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Esteri
Dalle armi vetuste alla cattiva pubblicità: guerra tecnologica Israele vs Gaza
Hamas e le Criptovalute

Vendita armi Israele e cattiva pubblicità

"Non possiamo impedire che ogni conduttura d’acqua venga fatta saltare in aria e che ogni albero venga sradicato. Non possiamo impedire ogni omicidio di un lavoratore in un frutteto o di una famiglia nei loro letti. Ma è in nostro potere fissare un prezzo elevato per il nostro sangue, un prezzo troppo alto perché la comunità palestinese, gli eserciti arabi o i governi arabi pensino che valga la pena di pagarlo… è in nostro potere indurre i governi arabi a rinunciare alla politica di forza verso Israele trasformandolo in una dimostrazione di debolezza." Così parlava Moshe Dayan, uno dei primi leader militari della neonata Israele. La sua era una visione di forza strutturata, calcolata e mirante a scoraggiare sia gli arabi delle nazioni limitrofe sia i palestinesi.

Mai come oggi le sue parole sembrano profetiche. Quello che Hamas ha fatto, colpendo con precisione le difese, in larga parte automatizzate, del muro che separa Israele da Gaza, è stato un atto di violenza altamente dimostrativo. L’azione di Hamas ha dimostrato l’(in)capacità di molteplici tecnologie avanzate schierate da Israele per la difesa del muro che circonda Gaza. Il tema è molto più grave di quel che appare: Israele è una nazione percepita, in termini di business, come un valido produttore di armi avanzate. Colpire Israele, dimostrando l’inefficacia delle sue difese automatiche, potrebbe essere un duro colpo per l’industria militare che vende molto bene all’estero i suoi prodotti e servizi. Facciamo il punto.

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Bassa tecnologia vs alta tecnologia

Il 9 settembre 2001 una ventina di terroristi sauditi armati di taglierini da 5$ riuscirono a distruggere la sicurezza degli americani. Erano coordinati a distanza dal figlio della più ricca famiglia saudita che operava da una grotta. La sicurezza che ogni cittadino americano aveva era basata, in parte quanto meno, sul budget del Pentagono e delle altre agenzie di servizi segreti: la cifra stanziata allora ammontava a poco meno di 400$ miliardi (oggi siamo a oltre 800$). In un modo tragicamente simile Israele ha scoperto che un drone giocattolo che costa 60$, un razzo costruito con quel che capita (costo approssimativo 600$) e un parapendio con un ventilatore (costo approssimativo 6000$) possono bucare uno dei più grandi (come Israele ha dichiarato sino al 7 ottobre) sistemi di difesa terra-cielo del mondo. Hamas è riuscita a sfondare la rete di protezione israeliana sfruttando due concetti semplici: bassa tecnologia e Hybris (arroganza) digitale israeliana.

Parliamo prima di tutto di arroganza tecnologica. I governi delle democrazie occidentali sono sempre più spesso infiltrati e vittime di lobbysti di aziende di armi, burocrazia complessa e una visione capitalista estrema. Questi tre elementi, e relative conseguenze vanno a colpire direttamente le forniture belliche di ogni nazione occidentale. Detto in modo semplice ai produttori di armi fa comodo vendere al prezzo più alto possibile. Lo dimostra il progetto di donare all’Ucraina un altro milione di proiettili di artiglieria: prima costavano intorno ai 2000$ al pezzo, oggi all’accresciuta domanda è corrisposta un accresciuto prezzo (8000$ a pezzo); con buona pace di Zelensky.

In Occidente (realtà di cui Israele si considera parte) esiste la malriposta fiducia nel concetto che ad una maggiore tecnologia bellica corrisponda una maggiore sicurezza.

In parte è vero ma, come dimostra il 911, Israele e tutte le altre guerre asimmetriche (Isis, Siria, Libia, Afghanistan) questa regola, questa hybris tecnologica è spesso pericolosa. Detta semplice spesso questi nuovi giocattoli tecnologici servono di più a rassicurare la popolazione (ignorante di cose belliche) e i politici, egualmente ignoranti, eletti da ignoranti elettori.

Il secondo tema, l’approccio lowtech di Hamas, deve essere chiarito. Da tempo le esercitazioni americane in scenari bellici lowtech vs hi-tech dimostrano quanto un esercito meno tecnologico, in numerosi scenari, può risultare vincitore o quanto meno non perdente. Le esercitazioni americane contro un ipotetico esercito medio orientale (magari sciita) hanno dimostrato quanto un attacco asimmetrico potrebbe essere letale per una flotta navale americana schierata o in transito.

Hamas sembra confermare questa tesi: per troppi anni la propaganda occidentale-israeliana hanno dipinto i combattenti palestinesi come branco di scimmioni con le clave. I combattenti palestinesi hanno studiato attentamente il loro nemico (Israele) per coglierne le falle nella sicurezza digitale, le falle nella visione e le tattiche militari. A questo si aggiunga che Hamas ha acquisito, negli ultimi anni, tecnologie che, come dimostra l’Ucraina, possono fare la differenza anche contro un esercito moderno. Stampanti 3d per costruire parti di droni e missili, impianti radio, laser adatti per scolpire armi e/o parti di ricambio. Nelle viscere di Gaza sono disseminate, come spiega anche l’IDF, piccole fabbriche per creare proiettili e bombe. La cosa più rilevante è che la maggioranza degli armamenti di Hamas sono stati prodotto in loco, rendendo gli zelanti controlli israeliani al confine, pressoché inutili. In vero una parte dei materiali grezzi usati da Hamas derivano dal recupero di pezzi di missili o proiettili di artiglieria lanciati negli anni da Israele, o resti dei precedenti scontri, quando Israele entrò a Gaza.

Economia, tecnologia e matematica

Prima di attaccare è probabile che Hamas abbia fatto i conti: i suoi missili, lanciati in gran numero, costano sempre meno che un singolo intercettore israeliano Iron Dome (50.000$ al pezzo). Molte delle armi leggere di Hamas, quando non costruite in loco, provengono dal mercato nero di armi americane, nato a seguito della ritirata Usa da Iraq e Afghanistan. La lezione sulle strategie e armi a bassa tecnologia più recente viene dall’Ucraina: dai materassini di Yoga, utili per coprire la traccia termica di un umano, ai droni economici civili militarizzati, l’Ucraina ha aperto la strada alla disumanizzazione del conflitto, quanto meno per i ruoli più pericolosi o mortali (kamikaze).

Questo ci porta allo scenario industriale tecnologico Israeliano e alla sua fallibilità originata dalla eccessiva fiducia in strumenti e strategie ad alta tecnologia, una caratteristica che negli anni ha permesso a Israele di vendere miliardi di armamenti in tutto il mondo.

Difesa tecnologica: il business israeliano

A giungo 2023 il ministero della difesa israeliano ha annunciato che le vendite, per l’anno 2022, sono state da record: 12,5$ miliardi. Circa 1/4 delle vendite erano rappresentate da droni e servizi accessori. Non male se consideriamo le dimensioni dell’industria israeliana. I droni che han colpito le mura che circondano Gaza erano sicuramente meno avanzati ma non meno efficaci. Ci sono oltre 120 industrie belliche in Israele, oltre alle relative filiere. Di fatto una delle industrie più floride del paese è quello delle armi.

Secondo i dati del ministero della difesa israeliano, sul totale esportato nel 2022, abbiamo un 25% di droni e affini. Sistemi missilistici di difesa (stile Iron Domes) siamo sul 19%. Il 13% sono sistemi radar e il 10% sistemi di osservazione e optronica avanzata (tipo le telecamere che stavano sul muro che circonda Gaza). Si aggiungono 6% di unità di comunicazione e il 6% di sistemi di cybersicurezza e spionaggio (come quelli che avrebbero dovuto proteggere la nazione dall’attacco di Hamas).

Con il fallimento della difesa israeliana, supportato dall’intero apparato tecnologico nazionale, c’è da comprendere se i compratori di Israele saranno ancora inclini a far shopping nel 2024. Dopo tutto uno dei modi più efficaci per dimostrare la validità di un’arma è dimostrarlo sul campo.

A seguito dei successi bellici russi in Ucraina, supportati da droni prodotti nazionalmente dall’Iran e sistemi civili cinesi, tutte le compagnie produttrici, e gli stati relativi, han visto un aumento di ordinativi di droni. Il nuovo drone kamikaze russo Lancet per esempio, che ha sfondato numerose corazze di Leopardo e Challenger, è il “regalo di natale” più richiesto da ogni stato del terzo mondo: con i Lancet ogni paese del terzo mondo può avere un’aviazione a basso costo efficace contro mezzi blindati.

La volontà di Israele di avere giustizia ad oggi si è esplicitata, per lo più, utilizzando armamenti pesanti di vecchia generazione (carri Merkava 4, caccia bombardieri F16, artiglieria mobile): tutte cose già viste che Hamas conosce bene, specie i carri Merkava 4. Una qualunque vittoria di Israele su Hamas, poco plausibile una vittoria totale come annunciato dai vertici del IDF, dovrà passare per un rilancio dell’immagine di Israele come produttore di armi avanzate estremamente efficaci.

Molte delle armi vendute da Israele vanno a nazioni non Occidentali che hanno governi a volte “incompresi” dalla popolazione. Governi che talvolta possono richiedere una moderazione coercitiva: per Israele, se vuole aumentare le vendite di droni e altri sistemi di arma, sarà opportuno dimostrare l’efficacia dei suoi prodotti a Gaza.

@enricoverga

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