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Esteri
Libia, Roma manda l'esercito? Guerini: "Sicurezza italiana a rischio"

"E' in valutazione da parte dell'Italia la partecipazione alla missione Irini con un contingente di 500 unità, un'unità navale e tre aerei, previa naturalmente l'autorizzazione da parte delle Camere così come previsto dalla legge per la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali”, così il ministro degli Esteri Luigi Di Maio annuncia alla Camera dei Deputati l'intenzione del governo italiano di un impegno diretto di soldati in Libia.

È evidente come la crisi economica e sociale nata dalla diffusione dell’epidemia in Italia, in Europa e in gran parte del mondo, unita al ritorno della volontaria milanese Silvia Romano – dopo il rilascio da parte del gruppo terroristico Al-Shabaab – abbia messo ancora di più in luce la preoccupazione per il tema della sicurezza interna ed esterna in Italia e in Europa. Non solo per quanto riguarda i cittadini della Repubblica che lavorano e cooperano in zone politicamente destabilizzate ma anche e soprattutto per la questione libica che vede Roma alla testa della missione Irini, impegnata sempre di più nella partita per la stabilizzazione del paese nordafricano.

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Una preoccupazione confermata dalle parole del ministro della Difesa Lorenzo Guerini che ha parlato di “necessità per la ripresa tempestiva delle attività operative all'estero dal momento che l'attuale scenario di sicurezza internazionale non presenta prospettive positive ed è al contrario a rischio di ulteriori aggravamenti" in considerazione dell'impatto economico e sociale della crisi epidemica che "in molti casi insiste su situazioni connotate da croniche condizioni di dissesto economico, sociale e governativo". Un quadro poco rassicurante quello descritto dal ministro Guerini alle Commissioni riunite Difesa di Camera e Senato sottolineando inoltre il “rischio concreto di pericolosi fenomeni risorgenti di instabilità quali il terrorismo, l'immigrazione illegale, il crimine organizzato che incideranno direttamente sui nostri interessi di sicurezza".

L'iniziativa proposta dal governo, oltre che alla messa in atto della risoluzione Onu per l'embargo alle armi, si basa su due principali elementi: la garanzia dei diritti umani che in questi anni è mancata e gli interessi strategici italiani ed europei: “piegare la curva” del flusso migratorio. Una questione che tra l'altro fornisce ai fautori della disgregazione europea un’efficace strumento che permette la stesura dei programmi elettorali nazionalisti. Lo scontro fra Khalifa Haftar (appoggiato da Mosca) Fayez al Sarraj (sostenuto dall'Onu) potrebbe essere giunto al capitolo finale. Lo sconquasso sanitario che in queste settimane sta sconvolgendo la Federazione russa indebolisce nei ‘giochi’ libici (per il momento) Vladimir Putin mentre la Turchia ha minacciato pesanti ritorsioni “se Haftar colpirà la nostra missione diventerà un nostro obiettivo legittimo".

Si stringe di fatto la morsa intorno all’uomo forte della Cirenaica il quale ormai non può più contare nemmeno sull’ambiguità dei francesi, che dall’alto del loro seggio permanente alle Nazioni Unite si sono allineati definitivamente alla risoluzione (risalente al 2018) che impone appunto l’embargo alle armi (strumento preferito da Haftar rispetto alla diplomazia), come dimostra il supporto navale fornito per l’avvio della missione europea. 

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