Esteri
Il 7 ottobre e i volti della tragedia: le giovani vite spezzate da Hamas
Shira, Shir e Karina, simboli di una generazione cresciuta tra sirene e rifugi, hanno visto i loro sogni infranti da Hamas in un giorno che ha cambiato per sempre il Paese

La strage del 7 ottobre 2023: le giovani vite spezzate dall’attacco di Hamas
L’alba del 7 ottobre 2023 resterà una ferita aperta per Israele. La vita quotidiana, fatta di sirene e corse ai rifugi, si è trasformata in tragedia quando i terroristi di Hamas hanno colpito il Paese con una violenza senza precedenti. Interi villaggi sono stati presi d’assalto, basi militari annientate, feste e momenti di spensieratezza trasformati in luoghi di morte. In quel giorno che ha cambiato Israele, numerose donne sono state uccise dalla furia omicida di Hamas, ragazze giovanissime cresciute tra sirene e rifugi, che sognavano un futuro di libertà e felicità.
La vita in Israele è da sempre intrecciata con la sopravvivenza. Lo scrittore Gerald Green, nel suo libro Olocausto (1987), scriveva parole che oggi suonano ancora attuali: "Non esulto di fronte alla necessità di insegnare a dei bambini il bisogno di combattere per la propria vita; ma ho appreso molto sulla sopravvivenza e non sarei un buon padre se non facessi sapere loro per tempo quello che so". Parole che racchiudono l’amore universale di un padre per i propri figli, al di là di etnia, religione o credo politico.
Il 7 ottobre, però, quell’amore non è bastato a proteggere Shira e Amit, due ragazze che si trovavano a una festa nel sud di Israele. Alla prima sirena avevano cercato riparo, su consiglio del padre di Shira. Ma il suono degli allarmi fu presto coperto dal crepitio degli spari. Le due giovani fuggirono nella foresta, inseguite da un terrorista che aprì il fuoco alle loro spalle. Furono ritrovate solo cinque giorni dopo, una accanto all’altra, identificate grazie al test del DNA.
Non lontano da lì, altri memoriali ricordano le soldatesse cadute negli avamposti militari. Ragazze di 19 e 20 anni, che dopo il diploma servivano il proprio Paese. Il capitano Shir Eliat, prossima al suo 21º compleanno, era alla guida della base di osservazione di Nahal-Oz. Per le compagne era un punto di riferimento, una leader sensibile e generosa. Quel giorno le guidò fino all’ultimo istante, prima di essere uccisa. Amava ripetere: "Il mondo in cui sei è buono". Ma proprio in quel mondo ha incontrato il male che le ha negato il futuro.
Tra i tanti volti di quella giornata c’è anche Karina, ventenne solare, appassionata di danza e sport. Sul suo memoriale, tra i fiori, campeggia una frase che sembra oggi un monito: "L’unico modo per affrontare le difficoltà è continuare a vivere, con i bei ricordi, con le giornate meravigliose, rialzarsi e sorridere". Ma per Karina la notte è scesa troppo presto, spenta dalla violenza cieca dei terroristi.
Shira, Shir e Karina sono solo tre dei volti del massacro del 7 ottobre. Tre simboli di una generazione cresciuta tra allarmi e rifugi, che cercava normalità e libertà. Tre destini spezzati da un odio che continua a segnare il Medio Oriente e che rende ogni tentativo di pace sempre più fragile.