Bitcoin sempre più energivori in Cina: lo studio
La Cina spinge sulla produzione di monete virtuali, i Bitcoin, attraverso la pratica del "mining". Un processo rivoluzionario, basatio sul concetto di "blockchain", in grado di sfruttare le capacità di calcolo del computer, anzichè la forza fisica dell'uomo. Secondo uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall'Università dell'Accademia cinese delle scienze e pubblicato sulla rivista Nature Communications, la Cina raggiungerà nel 2024 il picco massimo di produzione di Bitcoin, pari a circa 297 terawattora. Si stima che verranno generate emissioni di gas serra superiori a quelle prodotte in un anno da uno Stato europeo di media grandezza come l'Italia.
Da diverso tempo i Bitcoin sono sotto i riflettori dell'opinione pubblica per il pesante impatto ambientale causato dalla "estrazione" della moneta virtuale. Un processo che, come detto in precedenza, si basa sulla tecnologia della "blockchain", in grado di tracciare le operazioni di scambio, senza l'intermediazione di una banca, attraverso una rete di computer sparsi per il globo di cui si sfrutta la potenza di calcolo. Meccanismo ingegnoso che impone però un elevato dispendio di energia, crescente impatto ambientale e di conseguenza un aumento del livello delle emissioni di gas serra.
Secondo le simulazioni dei ricercatori- riporta il sito di Ansa- qualora la Cina non attuasse politiche più stringenti per correggere il trend attuale, potrebbe raggiungere il picco di consumo energetico entro il 2024 con oltre 297 terawattora ed emissioni per 130 milioni di tonnellate di carbonio, più di quanto non produca un Paese europeo di medie dimensioni come l'Italia o la Repubblica ceca in un anno. Valutando diverse ipotesi di scenario- conclude il sito di Ansa- i ricercatori hanno dimostrato che le politiche attuali come la carbon tax non sono abbastanza efficaci nel ridurre le emissioni dell'industria dei Bitcoin.
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