Spettacoli
Harry Potter, Casa di Carta e... il doppiatore Flavio Aquilone si racconta
"Non smetterò mai di fare il doppiatore, ma ben vengano anche teatro e grande schermo. Lavoro ad ampio spettro. Fossilizzarsi è sbagliato per un giovane"
Flavio Aquilone, l'intervista di affari alla voce italiana di Draco Malfoy, Mr Robot, Denver de La casa di carta e Jamal Malik di The Millionaire
"Avevo 4 anni. Dal gioco si è tramutata in vera professione. Draco Malfoy di Potter il mio primo ruolo da antagonista. Mr. Robot mi ha messo a dura prova. Turni devastanti. Per la casa “Casa di carta” incredibile successo"
"Un ricordo speciale va a Ludovica Modugno, direttrice di “The Millionaire”. Ai giovani dico: lavoro ad ampio spettro. Mai fossilizzarsi"
Flavio Aquilone (attore, doppiatore), 31 anni e già una lunga carriera alle spalle. Classe ’90, nato sotto il segno dei Pesci, è figlio d’arte, la madre è la nota dialoghista e direttrice di doppiaggio Novella Marcucci. Aquilone inizia a soli 4 anni prestando la voce ad un coniglietto nel film “Il settimo fratellino”. Da lì in poi non si fermerà più.
Il curriculum parla da solo: è lui Draco Malfoy (interpretato da Tom Felton), storico antagonista di Harry Potter in tutti gli otto lungometraggi della celebre saga, è lui Denver (Jaime Lorente) nell’acclamatissima serie “La casa di carta”, è lui l'inquieto Mr. Robot di Rami Malek ed è sempre lui Jamal Malik (Dev Patel) nel pluripremiato (10 candidature e 8 Oscar) “The Millionaire”.
Flavio, nonostante la giovanissima età, ha già vinto nel 2005 il premio emergente dell’anno consegnatogli al Gran Galà del doppiaggio, nel 2009 il premio voce maschile a Romics proprio per “The Millionaire” e nel 2014 il massima riconoscimento del settore, il Leggio d’oro sempre per la miglior voce maschile dell’anno. Condivide passione, lavoro e un bellissimo bambino di due anni con la sua compagna Valentina Favazza, anch’essa nell’ambiente giacché stimata doppiatrice. Entriamo nella vita e nell’appassionante lavoro di questo eclettico professionista.
Flavio, giovane doppiatore italiano ma già con ruoli di primissimo piano. Come nasce questa passione divenuta poi lavoro?
Sostanzialmente è nato tutto per gioco. Ho iniziato ad affacciarmi a questo lavoro da bambino. Avevo 4 anni. Sin dall’infanzia nutrivo un particolare interesse per la recitazione, per il teatro e per il cinema. Mia madre è nel settore, si occupa di dialoghi per i film. Mi ricordo che la seguivo in sala doppiaggio mentre c’era un cartoon, mi mettevo dietro di lei e provavo le battute di un coniglietto. Chiesi a mia madre di poter cominciare il percorso. All’inizio era scettica, normale preoccupazione di una madre, però si è resa conto che oltre alla predisposizione mi sarei anche trovato a mio agio nel contesto, e così fu. Dal gioco con gli anni si è tramutato in una vera e propria professione.
Vogliamo ricordare i principali attori ai quali ha prestato la voce nell’arco della sua carriera?
Sono fortunato perché ho avuto modo di prestare la voce a tanti attori importanti. I più conosciuti sono senz’altro Tom Felton (della Saga di Potter), Zac Efron, Dane Dehaan, Anton Yalchin, ma in realtà sono legato a personaggi meno conosciuti che sicuramente mi hanno lasciato molto a livello lavorativo.
Ad esempio?
Che poi intendo ruoli più che attori. Intendo Lili Elbe interpretata da Eddie Redmayne in The Danish Girl. Una grande sfida per me. La prima volta che mi confrontavo con un personaggio femminile. Una ricerca molto attenta, interiore e particolare. Ancora oggi è sia il ruolo sia il personaggio che più ho amato in assoluto.
Appena 31enne e già vincitore del “Leggio d’oro” come voce maschile dell’anno. Punto di arrivo o di partenza per la sua vita professionale?
Né arrivo né partenza. E’ sicuramente uno dei premi più prestigiosi in questo settore. Avevo 24 anni, ero molto giovane, forse tra i più giovani a vincerlo. Una gratificazione molto importante. Un lustro. Tuttavia ci tengo a ribadire che i premi sono un plus, non credo rappresentino cambiamenti di carriera repentini. L’importante essere soddisfatti di quel che si fa.
“Mr. Robot”, “La casa di carta” ed “Harry Potter”. Tre tra le più popolari e seguite saghe degli ultimi anni. Quali di questi personaggi le ha dato più soddisfazione?
Sono tre prodotti completamente diversi. Tutti e tre mi hanno dato grandi soddisfazioni. Draco Malfoy in Harry Potter è il mio primo ruolo da antagonista. Un percorso molto interessante e formativo. Mr. Robot mi ha invece dato modo di allontanarmi dai soliti personaggi e cimentarmi in qualcosa di diverso. Mi ha messo alla prova. Ricordo che tornavo devastato dai turni. Fu una lavorazione intensa, breve ma intensa. Per la casa “Casa di carta” sono Daniel Ramos/Denver e debbo dire che fa sempre piacere prestare la voce ad un progetto che ha un tale inaspettato successo. Tutti personaggi significativi e rappresentativi della mia carriera.
Tu sei anche Jamal Malik interpretato da Dev Patel nel pluripremiato “The Millionaire”. Ce ne vuoi parlare?
Ricordo con grande affetto quell’esperienza. Era la prima volta che doppiavo Dev Patel, attore che ho seguito successivamente in tanti altri film. Oltre alla lavorazione è doveroso citare la direttrice del doppiaggio di “The Millionaire”, Ludovica Modugno, scomparsa recentemente. Ludovica era un’attrice immensa e una grandissima professionista. E’ stata una guida sensibile e importante in quell’occasione. Mi ha insegnato molto.
C’è un collega (ovviamente di altre generazioni) a cui lei si ispira o si è ispirato da sempre?
Se devo fare un nome dico Pino Locchi, a seguire sicuramente aggiungo Cesare Barbetti. Due mostri sacri!
Anche la sua compagna Valentina Favazza è una nota doppiatrice. Parlate di lavoro anche a casa? E quando vi risentite in tv vi confrontate?
Tendenzialmente no. Non si parla di professione in casa o perlomeno cerchiamo di evitare. Quando lavori ai nostri livelli sei abituato, non ci fai più caso. Sentire l’uno o l’altro non è motivo di stupore. Forse una battuta del tipo “hai fatto pure questo”, ma poi finisce lì. Cerchiamo di ridurre al minimo le conversazioni inerenti il lavoro. Ora poi con un bambino piccolo ancor di più, cambiano gli equilibri. Qualche breve consiglio ma in linea pratica tendiamo a dividere quella che è la vita professionale dall’intimità.
Progetti per il futuro?
Prima della pandemia avevo iniziato un percorso anche produttivo per alcuni cortometraggi da attore. Questa attività si è interrotta. Si sta riprendendo piano piano. Nel futuro ho intenzione di ripartire da lì, investire tempo in quello che era un lavoro “secondario”: cinema e cortometraggi. La certezza è che sicuramente non smetterò mai di fare il doppiatore, ma ben vengano anche teatro e grande schermo. Lavoro ad ampio spettro. Fossilizzarsi è sbagliato per un giovane.
Giovani appunto, attratti dal suo mestiere. La sua generazione, tramite anche i social, è riuscita a portare allo scoperto il “volto” del doppiaggio. Non solo voce ma anche la faccia del professionista. Cosa si sente di consigliare a chi nutre intenzione e desiderio di entrare in questo mondo? Scuola specifica o solamente fidarsi del proprio talento?
Io penso che la tecnica si impara il talento no. Il talento va coltivato con la cultura e l’esperienza. Io non consiglierei uno studio specifico per il doppiaggio ma un corso di recitazione. Se vuoi approcciarti al doppiaggio devi saper recitare. Poi c’è il tempo. Seguire in sala ed ascoltare gli altri, anche se adesso è diventato molto difficile per le restrizioni e i vincoli. Consiglio inoltre di non arrendersi subito. Dico la recitazione perché quando si è davanti al leggio oltre alla voce usiamo molto il nostro corpo, la parte “invisibile” agli occhi dello spettatore. Tramite le movenze entriamo in contatto con il personaggio a livello empatico. Attore di base, anche se con poche esperienze, ma devi comunque saper recitare. Oltre a ciò c’è la dizione, altrettanto fondamentale. Nel doppiaggio bisogna saper parlare italiano perfettamente.
Concludiamo con… qualcuno in particolare che vuole ringraziare?
Tante persone. Direttori con cui ho lavorato che mi hanno fatto comprendere i miei limiti e migliorare dai miei stessi errori. Molto importante è capire dove si sbaglia per poi aggiustare il tiro durante il “percorso”. Quindi un grazie va agli assistenti, ai fonici, ai collaboratori quotidiani e a tutti i colleghi.