Mascherine, allarme microplastiche: una bomba ecologica pronta a esplodere - Affaritaliani.it

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Mascherine, allarme microplastiche: una bomba ecologica pronta a esplodere

A livello globale, ne utilizziamo 3 milioni al minuto e 129 miliardi al mese. Ma non esiste ancora una filiera di recupero. L'allarme da un articolo scientifico

Mascherine, una "bomba ambientale" pronta a esplodere

La pandemia ha stravolto i paradigmi tradizionali alla base della quotidianità di miliardi di persone. Dalle modalità di lavoro a quelle sociali, dalla libertà di movimento alle chiusure dei confini, fino all’uso, sempre più necessario, delle mascherine. Dispositivi sanitari di protezione tendenzialmente monouso e costituiti da microfibre di plastica, che potrebbero generare una vera e propria “bomba ambientale”. L’allarme arriva dagli studiosi della University of Southern Denmark e da un recente commento scientifico pubblicato su Frontiers of Environmental Science & Engineering, che spiega che, a differenza di altri rifiuti in plastica, le mascherine rischiano di generare un impatto ambientale ancora più forte. Tra le motivazioni la rapidità di frammentazione in microplastiche, la velocità di rilascio delle particelle e la mancata costruzione di linee guida comuni per il recupero e il riciclo. “Quando si diffondono nell’ambiente possono rilasciare più microplastiche in maniera più facile e veloce delle plastiche sfuse come i sacchetti di plastica”, scrivono gli studiosi. Inoltre, seppur l'utilizzo gobale di mascherine sia stato stimato a 3 milioni al minuto, ovvero 129 miliardi al mese, con una produzione mensile di 43 miliardi mensile, non esiste ancora una filiera di recupero comune. Come avviene per esempio per le bottiglie di plastica, le quali vengono riciclate per il 25%. A ciò si aggiunge, come sottolinea uno degli autori dello studio Elvis Genbo Xu, il fatto che “come altri detriti di plastica, le mascherine possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche e biologiche nocive, come il bisfenolo A, metalli pesanti e microrganismi patogeni”, comportando così “impatti negativi indiretti su piante, animali e esseri umani". Se da una parte i dati globali dell'impatto del fenomeno ancora non si conoscono, dall'altra è utile pensare a delle soluzioni per limitare il problema. Tra queste la proposta di costruire dei punti di raccolta specifici, creare linee guida per lo smaltimento e sostituire i dispositivi usa e getta con cotone o materiali biodegradabili, altrettanto sicuri.