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Esteri
Usa 2020, che succede se Trump e Biden pareggiano? Il nodo voto postale

Nella notte italiana è iniziato lo spoglio dei voti negli Stati americani. Il margine tra Joe Biden e Donald Trump, secondo i risultati arrivati finora, non è così largo come alcuni sondaggi si aspettavano. Bisognerà attendere fino all’ultimo voto scrutinato e potrebbero volerci anche più di 24 ore.

La situazione si è in parte complicata per il candidato democratico mentre il presidente uscente sembra aver recuperato lo svantaggio iniziale. Il numero dei grandi elettori che sono stati già assegnati varia da emittente a emittente, contribuendo alla confusione generale. Ma la cosa su cui sono tutti mediamente d’accordo è che potrebbe non emergere una maggioranza per l’uno o per l’altro candidato e questo porterebbe a un pareggio. Cosa succede quindi se sia Biden che Trump vincono 269 grandi elettori?

L'ipotesi pareggio

Il sistema statunitense infatti prevede questa possibilità. In tal caso la palla passerebbe alle delegazioni statali della Camera. Ogni delegazione avrebbe un voto da esprimere e, prima di queste elezioni, la maggioranza era in mano ai Repubblicani con 26 delegazioni contro le 23 democratiche. Ma in realtà anche la composizione della Camera (435 seggi) viene espressa nel voto dato nelle ultime ore dagli americani e quindi è tutto in bilico, anche se ci si aspetta che i repubblicani mantengano il controllo delle delegazioni. Il Senato invece, un terzo del quale (35 membri) si rinnoverà con i risultati delle elezioni, in caso di pareggio dovrà nominare il vicepresidente. Per ben due volte la Camera ha deciso il nuovo presidente degli Stati Uniti: nel 1800 con l’elezione di Thomas Jefferson e nel 1824 quando al “ballottaggio” vinse Andrew Jackson.

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Ma i grandi elettori possono non votare il candidato presidente del partito con cui sono stati eletti? La risposta è sì, ed è successo in diverse occasioni. Nelle 58 elezioni presidenziali svoltesi finora, il numero complessivo dei cosiddetti “traditori” è stato di 205, anche se quasi mai sono risultati veramente determinanti.

Il voto postale

Quest’anno a complicare ulteriormente il lavoro di sondaggisti, opinionisti e giornalisti ci si è messo anche il voto per posta, a cui ha ricorso un larghissimo numero di cittadini statunitensi (circa 65 milioni) anche a causa della pandemia di coronavirus. Questo potenzialmente ritarderà lo scrutinio finale perchè i voti postali verranno spogliati con tempistiche diverse da stato a stato, potrebbero volerci giorni e ovviamente aumentano le possibilità di caos o ribaltoni.

I due candidati hanno già parlato. Mentre Biden ha domandato pazienza e fiducia ai propri elettori, Trump ha di fatto accusato l’avversario democratico di voler rubare le elezioni. Proprio il presidente uscente aveva minacciato negli ultimi mesi, durante la campagna elettorale, di voler muovere battaglie legali proprio sui possibili risultati derivanti dal voto postale. La Corte Suprema ha infatti stabilito che il conteggio dei voti arrivati per corrispondenza sia fatto anche dopo il 3 novembre e per questo Trump ha paventato la possibilità di brogli.

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Il rischio di caos in questi giorni negli Stati Uniti è alto, e lo dimostrano le immagini che provengono da oltreoceano in cui si vedono i commercianti delle principali città installare difese provvisorie davanti ai loro negozi o sulle vetrine, per proteggerli da eventuali disordini. Un clima già teso che in queste prossime ore potrebbe surriscaldarsi ulteriormente.

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