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Economia
Snap, Ipo record con il rischio. La società non fa profitti e brucia cassa
Evan Spiegel e Miranda Kerr

Debutto col mega-botto per Snap, società che ha sviluppato e gestisce il social network Snapchat, la quale dopo aver raccolto 3,4 miliardi collocando a 17 dollari per azione 200 milioni di azioni di nuova emissione prive di diritto di voto, con una valutazione implicita di 20 miliardi di dollari per l’intera società, doppia rispetto a quella del più “maturo” rivale Facebook (21,4 volte le vendite attese nel 2017 per Snap, contro le 10,5 il fatturato previsto per quest’anno da Facebook) ha visto il titolo aprire a 24 dollari. Per poi arrivare a sfiorare i 25 dollari per azione prima che scattassero le prime prese di profitto. Prese di profitto peraltro più che giustificate visto che rispetto al prezzo di collocamento i prezzi segnati nella prima ora di scambio sul Nyse da Snap hanno oscillato tra un 43% e un 47% di ulteriore rialzo.

A fregarsi le mani sono naturalmente i due co-founder di Snap, Evan Spiegel (26 anni, Ceo della società) e Bobby Murphy (28 anni, Cto), già “confratelli” presso la Stanford University e tuttora principali azionisti col 22,4% di capitale a testa (ma con l’88,6% dei diritti di voto), quote che fanno di loro i più giovani multimiliardari d’America di tutti i tempi. Ma qual è il business di Snap e quali prospettive possono spingere gli investitori a strapparsi letteralmente di mano i titoli di Snap, che tra i suoi principali azionisti annovera Vanguard (9,2%), Jp Morgan (5,3%), State Street (4,15% più un altro 1,15% intestato a State Street Global Advisors), BlackRock (4,1%), Eastern Partners (poco più del 2%) e poi un’ulteriore sfilza di grandi banche d’affari e fondi d’investimento mondiali?

In realtà al momento nessuno lo sa concretamente, visto che pur crescendo in modo robusto (ma con segnali di rallentamento già evidenti), Snapchat vede ad oggi circa 158 milioni di utenti quotidiani. Non pochi certamente ma una frazione degli 1,2 miliardi di utenti che usa quotidianamente Facebook o invia messaggi con WhatsApp (che fa sempre capo al gruppo di Mark Zuckerberg) e non così tanti in più rispetto ai 150 milioni di utenti giornalieri che su Instagram (altra controllata di Facebook) realizzano ogni giorno video-reel simili a quelli che si possono creare su Snapchat, un tempo noto principalmente per la caratteristica di consentire l’invio di messaggi i cui contenuti scomparivano dopo poco tempo senza dunque restare per sempre in rete come capita con gli altri social media, ma da tempo evolutosi ben oltre.

Dovendo tuttavia competere con colossi come il gruppo Facebook o Twitter (che in borsa continua a perdere quota da quando sta vedendo rallentare la crescita dei propri utenti), Snapchat deve ancora iniziare a fare soldi e a convincere gli inserzionisti pubblicitari che vale la pena di investire seriamente su tale piattaforma. E se le vendite sono già passate dai 58,7 milioni del 2016 ai 400 milioni del 2016 e si prevede toccheranno il miliardo di dollari quest’anno, finora il risultato netto è rimasto in rosso, peggiorando anzi dai 373 milioni del 2015 ai 515 milioni dello scorso anno e la musica non dovrebbe cambiare neppure quest’anno.

(Segue...)

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