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ANBI, Osservatorio Risorse Idriche: l’uragano nei Caraibi è un campanello d’allarme anche per l’Italia
Vincenzi (ANBI): "La situazione è talmente compromessa che solo l’urgente realizzazione di nuove infrastrutture idrauliche potrà contrastare il declino produttivo di importanti economie agricole del Paese"

Osservatorio Risorse Idriche ANBI, cambiamenti climatici e uragani: l’allarme riguarda anche l’Italia
Mentre l’uragano Melissa si affievolisce lasciando dietro di sé un bilancio tragico di vittime e centinaia di migliaia di sfollati nei Caraibi, emerge un dato che impone una riflessione urgente e concreta ai decisori italiani. Secondo il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, dall’inizio dell’anno nel nostro Paese si è registrata una diminuzione del 17% degli eventi meteorologici estremi – come nubifragi e grandinate di grande intensità – rispetto al 2024, e del 14% rispetto al 2023. Tuttavia, nello stesso periodo, il numero di tornado è aumentato sensibilmente: +17% rispetto all’anno scorso e +63% rispetto a due anni fa. Un segnale preoccupante per un territorio, come quello italiano, già profondamente fragile dal punto di vista idrogeologico.
Il rapporto ANBI mette inoltre in evidenza altri indicatori allarmanti legati alla cosiddetta “guerra climatica” in corso: il 2025 si sta configurando come il terzo anno più caldo di sempre, dopo il 2023 e il 2024. Proprio in questi due anni record, l’Europa sud-orientale, inclusivo del Meridione d’Italia, ha registrato un incremento del 60% dei giorni con stress termico e del 93% delle notti tropicali, con conseguenze drammatiche: 63.000 vittime nel continente, di cui 19.000 in Italia, causate dalle ondate di calore. “Sta cambiando il mondo e noi fatichiamo a prenderne coscienza” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
Il quadro meridionale continua a essere critico: Basilicata e Puglia restano tra le regioni più colpite dagli effetti della crisi climatica. La scarsità di precipitazioni non permette di ricostituire adeguatamente le riserve idriche, ormai in rapido esaurimento. In Basilicata, per la prima volta, gli invasi contengono meno di 90 milioni di metri cubi d’acqua, superando con largo anticipo il precedente record negativo registrato nel dicembre scorso. Il deficit rispetto a un anno fa ammonta già a 26 milioni di metri cubi. La diga di Monte Cotugno, la più grande diga in terra d’Europa, conserva appena 38,5 milioni di metri cubi rispetto a una capacità autorizzata di oltre 272 milioni.
In Puglia, la situazione non è migliore. Nella Capitanata, nonostante le pesanti restrizioni imposte agli agricoltori per evitare il prosciugamento dei bacini, le riserve idriche continuano a diminuire e risultano ormai inferiori al 15% della capacità totale. Il bacino di Occhito è prossimo a trattenere soltanto il volume morto.
“La situazione è talmente compromessa che solo l’urgente realizzazione di nuove infrastrutture idrauliche potrà contrastare il declino produttivo di importanti economie agricole del Paese. Insieme alla bellezza dei territori sono a forte rischio due asset di qualità, che fanno l’immagine dell’Italia nel mondo e per questo torniamo a segnalare la grande opportunità costituita dal Piano Invasi, che abbiamo presentato insieme a Coldiretti” sottolinea Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI.
Risaliamo così la Penisola: nel Lazio, peggiora la condizione idrica dei laghi “romani”. I livelli di Bracciano (Sabatino) e Albano si abbassano di altri due centimetri, mentre quello di Nemi cala di uno. In controtendenza, crescono i bacini viterbesi di Vico (+1 cm) e Bolsena (+5 cm). Anche i fiumi Aniene, Velino e Tevere mostrano un incremento dei flussi, pur restando quest’ultimo in forte deficit: -28% rispetto alla media del quinquennio più recente (dati ANBI su elaborazione AUBAC).
In Umbria prevale la stabilità, fatta eccezione per il Topino, che mostra un calo marcato della portata. Nelle Marche, invece, i livelli fluviali restano da settimane tra i più bassi dell’ultimo quinquennio. In Toscana, la portata del Serchio – gonfiata dai violenti nubifragi della scorsa settimana – è tornata a diminuire, pur mantenendo un valore eccezionale (+150%). L’Arno è in crescita, mentre l’Ombrone continua a scorrere con portate scarse (-86%), inferiori al Deflusso Minimo Vitale. In Liguria, dopo l’impennata dovuta alle piogge abbondanti, i fiumi Magra ed Entella sono in calo, così come l’Argentina a Ponente, mentre si registra un lieve aumento per la Vara.
Segnali positivi arrivano invece dall’Emilia-Romagna, dove i fiumi Secchia, Enza, Panaro e Lamone mostrano flussi superiori alla media mensile. Un andamento simile si osserva anche in Veneto, benché molti corsi d’acqua mantengano portate inferiori alla norma: Adige -30%, Brenta -43%, Piave -34%, con la sola Livenza in lieve crescita (+4%, dati ARPAV). In Lombardia le riserve idriche restano abbondanti, superiori del 6% alla media, anche se inferiori del 26% rispetto al 2024. In Piemonte prosegue la riduzione dei flussi dei già deboli Stura di Lanzo e Toce, mentre resta stabile la Stura di Demonte.
In Valle d’Aosta la Dora Baltea mostra un eccezionale surplus di portata (+299%) in costante crescita, mentre il Lys è in calo. Il Po, invece, presenta una situazione disomogenea: in diminuzione nelle stazioni a monte, ma in lieve aumento tra Cremona e il delta, pur restando al di sotto dei valori medi di riferimento (a Pontelagoscuro: -36%). Nel complesso del Nord Italia, i grandi laghi evidenziano livelli in calo e, nel caso di Sebino e Lario, inferiori alla media storica. Le percentuali di riempimento oscillano dal 41,2% del Lago di Como all’88,7% del Lago Maggiore.
  
  
  