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Esteri
Etiopia, Addis Abeba non è assediata dai ribelli: "La stampa mondiale mente"
Etiopia, il premier Abiy Ahmed

Ma perché proprio ora si è voluta fare questa campagna mediatica sull’imminente caduta di Addis Abeba?

Fonti diplomatiche di Addis spiegano che il Tplf avrebbe avvallato la notizia del proprio arrivo nella capitale per nascondere la fragilità militare e le perdite subite sui diversi fronti aperti da loro stessi nella regione Amhara.

Dopo il 28 giugno, data della tregua unilaterale proclamata dal governo, il Tplf che tale tregua non ha mai considerato di rispettare, occupa Mekelle, capoluogo Tigray. In seguito, dopo il ritiro delle truppe dell’esercito federale, continua la propria espansione militare nelle diverse cittadine della regione Amhara. Qui le cronache e i video raccontano sul web il caro prezzo pagato dalla popolazione. I civili subiscono violenti assedi che provocano molti morti, tanta distruzioni e un alto numero di profughi e sfollati interni.

Nei giorni scorsi il Tdf è entrato in due importanti città sulla direttiva che dal nord del Paese porta verso la capitale, da cui distano circa 400 chilometri, Dessie e Kombolcha, dove si sta ancora combattendo. Non è vero che il Tplf, che ne annuncia la conquista, abbia vinto. Inoltre le milizie Tplf avrebbero cercato di andare verso Milè cittadina posta su un arteria importante che collega la capitale con Gibuti, con l’intento di bloccare i rifornimenti per Addis Abeba. Una strategia che però non riesce. Sono infatti le milizie Tdf che, dopo lo scontro con le truppe Amhara e Afar presenti nella zona, subiscono una pesante sconfitta, riportando moltissime perdite. 

Nei giorni scorsi l’esercito federale ha ripreso Lalibela, sito archeologico protetto dall’Unesco, da mesi in mano ai ribelli. Prova che stanno riprendendo il controllo del territorio. “La popolazione è fortemente mobilitata in appoggio al governo”, dice la fonte anonima, che prosegue, “l’aria nella zona dove si combatte sta cambiando”, sottintendendo che il Tplf sarà presto messo  alle strette.

Da più parti arrivano testimonianze dell’esasperazione del popolo Amhara. “Sono mesi che la popolazione civile amhara subisce un feroce attacco”, spiega ad Affari Italiani la fonte contattata “gli Amhara hanno capito che ora, per salvarsi, devono combattere. In pochi giorni moltissimi hanno risposto agli appelli del governatore. Persino le auto private e i veicoli commerciali sono ora a disposizione per le necessità militari”.

Gli Amhara sono un popolo pacifico che però ha deciso di difendersi, di affrontare il Tplf ovunque si trovi, per mettere fine a una situazione diventata assolutamente insostenibile.

Come è riuscito il Tplf ad entrare a Dessie?

“A Dessie”, spiega la fonte, “vivono circa 40 mila tigrini, così come a Kombolcha ne vivono 30 mila. Quando le forze del Tplf si sono avvicinate, non tutti, ma una parte di queste persone di etnia tigrina, hanno collaborato con loro. Per capirsi, le milizie Amhara e Fano sono state attaccate dall’interno, per meglio dire, i soldati sono stati presi alle spalle. Per questo hanno perso. C’era una quinta colonna che informava il Tplf. In questo modo loro sapevano dove sarebbero state le milizie nemiche. I tigrini filo Tplf si erano organizzati. Nelle loro case c’erano armi, munizioni, uniformi delle forze speciali. Tutto questo per mischiarsi con loro. Non dimentichiamo che anche i tigrini parlano amarico e che somaticamente sono uguali”.

Secondo questa ricostruzione il Tplf avrebbe utilizzato una “quinta colonna” per vincere lo scontro a Dessie quasi senza combattere, lasciando però intendere all’esterno del Paese di avere una forza militare adeguata per procedere e assediare la capitale.

Così quando il Tplf comunica di aver occupato la cittadina di Kamisee, nella regione Amhara, sulla stessa direttiva di Dessie ma a 220 chilometri dalla capitale, dall’estero si pensa che la conquista di Addis sia imminente. In realtà a Kamisee il Tplf entra con l’Olf, (Fronte di Liberazione Oromo), proprio perché pur essendo nella regione Amhara, nella città vivono molti oromo, alcuni vicini alle posizioni del Fronte di Liberazione. Il governo del premier Abiy alle minacce del Tplf risponde chiamando a raccolta le regioni e la popolazione perché restino unite per il bene del Paese, contro una forza considerata terrorista.

L’America intanto guarda al conflitto con “allarme”. Molti i tweet del segretario Antony Blinken sul timore che la guerra in atto trascini con sé la popolazione etiopica in una spirale di fame e carestia. Purtroppo però decidono di mettere sanzioni contro l’Etiopia, fermando l’esportazione dei suoi prodotti verso gli Usa,  come stabilito dagli accordi AGOA, (Africa Growth Opportunity Act). Una condizione che ha pesanti ripercussioni economiche sul paese. Si valuta che per tale decisione,  siano a rischio circa duecentomila posti di lavoro in via diretta e un milione indirettamente.

In queste ore Jeffrey Feltman, storico inviato speciale americano per il Corno d’Africa è ad Addis Abeba con l’obiettivo di promuovere il cessate il fuoco. Il governo etiope però ha già dato una risposta chiara: nessun compromesso senza prima il ritiro completo delle truppe di occupazione Tplf dai territori Amhara e Afar.

 

 

 

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