Putin affonda Saipem. Due miliardi di commessa in fumo dopo il no al South Stream
La ripicca di Vladimir Putin alle sanzioni occidentali per la questione ucraina che hanno spinto Mosca a cancellare il gasdotto South Stream manda al tappeto per la seconda seduta consecutiva Saipem. La controllata dell'Eni attiva nelle infrastrutture petrolifere è infatti una delle principali società interessate alla costruzione del gasdotto che entro il 2018 doveva portare il metano in Europa bypassando l'Ucraina e solcando invece il territorio turco, titolare di uno dei tre contratti di appalto assegnato a marzo, definito dai vertici dell'Eni prima di ieri "blindato".
Il contratto, il più ricco (2 miliardi di valore) prevedeva la costruzione della tratta sottomarina del gasdotto, per il quale Saipem aveva già iniziato a lavorare: le tubazioni erano state infatti appena assemblate e pronte per essere posate sui fondali del Mar Nero e sono salpate giusto ieri dalla Bulgaria alla volta della Russia, a bordo della nave piattaforma Castoro 6. Mosca finora si era dimostrata puntuale nei pagamenti e anche se i contratti prevedono ricche penali in caso di inadempienze, per la società italiana si è trattato di un fulmine a ciel sereno.
La Borsa ha preso atto del venir meno della ricca commessa punendo il titolo già messo a dura prova dall'inchiesta sulle tangenti e dalle difficoltà del settore petrolifero. Ieri a fine seduta ha lasciato sul terreno il 2,26% mentre oggi crolla a 10,38 euro per azione con un rosso di quasi otto punti percentuali (-0,87 euro rispetto alla chiusura di ieri sera) .