Esteri
Usa, hacker russi dietro le elezioni? Sbugiardate le accuse della Clinton
Le tesi della Clinton sono state sbugiardate, nel silenzio dei mass-media, dall'ex-ambasciatore britannico Craig Murray
Il risultato delle votazioni dei Grandi Elettori ha confermato ieri la nomina presidenziale di Donald Trump. Sembrerebbe un risultato scontato, in linea con la tradizione americana che vede la votazione dei Grandi Elettori confermare le preferenze espresse dal popolo americano alle elezioni presidenziali, salvo che questa volta le cose avrebbero potuto andare differentemente.
Le tesi della Clinton sono state sbugiardate, nel silenzio dei mass-media, dall'ex-ambasciatore britannico Craig Murray che nella sua nuova veste professionale è diventato collaboratore proprio di Wikileaks.
Murray infatti afferma che le mail sottratte al DNC non siano frutto di un hackeraggio bensì di un insider job condotto da un democratico dissidente, tale Seth Rich, membro dello staff proprio del DNC, peraltro deceduto recentemente in circostanze ancora poco chiare.
E' corretta l'osservazione di Murray che fa rilevare come in altre occasioni, quali la vicenda Wikileaks-Assange-Manning risalente al 2010, per simili circostanze ed accuse, gli Stati Uniti avessero fatto fioccare precisi ordini di arresto e mandati di estradizione. Se fosse vero, come sostiene il governo Obama con le recenti dichiarazioni della CIA e dell'FBI che l'operazione di hackeraggio russa fosse stata comprovata risalendo attraverso le tracce informatiche a persone vicine al Cremlino, avremmo visto emettere altrettanti ordini di arresto ed estradizione.
E se un ex-ambasciatore decide di esporsi in prima persona in una faccenda così scottante, qualche domanda il comune mortale sarebbe obbligato a farsela, magari dopo aver letto le parole scritte di pugno dallo stesso Murray, disponibili qui.La seduta parlamentare è visionabile qui, sono tre ore di noia totale in cui parlamentari e supposti esperti di cyberattacchi parlano del nulla più assoluto e non portano alcuna prova. Anzi, non parlano nemmeno di cyberattacchi, limitandosi a discutere della propaganda russa a mezzo stampa.
Il testo di appoggio alla risoluzione invece è visionabile qui ed anch'esso non riporta alcuna indicazione sui presunti cyber-attacchi Russi, limitandosi a fare un'analisi delle pagine pro-russia sui social media e sull'operato dell'emittente russa RT TV, riportando con allarme l'elevato numero di followers senza peraltro chiedersi il perché tali pagine abbiano così ampio seguito.
Il testo di appoggio alla risoluzione invece è visionabile qui ed anch'esso non riporta alcuna indicazione sui presunti cyber-attacchi Russi, limitandosi a fare un'analisi delle pagine pro-russia sui social media e sull'operato dell'emittente russa RT TV, riportando con allarme l'elevato numero di followers senza peraltro chiedersi il perché tali pagine abbiano così ampio seguito.
Viene quindi da chiedersi come sia possibile che il testo di una risoluzione dai pesanti effetti diplomatici contenga riferimenti a fatti non discussi né provati in sede parlamentare.
Senza dubbio, in un momento così delicato tra le relazioni Russia-UE, l'emissione di una risoluzione che accusa apertamente il Cremlino di operazioni di hackeraggio dovrebbe essere supportata da prove inconfutabili.
A chi scrive (ed al lettore) non rimane altro che analizzare la curiosa coincidenza temporale e di intenti tra le accuse non circostanziate emesse da Hillary Clinton durante la sua campagna e quelle altrettanto non circostanziate ratificate in un documento ufficiale dall'Unione Europea ai danni di un vicino di casa quale la Russia, dellla cui inimicizia sarebbe saggio farne a meno.