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Esteri
Uk, Theresa May sempre più isolata

Donald Trump, nel corso di una telefonata, avrebbe detto a Theresa May che intende rinunciare al momento alla visita in Gran Bretagna finché non si placheranno le proteste contro di lui. Lo riferisce il Guardian, citando un consigliere di Downing Street che era presente durante la conversazione tra il presidente americano e la premier britannica, avvenuta nelle scorse settimane. Sempre secondo il Guardian, il dietrofront di Trump avrebbe molto sorpreso May.

La prima replica ufficiale è però di smentita: "Non vogliamo commentare la speculazione sui contenuti delle conversazioni telefoniche private ma la Regina ha esteso un invito al presidente Trump per visitare il Regno Unito e non ci sono novità su questi programmi", ha detto una portavoce dell'ufficio della premier.

Theresa May è sotto pressione anche oggi, tra rimpalli oltreoceano e tentativi di trovare un equilibrio nelle trattative per formare un governo conservatore dopo il deludente risultato delle elezioni di giovedì scorso. George Osborne, ex ministro delle Finanze fino al 2015, conservatore, non ha avuto troppo riguardo e, parlando alla Bbc, l'ha definita un "cadavere ambulante". "La sola cosa da capire ancora è quanto tempo resterà nel corridoio della morte", ha affermato l'ex ministro e rivale della stessa May. Come commentatore per l'Evening Standard s'è aggiunto a una lunga lista di coloro che considerano la situazione della May politicamente insostenibile dopo che ha perso la maggioranza assoluta. La stampa britannica stima oggi che May potrà difficilmente mantenere la residenza al 10 di Downing street, se non per pochi mesi. Il Sunday Times assicura che Boris Johnson, il ministro degli esteri, si sta già scaldando, anche se lui nega e dichiara "fedeltà al 100 per cento a Theresa". E Osborne va oltre: ipotizza un voto di sfiducia contro May e nuovo premier conservatore sino a fine legislatura o almeno sino a fine negoziato Brexit (marzo 2019), con primarie o incoronazione concordata del successore (5 ministri esortano comunque Boris Johnson). Pressioni da molti deputati Tory chiedono un accordo fra tutti i partiti sul tipo di Brexit da fare. La strategia per il negoziato, ammesso ce ne fosse una, è in alto mare. E il Sunday Times rivela che nella notte elettorale May aveva deciso di dimettersi ma poi ha cambiato idea. “Negoziati Brexit a rischio, due consiglieri licenziati, opposizione all’accordo con l Dup, è il terzo giorno del governo forte e stabile della May”, ironizza l’Observer.

Nomine di ministri Ma intanto è stata una domenica di lavoro per la premier che ha continuato a limare la squadra del suo nuovo governo. Oggi ha nominato come primo segretario di Stato e ministro di Gabinetto Damien Green, che sarà dunque il suo 'numero due'. L'incarico, ricoperto tra 2010 e 2015 da William Hague e tra 2015 e 2016 dallo stesso Osborne, in pratica implica funzioni di vice premier. Green si schierò con i Remain, al referendum sul sì o no all'Europa. Inoltre, annuncia Downing Street, Liam Fox resta ministro del Commercio internazionale, David Gauke diventa ministro di Lavoro e Pensioni al posto di Green. Greg Clark resta ministro dell'Impresa, Justine Greening è confermata segretaria all'Istruzione e per Donne e pari opportunità, David Lidington è segretario alla Giustizia al posto di Liz Truss. Sajid Javid viene riconfermato alle Comunità e governi locali. Alun Cairns resta ministro per il Galles. Venerdì May aveva riconfermato Philip Hammond all'Economia, Boris Johnson agli Esteri, Amber Rudd all'Interno, Michael Fallon alla Difesa e David Davis alla Brexit.

In cerca della maggioranza Con il voto, il partito conservatore di May ha perduto la maggioranza assoluta e, per riuscire a racimolare sostegni, è costretto a un negoziato con gli unionisti ultraconservatori nord-irlandesi del Dup che, con i loro dieci eletti, garantirebbe una risicata maggioranza (328 con una maggioranza fissata a 326). Ieri Downing Street ha annunciato un accordo "di massima" con il Dup ma nella notte ha dovuto rettificare sostenendo che, no, le trattative continuano. Comunque May, in un colloquio telefonico con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha assicurato che i negoziati per la Brexit inizieranno come previsto entro le due settimane, questo dopo che da Bruxelles era arrivato un chiaro messaggio: non c'è tempo da perdere.

Martedì il nuovo parlamento si riunirà per la prima volta a Westminster, prima della cerimonia solenne di apertura dei lavori il 19 giugno e non è certo che la May avrà chiuso le trattative con il controverso partito nord-irlandese. Centinaia di persone hanno manifestato ieri vicino a Downing streett, usando parole come "razzisti, sessisti" nei confronti del Dup. Una petizione contro il "tentativo scioccante e disperato di restare al potere" di May ha raccolto più di 660mila firme.

Quanto al versante Trump, è dall'indomani dell'attacco al London Bridge che i rapporti tra Londra e la Casa Bianca si sono irrigiditi, soprattutto dopo uno dei soliti tweet incendiari del presidente Usa, quello in cui in sostanza dava al sindaco di Londra, il musulmano Sadik Khan, dell'imbelle, incapace di rispondere con efficacia all'allarme sicurezza  della capitale. Un tweet da cui aveva subito preso le distanze anche l'ambasciata Usa a Londra oltre alla stessa premier May: "Credo che Sadiq Khan stia facendo un buon lavoro ed è sbagliato dire qualunque altra cosa".

Pochi giorni fa lo stesso Khan aveva direttamente chiesto al governo di cancellare visita di Trump, ma il ministro Boris Johnson, ex sindaco della capitale, lo aveva stoppato: "Nessun motivo per farlo". Oltre al caso Khan, sono montate le critiche a Trump anche dopo la sua decisione di uscire all'accordo di Parigi sul clima.  E avrebbe già raccolto la quota record di oltre 1 milione e mezzo di firme la petizione pubblica che chiede al presidente Usa di posporre la data del viaggio. Il presidente Usa e la premier May si erano già incontrati alla Casa Bianca a fine gennaio, primo meeting ufficiale del nuovo inquilino della Casa Bianca. E' qui che la May lo aveva invitato a stretto giro in Gran Bretagna. L'invito era stato accettato, ma secondo diversi diplomatici britannici era un impegno fin troppo prematuro.

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