Ucraina, il generale Chiapperini: “Il piano di pace? Putin non si fermerà, attaccherà ancora per raggiungere i suoi scopi” - Affaritaliani.it

Esteri

Ultimo aggiornamento: 20:12

Ucraina, il generale Chiapperini: “Il piano di pace? Putin non si fermerà, attaccherà ancora per raggiungere i suoi scopi”

Parla Luigi Chiapperini, Generale di Corpo d’Armata dei Lagunari in quiescenza

di Federica Leccese

Ucraina, il generale Chiapperini: “Il piano di pace serve solo a congelare la guerra. Putin attaccherà ancora”

La guerra in Ucraina entra in una fase complessa e dai contorni incerti: il Donbass è davvero la “fortezza” che Mosca deve conquistare prima di puntare all’intero Paese? Il piano di Zelensky di congelare la linea del fronte può davvero evitare una nuova escalation? E quali garanzie di sicurezza sarebbero realistiche per dissuadere Putin da ulteriori aggressioni?

A fare chiarezza è Luigi Chiapperini - Generale di Corpo d’Armata dei Lagunari in quiescenza, analista militare del Centro Studi dell’Esercito e già comandante dei contingenti multinazionali in Kosovo, Libano e Afghanistan - che ad Affaritaliani ha svelato le reali strategie di Mosca: “Ciò che viene presentato come un piano di pace in realtà è solo un tentativo di congelare la guerra con un cessate il fuoco. Mosca proverà in futuro a perseguire lo scopo iniziale del conflitto”

Kaja Kallas sostiene che il Donbass non sia il vero obiettivo di Putin, ma una “fortezza”: se cade quella, allora “procederà sicuramente alla conquista dell'intera Ucraina”. Si tratta di un’affermazione realistica?

“Lo è in parte. La completa conquista del Donbass per la Russia riveste grande importanza per vari motivi. Intanto rappresenta l’obiettivo minimo da raggiungere dopo non essere riuscita a sottomettere l’intera Ucraina come voluto a inizio guerra. Ma oltre al fatto che effettivamente, come dice la Kallas, i suoi ultimi lembi di territorio non ancora conquistati dai russi (in particolare le cittadine di Kramatorsk e Sloviansk) sono una “fortezza”, l’intero Donbass è uno dei territori con più risorse naturali al mondo, in particolare carbone fossile e altri minerali critici. E questo a Mosca lo sanno bene.

Tra l’altro è bene evidenziare che la giustificazione della protezione della popolazione locale “storicamente russa” evocata dalla leadership russa, non regge. Basti pensare che al referendum del 1991, più dell’ottanta per cento della popolazione di quella regione votò per confermare l’indipendenza dell’Ucraina dall’Unione Sovietica in dissoluzione. La percentuale saliva a oltre il 90 per cento nel resto del Paese.

L’eventuale conquista del Donbass, che non potrà comunque avvenire in breve tempo, non presuppone neanche l’immediata conquista dell’intera Ucraina ma sicuramente costituisce la premessa a possibili azioni future russe.”

La proposta di Zelensky di “congelare la linea del fronte” viene presentata come compromesso per evitare una resa. Dal punto di vista militare, i conflitti congelati hanno davvero garantito sicurezza, o rischiano di diventare solo una pausa utile all’aggressore per riorganizzarsi?

“Il congelamento della linea del fronte rappresenta effettivamente per Kyiv una soluzione dolorosa ma necessaria volta ad evitare la continuazione della guerra. C’è la pretesa di Mosca di far cedere dagli ucraini anche i territori non ancora conquistati dalle truppe russe ma questa eventualità al momento viene esclusa da Zelensky che la considera una resa incondizionata che non accetta. Al massimo sottoporrebbe quella decisione al volere del popolo con un referendum.

Dopo di che, quello che viene presentato come un piano di pace in realtà è solo un tentativo di congelare la guerra con un cessate il fuoco. Questo perché Kyiv difficilmente riconoscerà “de jure” quei territori come russi mentre Mosca proverà in futuro a perseguire lo scopo iniziale del conflitto, cioè sottomettere l’intera Ucraina dopo essersi riorganizzata e ripotenziata. Una situazione che metterebbe i contendenti nella stessa situazione che vediamo nella penisola coreana dove la guerra potrebbe riesplodere in ogni momento.”

Zelensky si dice disposto a rinunciare all’adesione alla NATO in cambio di garanzie di sicurezza “reali” da parte degli Stati Uniti. Ma senza l’ombrello formale dell’Alleanza, quali garanzie sarebbero davvero credibili per dissuadere Putin da una nuova offensiva? 

“L’Ucraina in questa fase, pur dicendosi disposta a rinunciare all’ingresso nella NATO per far progredire i negoziati, sta spingendo per ottenere delle garanzie solide allo scopo di non trovarsi fra qualche tempo a dover nuovamente fronteggiare da sola una eventuale e probabile nuova aggressione russa. In sintesi, ha bisogno dell’inserimento nel piano di pace di una clausola che esplicitamente preveda la reciproca protezione in caso di attacco. Chi può sicuramente assicurare tutto questo all’Ucraina sono gli Stati Uniti.

Lo sarebbe teoricamente anche la coalizione dei “volenterosi”, cioè gli europei insieme ad altri Paesi amici come Canada e Giappone, ma a tutti questi mancano non solo alcune capacità militari strategiche fondamentali, ma soprattutto un vertice politico-militare unico e credibile. Nulla si improvvisa. Nello stesso tempo tutto si può fare ma assumendosi dei rischi.”

Guardando ai prossimi mesi, quale traiettoria le sembra oggi più realistica per il conflitto in Ucraina? Stiamo andando verso una stabilizzazione del fronte oppure verso una nuova fase di confronto più duro?

“Alcuni commentatori considerano la guerra già vinta dalla Russia ma non è così. Intanto i suoi obiettivi strategici con i quali ha avviato l’aggressione all’Ucraina non sono stati raggiunti: il Paese è sempre più legato all’Unione Europea e al mondo occidentale in generale, la Nato anziché indebolirsi si è rafforzata con l’ingresso di due nuovi membri, Svezia e Finlandia, mentre ancora l’80% del territorio ucraino è sotto il controllo delle forze armate di Kyiv le quali continuano a combattere coraggiosamente e con ordine. 

Mosca è riuscita ad occupare solo parzialmente le quattro regioni a sud, cioè circa il 20% dell’Ucraina, e si pone ora come obiettivo minimo, con i negoziati o con la forza, l’annessione delle rimanenti aree del Donbass e di Zaporizhzhia e Cherson. Non si può dire quanto tempo sarà necessario per farlo, ma è evidente che ci vorranno mesi o anni. Basti pensare che per coprire i 50 km da Avdiivka a Pokrovsk hanno impiegato ben 21 mesi e che tra Pokrovsk e il loro prossimo obiettivo per conquistare interamente il Donetsk, cioè le cittadine di Kramatorsk e Sloviansk, ci sono altri 60 km. 

Un altro dato interessante è quello relativo ai chilometri quadrati di territorio conquistati: sono stati 5 mila in un anno e ne mancherebbero altri 18 mila per conquistare completamente le quattro regioni a sud. Insomma, il fronte è sostanzialmente fermo con piccole conquiste tattiche da parte dei russi e contrattacchi locali ucraini. Il confronto, nelle more dell’atteggiamento statunitense e di quanto sarà deciso al tavolo delle trattative che proseguono in questi giorni, continuerà e sarà duro, con gli ucraini che potranno continuare a resistere efficacemente se gli europei proseguiranno convintamente a sostenere la loro lotta.” 

LEGGI LE NOTIZIE DEL CANALE ESTERI