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Economia
Un Paese unito dalla recessione, impietose le rilevazioni regionali Svimez

Tranne il Trentino che recupera i punti di Pil persi nel 2020 e le tre principali regioni del Nord -Lombardia, Veneto ed Emilia Romagma- che reagiscono agli effetti economici negativi causati dalla pandemia, è un Paese in recessione senza precedenti. Queste le previsioni regionali Svimez per il 2020 che fotografano un Paese “unito” da una forte recessione, nonostante la crisi sanitaria abbia interessato soprattutto alcune realtà settentrionali.
Il primato negativo del crollo del Pil nell’anno del Covid-19 spetta ad una regione del Mezzogiorno e ad una del Nord: la Basilicata (-12,6%), solo marginalmente interessata dalla pandemia, e il Veneto (-12,2%), una delle regioni maggiormente colpita dal virus. La Lombardia, epicentro della crisi sanitaria, perde 9,9 punti di Pil nel 2020. Perdite superiori al 10% si registrano nel 2020 al Nord: Emilia Romagna (-11,2%), Piemonte (-11%) e Friuli V.G. (-10,1); al Centro: Umbria (-11,1%) e Marche (-10,6%); e nel Mezzogiorno: Molise (-10,9%).
Campania e Puglia, che insieme concentrano circa il 47% del Pil del Mezzogiorno, perdono rispettivamente l’8 e il 9%. Più contenute le perdite in Calabria (-6,4%), Sardegna (-5,7%) e Sicilia (-5,1%), economie regionali meno coinvolte negli interscambi commerciali interni ed esteri e perciò più al riparo dalle ricadute economiche della pandemia.

Ripartenza disomogenea del 2021
La ripartenza del 2021 è più differenziata su base regionale rispetto all’impatto del Covid-19 nel 2020. L’organismo romano, di cui è direttore Luca Bianchi (nella foto), ha già posto l’attenzione sulle ricadute sociali connesse alla ripartenza “dimezzata” del Mezzogiorno (+2,3%) rispetto al Centro-Nord (+5,4%). Le previsioni regionali aprono la “scatola nera” del differenziale di crescita tra Mezzogiorno e Centro-Nord nel 2021 svelando una significativa diversificazione interna alle due macro-aree nella transizione al post- Covid.
L’unica regione italiana che recupera in un solo anno i punti di Pil persi nel 2020 è il Trentino. A seguire, le tre regioni settentrionali del “triangolo della pandemia” guidano la ripartenza del Nord: +7,8% in Veneto, +7,1% in Emilia Romagna, +6,9% in Lombardia. Segno, questo, che le strutture produttive regionali più mature e integrate nei contesti internazionali perdono più terreno nella crisi ma riescono anche a ripartire con più slancio, anche se a ritmi insufficienti a recuperare le perdite del 2020. Maggiori le difficoltà a ripartire di Friuli V.G., Piemonte, Valle d’Aosta e, soprattutto, Liguria.
Le regioni centrali sono accomunate da una certa difficoltà di recupero, in particolare l’Umbria e le Marche. Alla questione settentrionale e a quella meridionale intorno alle quali tradizionalmente si polarizza il dibattito nelle crisi italiane, sembra aggiungersi una “questione del Centro” che mostra segnali di allontanamento dalle aree più dinamiche del paese, scivolando verso Sud.
Tra le regioni meridionali, le più reattive nel 2021 sono, nell’ordine, Basilicata (+4,5%), Abruzzo (+3,5%), Campania (+2,5%) e Puglia (+2,4%), confermando la presenza di un sistema produttivo più strutturato e integrato con i mercati esterni. A fronte del Sud che riparte, sia pure con una velocità che compensa solo in parte le perdite del 2020, nel 2021 ci sarà anche un Sud dalla ripartenza frenata: Calabria (+1,5%), Sicilia (+1,3%), Sardegna (+1%), Molise (+0,9%). Si tratta di segnali preoccupanti di isolamento dalle dinamiche di ripresa esterne ai contesti locali, conseguenza della prevalente dipendenza dalla domanda interna e dai flussi di spesa pubblica.

L’export per recuperare i ritardi
L’impatto sui redditi delle famiglie nel 2020 è in media meno intenso nel Mezzogiorno (- 3,2% contro il -4,4% del Centro-Nord) anche per effetto degli ingenti trasferimenti previsti dalle misure di sostegno al reddito previsti dal Governo. Il calo riguarda in particolare l’Emilia Romagna (-6,3%), Marche (-5,7%), Umbria (-5,2%) e Piemonte (-5,2%). Per il 2021 è atteso un recupero in tutte le regioni del Centro e del Nord, soprattutto nel “triangolo della pandemia”. Le regioni meridionali condividono una riduzione meno intensa dei redditi nel 2020 ma, al tempo stesso, un recupero più debole nel 2021. È questo il caso, in particolare, di Calabria, Molise, Sardegna e Sicilia, che non recupereranno le perdite del 2020.
La dinamica dei redditi inevitabilmente condiziona le decisioni di consumo delle famiglie. La spesa delle famiglie cala bruscamente in tutte le regioni italiane con una variabilità interna alle due macro-aree piuttosto correlata alla dinamica dei redditi. Nelle Marche (-12,3%) e in Umbria (- 12.2%) i crolli più evidenti; in Lombardia (-7,3%), Molise (-7,4%), Trentino (-7,7%) e Sicilia (- 7,7%) quelli meno intensi ma di entità comunque eccezionale. La forbice si allarga se si guarda alla ripresa della spesa delle famiglie nel 2021. Nelle regioni del Centro e del Nord, in media, i consumi delle famiglie aumenteranno del 5,0% recuperando solo la metà della perdita del 2020; nelle regioni del Mezzogiorno il recupero sarà meno di un terzo: +2,7% dopo la caduta del -9,0% del 2020. Particolarmente stagnante sarà la spesa delle famiglie in Sardegna, Sicilia e Calabria.
Gli investimenti delle imprese mostrano su base regionale caratteristiche comuni alla spesa delle famiglie: una maggiore differenziazione nella ripartenza, comunque stentata, del 2021 rispetto alla caduta del 2020. Al Nord il crollo è particolarmente intenso in Emilia Romagna (-17,9%) e Piemonte (-18,0%); al Centro in Toscana (-17,5%); nel Mezzogiorno in Campania (-16,3%). Gli investimenti torneranno a crescere a tassi più sostenuti, ma comunque insufficienti a compensare le perdite del 2020, in Lombardia (+9,8%), Veneto (+9,5%) ed Emilia Romagna (+8,2%). Debole la ripartenza degli investimenti in Calabria (+2,2%), Sicilia (+2,5%) e Campania (+2,7%).
La domanda estera, in profonda contrazione nel 2020, tornerà a crescere nel 2021 a ritmi più sostenuti nelle economie regionali dalle vocazioni produttive più orientate all’export.

Sistema Paese a rischio disgregazione
La variabilità regionale della ripartenza fa esplodere una dinamica già innescata dalla grande crisi del 2008, ma rimasta sotto traccia nella ripartenza del 2015-2018: la caratura “nazionale” della coesione territoriale. Resiste la chiave di lettura Centro-Nord/Mezzogiorno, ma le previsioni per il 2021 mostrano i segnali di una divaricazione interna alle due macro-ripartizioni: le tre regioni forti del Nord ripartono con minori difficoltà; il resto del Nord e le regioni centrali mostrano maggiori difficoltà; un pezzo di Centro scivola verso Mezzogiorno; il Mezzogiorno rischia si spaccarsi tra regioni più resilienti e realtà regionali che rischiano di rimanere “incagliate” in una crisi di sistema senza vie di uscita.
La differenziazione territoriale dei processi di resistenza allo shock e di ripartenza nel post- Covid pone al governo nazionale il tema della riduzione dei divari regionali come via obbligata alla ricostruzione post-Covid. Creare le condizioni per restituire alle regioni del Centro in difficoltà i tassi di crescita conosciuti in passato, liberare le regioni più fragili del Sud dal loro isolamento che le mette al riparo dalle turbolenze ma le esclude dalle ripartenze, ricompattare il Nord e il resto del Paese intorno alle sue tre regioni guida, sono tutte premesse indispensabili per far crescere, insieme, l’economia nazionale. Anziché affannarsi a sostenere la causa delle tante questioni territoriali (del Nord, del Centro, del Mezzogiorno) che si contendono il primato nel dibattito in corso sulle vie di uscita dalla pandemia, è tempo di compattare l’interesse nazionale sul tema che le risolverebbe tutte se solo l’obiettivo della crescita venisse perseguito congiuntamente a quello della riduzione dei nostri divari territoriali.

 

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