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Esteri
Israele al voto, Netanyahu gioca la carta vaccini ma regna l'incertezza

Elezioni in Israele, secondo i sondaggi non sarà facile formare un governo

6,5 milioni di elettori israeliani sono chiamati per la quarta volta in due anni a alle urne, per cercare di mettere fine a un'impasse politica di cui sembra non vedersi la fine. Nessun partito o coalizione è uscito finora dalle urne abbastanza forte da riuscire a prevalere, e i sondaggi anche stavolta indicano che non sarà facile formare un governo, nonostante la campagna agguerrita del premier Benjamin Netanyahu che spera nella riconferma - dopo 12 anni consecutivi al potere, 15 in totale - anche per sfuggire ai suoi guai giudiziari.    

Tre gli scenari possibili: un nuovo esecutivo (molto) a destra guidato dal leader del Likud, una coalizione ideologicamente divisa ma tenuta insieme dal desiderio di mandare a casa lo storico premier e il ritorno alle urne, per la quinta volta in poco più di due anni. 

Netanyahu e il successo della campagna vaccinale in Israele

Netanyahu ha una carta vincente in mano: il successo della campagna vaccinale che, nelle intenzioni del navigato leader 71enne, dovrebbe oscurare le durissime critiche che gli sono state rivolte per la gestione dell'epidemia. Israele è primo al mondo per popolazione immunizzata, con quasi 4,5 milioni di abitanti su nove che hanno ricevuto entrambe le dosi e si avvicina alla tanto sospirata immunità di gregge.

Un successo ottenuto grazie soprattutto all'ampia disponibilità di vaccini, letteralmente conquistati dal premier, come ha raccontato di recente l'ad di Pfizer, Albert Bourla, dipingendo un Netanyahu "ossessivo" che lo ha chiamato trenta volte, anche "alle tre del mattino", per ottenerli. Parole al centro della campagna elettorale 'Back to Life' che il Likud sta promuovendo a tutto spiano, aiutato dal crollo recente dei casi di Covid e dalla conseguente riapertura del Paese, che da due settimane è tornato gradualmente a viaggiare, mangiare al ristorante e addirittura andare allo stadio.     

Israele alle urne, il ruolo delle destre

A insidiare i suoi sogni di un sesto mandato c'è la carica degli avversari da destra, ex alleati e protegé, decisi a mandarlo a casa. E' il caso di Gideon Sa'ar, fondatore di New Hope, dato a 10 seggi; lo storico avversario Avigdor Lieberman del partito russofono Yisrael Beiteinu (7-8), ma soprattutto Naftali Bennett, il tecno-colono milionario che con Yamina(10-11) rischia di scippargli i voti degli insediamenti.    

Gli ultimi sondaggi hanno segnalato la perdita di appeal delle destre alternative a Netanyahu - New Hope e Yamina - a favore dello stesso leader del Likud; un angolo dal quale Bennett ha cercato di uscire, firmando in diretta tv la promessa di non entrare a far parte di un governo con il centrista Yair Lapid come premier. Il leader di Yamina si è sempre rifiutato di firmare un documento di lealtà a Netanyahu ma allo stesso tempo non ha escluso del tutto la possibilità di sedere in un governo con lui, pur sostenendo che il suo tempo è finito.

Già schierati dalla sua parte, il leader del Likud può vantare non solo i due partiti religiosi ultra-ortodossi, il sefardita Shas e l'ashkenazita United Torah Judaism, ma anche il Religious Zionist di Bezalel Smotrich, formazione ultra-nazionalista religiosa finita al centro di aspre polemiche dopo l'unione con il partito anti-Lgbt Noam e Otzma Yehudit.

Al terzo posto nella lista presentata c'è infatti Itamar Ben-Gvir, uno dei volti più noti dell'estrema destra israeliana, ammiratore di Baruch Goldstein (l'estremista ebreo che nel 1994 aprì il fuoco nella moschea Ibrahimi a Hebron, uccidendo 29 palestinesi) e del rabbino Meir Kahane, fondatore negli anni '70 di un movimento messo fuori legge vent'anni dopo per terrorismo; un marchio infamante anche per molti elettori di destra del Likud. Il partito è dato a oltre il 3,25%, con la previsione di conquistare almeno quattro seggi, lasciando pregustare al 44enne avvocato militante la possibilità di oltrepassare la soglia della Knesset.    

Dall'altra parte della barricata c'è Lapid, campione dell'opposizione centrista a Netanyahu fin dal 'tradimento' di Benny Gantz lo scorso anno, un vero e proprio suicidio politico per l'ex capo di Stato maggiore e premier alternato, stando ai sondaggi in picchiata che danno Blu e Bianco a 4 seggi, poco al di sopra della soglia di sbarramento del 3,25%.

L'ex volto noto della tv ha scelto di non battere sul tasto della sua candidatura a premier, mettendo al primo posto la missione di mettere fine al regno di Bibi. La decisione di non seguire Gantz nell'abbraccio mortale di una coalizione di governo con il Likud di Netanyahu, ma di attenderne la fine dagli scranni dell'opposizione, sembra aver pagato e Lapid si appresta a raccoglierne i frutti, con le proiezioni che lo danno a 19 seggi come seconda forza politica alla Knesset. 

Israele al voto, i possibili scenari

La matematica, però, sembra indicare che anche questa volta dalle urne non uscirà un vincitore certo né una chiara coalizione per governare; la strada verso unamaggioranza di 61 seggi sarà quindi complessa e molto dipenderà dalla capacità di Lapid di costruire un'alleanza con la sinistra (Meretz e i laburisti, questi ultimi redivivi nei sondaggi grazie alla nuova leadership di Merav Michaeli) e la minoranza araba, insieme all'opposizione di destra a Netanyahu.    

Se non dovesse funzionare, e nessuno dei due campi riuscisse a mettere d'accordo litigiosi partner di un possibile governo, non resterebbe che tornare alle urne, per la quinta volta.

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