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Esteri
Usa, Il Presidente del Tribunale Supremo spina nel fianco di Donald Trump

Fra i tanti personaggi che negli organismi governativi tirano le fila uno in particolare, in questi periodi, non è fra i più amati da Donald Trump. E’ John Glovers Robert, repubblicano giudice e soprattutto Presidente del Tribunale Supremo, il massimo organismo giudiziale americano.

Solo per fare capire quanto le decisioni prese dal TS siano importanti basta ricordare ad esempio che, in tutti Paesi del mondo bruciare la bandiera del proprio paese costituisce un reato di vilipendio alla nazione , mentre in USA si puo’ fare, in quanto protetti  penalmente dalla sentenza di 31 anni fa del Tribunale Supremo.  Bruciare la bandiera è ritenuto un diritto di libera espressione nel Paese più liberale al mondo. 

Ed ancora, cinque anni fa, lo stesso Organismo ha riconosciuto a due persone dello stesso sesso la possibilità di sposarsi e vivere da coniugi in tutti gli Stati. 

Ed infine lo stesso Tribunale sancì, nel 1954,  la fine della segregazione razziale nella scuola pubblica e nel 1973 il diritto all’aborto. 

Tutte sentenze che hanno fatto rumore e hanno cambiato il ‘modus vivendi’ della società statunitense.  

Il Tribunale Supremo è composto da 9 giudici, nominati dai repubblicani. Con il Presidente John Glover Roberts ci sono quattro repubblicani Clarence Thomas, Samuel Alito, Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh e quattro progressisti,Sonia Sotomayor, Stephen Breyer, Elena Kagan e Ruth Bader Ginsburg. Le votazioni sono a maggioranza e il Presidente ha il voto decisivo. Ed è proprio qui che negli ultimi mesi il voto di John Roberts ha fatto pendere la bilancia dalla parte dei progressisti, con evidente imbarazzo dei repubblicani e soprattutto del Presidente Trump che aveva portato avanti istanze nella speranza di ottenere risultati diversi.

La prima è stata una sentenza passata 6 a 4 contro la possibilità di licenziare lavoratori solo per il loro orientamento sessuale. Gay, lesbiche transessuali ora sono tutti difesi da una sentenza ‘quasi’ storica.  Qualche giorno dopo la sentenza  a favore dei  cosiddetti ‘dreamers’(700000) i migranti che arrivarono negli Stati Uniti senza documenti essendo bambini, fino ad ora protetti da un programma speciale voluto da Barack Obama e che Trump voleva cancellare per deportarli in un sol colpo. E di nuovo il voto del giudice Roberts ha pesato 5-4 a favore del mantenimento della protezione (ritenendo arbitraria qualsiasi azione differente). Un secondo ‘elegante’ schiaffo al Presidente. E la terza sentenza una settimana dopo contro una richiesta dello Stato della Louisiana per restringere il diritto all’aborto. Altro 5-4.Altro voto del Presidente e richiesta rigettata. L’aborto è un diritto. Punto e stop.

Tre sentenze pesanti, tre colpi da stendere al tappeto qualsiasi avversario, soprattutto uno come Trump che sta iniziando una campagna per le presidenziali di novembre tutta in salita.John Roberts è nato nel 1955 a Buffalo (New York), si è laureato con lode alla prestigiosa Scuola di Diritto di Harvard e, nel 2005, su proposta di George Bush, entrò nel Tribunale Supremo. Trump lo ha poi mantenuto per la estrema competenza ma in questi due mesi se avesse potuto trovargli un altro posto probabilmente lo avrebbe fatto. Un giudizio su Roberts viene dal Prof. di Diritto Lee Epstein che sul New York Times, parlando delle ultime sentenze ha detto che ‘ il giudice nominato da Bush non solo è il personaggio più importante del Tribunale ma è anche il più forte che il Tribunale ha dal 1937’.

Nei lavori del Tribunale dovrebbe essere normale che un giudice voti la sentenza e non stia con i giudici della sua stessa appartenenza ideologico/politica. Ma nella pratica le leggi sono interpretate e decise a livello personale. E così Roberts ha votato contro la discriminazione dei lavoratori omosessuali. Nello stesso modo ha fatto pesare il suo voto per confermare che le scuole religiose dovevano avere gli stessi aiuti delle scuole statali e private.

Insomma, dopo Anthony Fauci, il virologo della task force contro il Coronavirus,  un altro personaggio ‘scomodo’ per le strategie conservatrici trumpiane ma troppo competente per essere sollevato dal ruolo. 

   

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