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Usa 2024, Kamala Harris vuole fregare Joe Biden. Ecco perché

Usa 2024, Kamala Harris e le sue "doti di leadership". Il messaggio ai dem

Intervista imbarazzante di Kamala Harris al Wall Street Journal, in verità fatta addirittura due giorni prima del famoso report su Joe Biden smemorato. Nell’intervista, molto probabilmente concordata, il WSJ ha chiesto alla vice come vedesse la situazione cognitiva di Biden. La risposta dell’arrivista e megalomane Kamala Harris non si è fatta attendere in un raro esempio di solidarietà per l’anziano capo: "Sono pronta a servire, è fuori discussione. Chiunque mi abbia visto lavorare si rende conto delle mie doti di leadership". Non c’è dubbio che la politica Usa sia animata da sentimenti di preoccupazione e compartecipazione per lo stato di salute mentale del suo capo supremo. Poi, subito dopo, si butta nel programma, manco avesse già avuto la nomination dei democratici e ci fa sapere che “la difesa dell’aborto sarà la mia priorità dalle mire del Grand Old Party” (sic). In effetti la situazione dei democratici Usa è disastrosa, con un Presidente completamente suonato che sbaglia i nomi dei Capi di Stato e manco si ricorda quello che ha mangiato a pranzo. I repubblicani, d’altro canto, hanno chiesto a gran voce le dimissioni ma il vecchio Presidente suonato resiste.

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Non si tratta più solo di un problema di sicurezza per gli Stati Uniti. Il problema è invece per il mondo intero visto che il famoso “bottone rosso” del nucleare è ancora in mano a “Sleepy Joe” che uno di questi giorni potrebbe pensare che si tratti di bottone per chiamare il cameriere della Casa Bianca o qualcosa di simile. In tutta questa confusione si fanno piani per liberarsi del Presidente. Quello più gettonato prevede di far concludere le primarie democratiche il 4 giugno con la vittoria di Biden per poi permettergli una onorevole, si fa per dire, via di fuga o una dignitosa uscita annunciando magnanimamente la sua rinuncia alla candidatura. Così facendo si toglierebbe dai dai piedi e permetterebbe ai democratici di approntare un minimo di resistenza alla più che probabile candidatura di Donald Trump che, dal canto suo, ha facile gioco a prendere in giro il vecchio Biden e le sue capacità cognitive deteriorate, cosa che del resto fa anche la sua vice.

Il rischio che corrono invece i repubblicani è che Trump venga impallinato da qualche giudice e dopo la vittoria alle primarie non sarebbe più sostituibile. Kamala Harris è sostanzialmente odiata nel suo partito ma la sua esclusione potrebbe far perdere i voti degli afroamericani. Comunque, nel caso, sono pronti a sostituirla i governatori della California, dell'Illinois e del Michigan: Gavin Newsowm, J.B. Pritzker, Gretchen Whitmer. Quindi la situazione è la seguente: la Harris in un eccesso di megalomania si è detta pronta a gettare alle ortiche il suo capo (anche da subito) ma, a sua volta, deve guardarsi dai tre governatori che a loro volta non vedono l’ora di farla fuori.

Nel frattempo Zelensky suda freddo perché la vittoria di un candidato repubblicano, quasi sicuramente Trump, metterebbe automaticamente fuori gioco l’Ucraina con il tycoon Usa che ha apertamente dichiarato che non muoverebbe un solo dito con la Nato per salvare un Paese Ue attaccato dalla Russia. Ma considerando la tradizione di Presidenti guerrafondai democratici alla fine la vittoria di Trump per un secondo mandato potrebbe essere una buona cosa per la pace mondiale, visto che durante il suo primo mandato non c’è stata alcuna guerra.






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