Esteri
Il Parlamento mette all’angolo Von der Leyen: ultimatum sul bilancio e rischio crisi a Bruxelles. Ursula alle strette
Il leader del PPE, Manfred Weber, nel tentativo di colmare le divisioni, ha descritto i disaccordi di questa settimana come "discussioni tra amici"

Ursula Von Der Leyen
Il Parlamento mette all’angolo Von der Leyen
I quattro gruppi che sostengono la presidente della Commissione del Parlamento europeo (verdi, popolari, socialisti e Renew), avrebbero chiesto ufficialmente alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di apportare modifiche sostanziali al suo piano per il prossimo bilancio settennale dell'UE, secondo una lettera inviata giovedì mattina alla presidente e che avrebbe visionato il sempre informatissimo sito online Politico.eu, una sorta di bibbia della politica brussellese.
In realtà in maniera informale un po' tutti i gruppi, a cominciare proprio da quello più numeroso dei Popolari, guidati da Manfred Weber, avrebbero informalmente chiesto delle importanti modifiche su punti sostanziali (come quello della unificazione dei fondi per esempio) di quel piano, presentato non senza qualche attrito anche all’interno dello stesso collegio dei commissari, nel luglio scorso.
Ma ora una larga maggioranza del parlamento sembra sia pronta a respingere una parte fondamentale del bilancio 2028-2034, nella discussione che si terrà nella prossima plenaria del 12 novembre, a meno che non vengano soddisfatte alcune imprescindibili condizioni in una nuova proposta emendata della Commissione.
Quello che popolari, verdi, socialisti e liberali (ma anche i conservatori sarebbero pronti a votare no alla riforma, secondo quando si apprende da fonti interne del gruppo) vorrebbero una modifica del progetto della commissione di riunire i fondi per agricoltori e regioni – che costituiscono circa la metà del bilancio totale dell'UE, per un valore di 1,8 trilioni di euro – in fondi unici gestiti dai 27 governi dell'Unione. Si tratta di un cambiamento rispetto al sistema attuale, in cui le regioni svolgono un ruolo cruciale nella gestione dei finanziamenti.
Nella lettera, firmata dal leader conservatore del Partito Popolare Europeo Manfred Weber, dalla socialista Iratxe García, dalla centrista Valérie Hayer di Renew Europe e dal verde Bas Eickhout, i leader dei gruppi politici sostengono che il Parlamento ha avvertito la Commissione fin dall'inizio dei negoziati di essere contraria all'idea dei piani nazionali. "Questo è purtroppo e chiaramente ciò che la Commissione ha proposto. Il Parlamento europeo non può accettarlo come base per l'avvio dei negoziati", si legge nella lettera.
Il leader del PPE, Manfred Weber, nel tentativo di colmare le divisioni all'interno del suo partito, ha descritto i disaccordi di questa settimana come "discussioni tra amici". Ma non ha esitato a spiegare perché le proposte di von der Leyen abbiano irritato alcuni settori del suo stesso partito.
"Siamo un partito di sindaci, quindi la stragrande maggioranza dei nostri sindaci e leader regionali fa parte della famiglia PPE, e siamo anche un partito di agricoltori", ha affermato. "E sotto entrambi gli aspetti, non siamo ancora pienamente soddisfatti del programma nazionale di riforme, in cui concentriamo le decisioni sul bilancio dell'UE nelle capitali".
Per sedare la rivolta che cova, la Commissione ha ora accettato di tenere colloqui formali con i membri chiave del PPE. Il commissario al Bilancio Piotr Serafin, il responsabile dell'Agricoltura Christophe Hansen e il commissario alle politiche di coesione e vicepresidente Raffaele Fitto si sono impegnati a istituire gruppi di lavoro dedicati con gli eurodeputati del PPE Karlo Ressler, Herbert Dorfmann e Andrey Novakov sull'agricoltura, i pagamenti alle regioni più povere e la struttura generale del bilancio.
Secondo alcune fonti della commissione, von der Leyen, confiderebbe proprio in Raffaele Fitto, che è anche il commissario responsabile, per cercare di mediare con i popolari di Manfred Weber, con cui ha da tempo un ottimo rapporto, per evitare uno scontro frontale, che sarebbe forse esiziale per una presidenza già parecchio ammaccata. "C'è un problema con l'architettura" della proposta della Commissione, "semplicemente non è buona", ha dichiarato sempre a Politico, qualche giorno fa, il coordinatore del PPE per l'agricoltura Dorfmann.
"Tutti gli altri coordinatori della commissione agricoltura, non solo io, si oppongono. Siamo noi i legislatori. Se la Commissione propone qualcosa senza una maggioranza, deve cambiare". Ma sulla riforma di bilancio incombe anche il capitolo spese per la difesa. E su questo punto, proprio ieri è arrivato un avvertimento da parte dell’agenzia di rating Moody’s, che avrebbe chiesto chiarimenti sul debito che l’Europa si appresta a fare. “Non ci importa se spendete per la difesa o per gli agricoltori, ma concentratevi sulla crescita”, ha detto Atsi Sheth, Chief credit officer di Moody’s.
Una delle principali agenzie di rating al mondo, ha espresso dubbi in merito alla possibilità che i nuovi investimenti nella difesa generino crescita, creino posti di lavoro e stimolino la produttività in altri settori. “Siete in grado di attuare [questa spesa] in modo da innescare un ciclo virtuoso di crescita attraverso gli investimenti?”, ha chiesto Sheth.
Come se tutto ciò non bastasse ecco arrivare un’altra grana per la commissione e la sua presidente, i vertici del PPE, incluso Weber, si sono riuniti ieri per decidere in che misura cercheranno di annacquare l'obiettivo climatico del 2040. Un tema questo che crea ulteriori divisioni all’interno del PPE, dal momento che alcuni vogliono eliminare del tutto l'obiettivo di riduzione delle emissioni del 90%, altri vogliono solo abbassarlo.
"Non c'è maggioranza per un taglio del 90%", ha scritto all'inizio di questa settimana il responsabile del PPE per il clima, Peter Liese. Un "buon compromesso", ha affermato, sarebbe qualcosa di "leggermente inferiore al 90%". A tal proposito proprio ieri il ministro Adolfo Urso è volato a Bruxelles, per incontrare 6 commissari europei e convincerli che la transizione va bene ma che deve essere sostenibile e non ideologica. E proprio le parole dette da Urso, appena sbracato nella capitale belga.
“L’Europa è assediata, siamo qui per liberarla”, sembrano attagliarsi alla perfezione alla situazione in cui si trova attualmente von der Leyen, che sente il fiato sul collo, di Parlamento, capi di stato e presunti o reali pretendenti al suo ruolo, come Mario Draghi, che forse non a caso, ultimamente, sta diventando uno dei principali fustigatori della Ue.
 
    
   
   
   
  