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Esteri
Usa, Biden come un funzionario comunista qualsiasi

Non ho simpatia per Joe Biden. Mi sembra brutto, vecchio, con gli occhi miopi e la faccia puntuta da ratto. Ma fin qui lo starei giudicando come una massaia, di quelle che si innamoravano della Principessa Diana. In realtà, il Presidente degli Stati Uniti non è un’indossatrice e non ha nessun dovere di essere bello. E infatti Biden non mi piace innanzi tutto perché è incontestabilmente un apparatchik.

Il termine deriva da una categoria dei membri del partito comunista, in Unione Sovietica. La nomenklatura era composta dai grandi capi, quelli che determinavano nel loro insieme la politica della nazione; gli apparatchik erano invece quegli oscuri funzionari di partito che passavano tutta la loro vita nell’organizzazione. Impiegati che operavano senza farsi notare, né nel bene né nel male. Quell’“Intendance” politica che, come avrebbe detto Napoleone, ha per missione quella di seguire, assecondare, servire.

Biden è un politico di lungo corso scelto dal partito democratico nel momento in cui, per battere Trump, si presentavano tali personaggi pieni di fuoco, che il rischio era quello di allarmare l’elettorato. E di perdere ancor più sonoramente della volta scorsa. Infatti nessuno si aspettava che alla fine avrebbe vinto Biden. Ma ora eccolo lì. Con lui magari in America non sorgerà un nuovo sole, ma è lecito sperare che sarà evitato qualche errore fatale. Purtroppo, ogni medaglia ha due facce. Se queste caratteristiche sono rassicuranti, nel senso che da un apparatchik non sono da attendersi colpi di testa, è anche vero che si corre il rischio che il capo di Stato Maggiore segua l’esercito invece di guidarlo. L’esercito democratico americano in effetti è piuttosto pericoloso. È pieno di sogni e di buone intenzioni ed è pronto a trangugiare senza esitazione tutte le balle buoniste in circolazione. Balle che hanno sempre la caratteristica di costare un sacco di soldi.

Non ci vuol molto a capire perché Biden può essere dannoso per gli interessi dell’America. Come non bastasse, in politica internazionale è capace di credere alla buona fede del mondo. Questo Presidente rischia di essere un altro Obama: quello che, appena entrato nella Casa Bianca, dimostrò di credere alle capacità democratiche degli arabi. Un uomo tale da piacere a quei dementi che gli dettero il Nobel per la pace prima ancora che cominciasse a fare qualunque cosa. Così, soltanto perché era nero e diceva: “Yes, we can walk on the water”.

Già abbiamo cominciato a vedere Biden all’opera. Una volta prodotto, un vaccino può salvare milioni di vite. Purtroppo la produzione di un vaccino è molto difficile e costosa. Dunque l’impresa che lo ha realizzato non può certo regalarlo: non soltanto perché non rientrerebbe nelle spese affrontate, ma soprattutto perché, se una volta fosse obbligata a regalare il frutto del suo lavoro, in seguito – comprensibilmente - non correrebbe più il rischio. E non produrrebbe mai più vaccini, con grave danno per l’umanità. Dunque parlare di azzerare i brevetti sui farmaci, come fa Biden, è da imbecilli o da persone in mala fede. Il Presidente è un imbecille se pensa che la Pfizer in futuro produrrà vaccini, una volta che le si toglie il brevetto; è un uomo in mala fede se dice quello che dice (fra gli applausi) soltanto perché sa che non se ne farà niente.

Che si tratti di una mossa demagogica, si vede dal plauso col quale è stata accolta. Chi avrebbe potuto essere contro? Se per la strada proponessi a tutti di regalare biglietti da cinquanta euro, chi mi contesterebbe? È politica, questa, o è ciarlatanismo? E se Biden i vaccini alla Pfizer li pagasse, per regalarli ai Paesi poveri, con i soldi di chi li pagherebbe? Ovviamente con quelli degli americani. E si è chiesto quanto essi sarebbero contenti di avere più tasse? L’ episodio è drammaticamente sintomatico.

Ma torniamo al punto di partenza. Essendo un apparatchik, Biden è meno pericoloso di altri. Per esempio di Trump. Ma c’è un ma. Se per l’ordinaria amministrazione ci vuole un buon burocrate, per l’innovazione, per le grandi riforme, per la guerra, ci vuole un capo. Un vero capo. Uno come De Gaulle che, eletto al grido di “Algérie Française”, deluse moltissimi suoi elettori concedendo subito l’indipendenza a quel Paese Perché andasse a rompersi l’osso del collo da solo e senza coinvolgere la Francia. Oggi tutti gli sono grati di quella mossa.

Non so se Trump fosse un capo, certo non lo è Biden. Speriamo che l’America non ne abbia bisogno. Come scriveva Bertolt Brecht, beati i popoli che non hanno bisogno di eroi.

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