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Esteri
Taiwan tra Cina e Usa, Pechino in Asia centrale, nodo Mongolia, Mulan: pillole

USA-CINA, SI ALZA IL LIVELLO DELLE TENSIONI SU TAIWAN - Taipei, suo malgrado, è da lungo tempo al centro delle manovre di Washington e Pechino. Ma negli ultimi tempi l'amministrazione Trump ha dato un'accelerata al dossier Formosa. Prima l'apertura di un'ambasciata de facto negli scorsi anni e poi, in rapida successione in questi mesi, una doppia visita da parte prima del segretario della Salute Alex Azar e poi dal sottosegretatio di stato Keith Krach. Il tutto mentre la Casa Bianca taglia le catene di approvvigionamento di Huawei col ban che dal 14 settembre impedisce alla taiwanese TSMC, leader mondiale nella fabbricazione di semiconduttori, di esportare al colosso cinese. Così come il big tecnologico di Taipei viene tirato per la giacca da Washington (non a caso negli scorsi mesi ha annunciato l'apertura di un mega sito in Arizona), proseguono anche le vendite di armi da parte degli Usa all'isola.

Sulla visita di Krach è stata svolta un'interessante operazione diplomatica. A Taiwan c'era chi l'aveva presentata come opportunità per sigillare quell'accordo commerciale di cui si parla con insistenza nelle scorse settimane dopo la decisione dell'amministrazione Tsai Ing-wen di rimuovere alcuni ostacoli all'importazione di carne americana. Amministrazione che ha invece spiegato che il motivo principale era la partecipazione a una cerimonia di commemorazione per la scomparsa di Lee Teng-hui. In ogni caso, gli scambi Taipei-Washington proseguono su più livelli. Contestualmente all'arrivo di Krach a Taipei, infatti, l'ambasciatrice Usa alle Nazioni unite Kelly Craft e l'incaricato d'affari taiwanese a New York James Lee Kuang-jang.

Pechino ha compiuto esercitazioni militari aeree con sconfinamenti di jet nei cieli di Taipei, mentre il governo della Repubblica Popolare ha avvertito gli Usa di interrompere gli scambi con le autorità taiwanesi. Da parte sua, Mike Pompeo ha parlato di "spacconate militari". C'è in realtà molta retorica, da una parte e dall'altra. Taiwan, protagonista di un innegabile avvicinamento verso gli Usa sin dal 2016, continua a mantenere una profonda relazione economica e commerciale con Pechino, la cui dipendenza in materia tecnologica dalle aziende dell'isola è (e, almeno per un po', sarà) ancora rilevante.

CINA IN ASIA CENTRALE, NODO MONGOLIA - Pechino è da tempo estremamente attiva in Asia centrale. Già a partire dal celebre discorso del 2013 di Xi Jinping ad Astana (oggi Nur-Sultan) nel quale annunciava il progetto One Belt One Road. Non caso il Kazakistan è quello che forse più ha cambiato volto con gli investimenti cinesi in questi anni. La presenza cinese nelle ex repubbliche sovietiche è molto radicata, tanto che alcune di loro sono particolarmente esposte al debito nei confronti di Pechino. Fa storia a sé la Mongolia, che però si trova in una posizione cruciale, tra il Dragone e la Russia, fungendo da connettore soprattutto dal punto di vista energetico. Il caso della sostituzione della lingua nei libri di testo sta creando qualche malumore nella Mongolia interna (una delle province cinesi) sta avendo qualche riflesso anche a Ulan Bator. Più dal punto di vista dell'opinione pubblica che non da quello politico. Negli scorsi giorni, il ministro degli esteri di Pechino, Wang Yi, ha visitato il paese vicino, dove ha incontrato il presidente Battulga Khaltmaa, il primo ministro Khurelsukh Ukhnaa e il suo omologo Enkhtaivan Nyamtseren. 

Sui social mongoli le notizie legate alle proteste e agli arresti in Mongolia interna ha attirato molta attenzione. Secondo quanto raccontato da Reuters, nel primo giorno di visita di Wang circa 100 manifestanti si sono radunati davanti al palazzo del governo di Ulan Bator cantando slogan come "proteggiamo la nostra lingua madre" e chiedendo ai rappresentanti del governo locale di sollevare la questione con il rappresentante diplomatico cinese. Ma i rapporti tra i due paesi sono molto profondi, soprattutto a livello commerciale, con la Mongolia che è estremamente dipendente dall'immenso vicino. Nel 2018, la Cina rappresentava infatti il 92% dell'export mongolo. 

Subito dopo la missione a Ulan Bator, Wang ha partecipato a Mosca anche al meeting dei ministri degli esteri dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. In quella sede la Cina ha raggiunto un impegno alla cooperazione post pandemica con Russia, Kazakistan, Kirghizistan e, appunto, Mongolia. L'impegno tra i diversi paesi comprende quattro punti: cooperazione in materia sanitaria e supporto all'Organizzazione mondiale della sanità, scambio di risorse economiche e umane e consolidamento dei risultati anti pandemici, cooperazione nello sviluppo e diffusione del vaccino, promozione della medicina tradizionale cinese. Un punto, quest'ultimo, che da sempre fa parte della "Via della Seta sanitaria" e che di recente ha visto anche l'apertura di un centro dedicato in un altro paese dell'area, l'Uzbekistan. 

MulanMulan, un fotogramma del film

MULAN? IN THAILANDIA E TAIWAN FUNZIONA - Non si può certo dire che per il nuovo film della Disney le cose stiano andando per il meglio. Le polemiche e gli appelli al boicottaggio sono partiti ancora prima che la pellicola uscisse nelle sale o che fosse disponibile in streaming. Dalle dichiarazioni (vecchie) dell'attrice protagonista sulle proteste di Hong Kong alle riprese nello Xinjiang, le occasioni per criticare la Disney (talvolta in maniera pretestuosa) non sono mancate. Lo stesso pubblico cinese si è lamentato per la trasposizione cinematografica dell'antica leggenda di Hua Mulan. E anche i dati del botteghino non hanno perdonato. Ci si aspettavano circa 40 milioni di dollari di incasso nel primo fine settimana dalle sale della Repubblica Popolare, e invece ne sono arrivati circa la metà. Numeri sempre molto importanti (e superiori al precedente Aladin, per dire) ma molto sotto le attese, soprattutto visto lo sforzo compiuto dai produttori proprio in ottica mercato cinese. Segnali interessanti invece da Thailandia e Singapore, dove nel primo weekend ha totalizzato rispettivamente 1,2 milioni e 700 mila dollari, piazzandosi al primo posto tra i debutti del 2020. Numeri positivi in rapporto al numero di sale e alla popolazione. Forse ancora più interessante, viste le attuali tensioni politiche tra Pechino e Taipei, che Mulan sia sostanzialmente stato il film che ha riportato i taiwanesi al cinema. Oltre un milione e 200 mila dollari nel primo fine settimana nelle sale e miglior debutto da febbraio, considerando che sono ancora in vigore le misure di contingentamento per il pubblico. 

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