel settore occhialeria.
(Segue...)