Esteri
Argentina, "Milei non sarà il nuovo Trump". Il report di Lorenzo Montanari
Il vicepresidente per gli affari internazionali dopo aver seguito la campagna elettorale analizza i primi passi del leader argentino
Montanari: "Milei non sarà il Trump argentino"
Lorenzo Montanari, esperto di politica estera è vicepresidente per gli affari internazionali di uno dei massimi think tank di fede reaganiana, ‘Americans for Tax Reform’ dopo aver seguito passo dopo passo la campagna elettorale del neo Presidente argentino, Javier Milei, e aver preso parte alla cerimonia d’insediamento, ha analizzato i primissimi passi del leader ultraconservatore argentino.
Osserva: “Milei ha chiesto al suo popolo di non avere paura, esattamente come fece Roosevelt” con gli americani dopo il crack del ’29. Con il suo arrivo alla casa Rosada il Peronismo è al suo ‘ultimo tango'”.
Montanari è anche Executive Director di Property Rights Alliance (Pra) ed editore dell’Indice Internazionale dei Diritti di Proprietà che questo centro di ricerca elabora annualmente.
In relazione al discorso d’insediamento del neo Presidente, da molti letto come una richiesta di ‘lacrime e sangue’ agli argentini, Montanari afferma: “Al contrario di Roosevelt, Milei non vuole statalizzare l’economia o approvare un forte piano di sussidi sociali ma liberare l’economia dalla stretta morsa delle corporazioni sindacali e aprire il paese all’economia di mercato. Al tempo stesso, nel suo discorso inaugurale, per la prima volta nella storia pronunciato dalle scalinate del Congresso, non ha voluto “vendere sogni” o promesse populiste ma raccontare la cruda realtà di un paese da decenni in bilico tra la sopravvivenza e il default economico. Frutto di 45 anni di politiche social-peroniste. “No hay plata” questa è stata forse la frase più paradigmatica del suo discorso che anticipa una nuova era di responsabilità economica, lotta alla corruzione e all’eccessiva spesa pubblica”.
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Montanari rammenta lo “stato economico comatoso” in cui versa Argentina, un Paese divorato da un’inflazione al 150%, dove quasi la metà della popolazione vive sotto la soglia della povertà.
“Certamente – aggiunge – la vera grande sfida per Milei sarà riuscire a far approvare il pacchetto di riforme liberali dal momento che la coalizione di governo non ha la maggioranza nel Congresso”. L’Europa intanto ha assistito all’ascesa del nuovo leader argentino alternando perplessità e paura. Preoccupano la sua presunta amicizia con Donald Trump ma anche certi atteggiamenti provocatori che hanno caratterizzato la sua campagna elettorale. Montanari, tuttavia, tranquillizza su entrambi i fronti. “Sinceramente Milei non è Trump: una cosa è il suo stile comunicativo di ‘outsider’ che, a tratti, può farcelo ricordare Milei, un’altra sono le sue idee, in realtà, molto lontane delle tipiche posizioni protezionistiche dell’ex presidente americano. Credo sia molto più corretto paragonarlo all’ex deputato ed ex candidato presidenziale Ron Paul, stella polare del pensiero libertario americano. L’Europa non deve assolutamente temere da un presidente liberale come Milei, anzi per l’Europa ma soprattutto per l’Italia credo si apra una fase di grandi opportunità derivanti dall’inversione economica di un paese come l’Argentina, per metà di origine italiana, proprio sulla scia delle liberalizzazioni promesse da Milei".
Altre misure per snellire lo stato arriveranno presto, prevede l’analista, perché “Milei è un economista libertario molto vicino alla scuola austriaca dei Mises e Von Hayek, è un imprenditore e un ex Tv pundit che ha saputo captare e interpretare il malessere della gente di tutte le classi sociali.
“Il 10 di dicembre – sottolinea – rimarrà una data storica per l’Argentina che ama la libertà: la vittoria di Milei potrebbe rappresentare l’ultimo “tango” del peronismo ed è sicuramente la fine del paradigma assistenzialista e terzomondista di un paese che sperava di entrare più nei Brics che nell’Ocse”.
Cosa ne sarà di questo rapporto privilegiato se alla Casa Bianca tornasse Trump? “Non posso parlare a nome di Milei – chiarisce Montanari – ma credo proprio, viste le sue idee, che l’appoggio verso l’Ucraina e a Israele sarà incondizionato”.