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Osservatorio ANBI: l’estate 2025 tra caldo record, eventi estremi e riserve idriche in sofferenza
Vincenzi (ANBI): "Sono dati preoccupanti, che devono obbligare a porre attenzione alla fragilità idrogeologica del nostro Paese"

Osservatorio ANBI, bilancio sull’estate 2025: caldo record e crisi idrica impongono nuovi interventi infrastrutturali
L’estate appena conclusa si conferma tra le più calde mai registrate: in Italia e in Europa è risultata la quarta in assoluto, mentre su scala globale si è posizionata al terzo posto, subito dietro al 2023 e al 2024. Secondo i dati Copernicus, rielaborati da ANBI, la temperatura media mondiale si è attestata sui 15,58°C, con un’anomalia positiva di +0,64°C.
Il quadro delineato dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche mette in luce non solo l’anomalia climatica ma anche la diffusione, nella seconda metà di settembre, di fenomeni meteorologici estremi lungo la Penisola. In soli dieci giorni, infatti, si sono verificati 218 episodi di maltempo violento – tra grandinate, tornado e precipitazioni torrenziali – con pesanti ricadute economiche e infrastrutturali. Se le piogge più intense hanno colpito soprattutto le regioni settentrionali e la Campania, le aree costiere sono state attraversate da 69 trombe marine e il Nord Italia ha visto devastate le proprie colture da 53 episodi di grandine di grosse dimensioni.
“Sono dati preoccupanti, che devono obbligare a porre attenzione alla fragilità idrogeologica del nostro Paese soprattutto lungo le zone litoranee, proprio laddove sta aumentando la pressione antropica. E’ indispensabile ed urgente frenare l’esodo dalle aree interne” ribadisce Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI.
Sul fronte delle precipitazioni, l’anno idrologico appena concluso restituisce un bilancio differenziato: le regioni settentrionali hanno beneficiato di apporti pluviometrici generalmente positivi, quelle centrali hanno registrato valori inferiori alla media, mentre il Sud ha sofferto di un netto deficit.
“Questa semplice fotografia è la miglior rappresentazione della necessità di completare gli schemi irrigui, prevedendo anche la possibilità di trasferire l’acqua fra territori limitrofi. Bisogna inoltre avviare il Piano Nazionale di Bacini Idrici Multifunzionali, così da raccogliere la pioggia laddove scende e dotare il territorio di adeguate riserve idriche da utilizzare nei momenti di bisogno” sottolinea Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Tra le regioni meridionali la Puglia resta la più penalizzata: a settembre le precipitazioni sono state inferiori del 96% rispetto alla norma, mentre le temperature hanno superato di 7,5°C le medie stagionali nell’ultima decade del mese (dati Arif, elaborazione ANBI). Questa situazione ha aggravato la condizione idrica della regione, dove nei mesi estivi fino all’11% del territorio è stato classificato in siccità severa-estrema (fonte CNR). Le riserve della Capitanata sono oggi ridotte a soli 54,89 milioni di metri cubi, pari al 16,5% della capacità invasabile complessiva (332 milioni).
Difficoltà significative si riscontrano anche in Basilicata, dove in una sola settimana i bacini hanno perso quasi 8 milioni di metri cubi, scendendo a 108,94 milioni, con un deficit di 31 milioni rispetto allo stesso periodo del 2024. La diga di Monte Cotugno, la più grande in Europa in terra battuta, trattiene appena il 18,4% della sua capacità autorizzata di 272,2 milioni di metri cubi, mentre il Pertusillo è fermo al 26%.
In Calabria le criticità maggiori riguardano le province di Reggio Calabria e Crotone: il lago Ampollino presenta volumi inferiori di oltre il 50% rispetto alla media storica e del 47% rispetto al 2024. In Campania, invece, i fiumi principali – Volturno, Sele e Garigliano – mostrano un recupero dei livelli idrometrici; la diga di Conza, pur trattenendo 3,9 milioni di metri cubi in più rispetto allo scorso anno, resta comunque ferma al 31% della sua capacità di invaso.
Al Centro Italia le piogge di fine settembre non sono bastate a invertire la tendenza. In Umbria, il lago Trasimeno, nonostante un lieve aumento di livello pari a un centimetro in una settimana, rimane ben al di sotto dei valori medi (-69 cm) e lontano dalla soglia critica per l’ecosistema (-1,20 m), condizione che persiste ormai da oltre due anni. Nel Lazio, i laghi di Albano e Nemi hanno visto ulteriori cali (-1 cm), senza benefici dalle precipitazioni. Qui il Tevere ha incrementato la propria portata pur restando sotto la media, mentre l’Aniene è diminuito e il Velino si è mantenuto stabile.
Nelle Marche, i volumi invasati nelle dighe ammontano a 39,66 milioni di metri cubi, uno dei valori più alti del decennio nonostante un leggero calo; il fiume Tronto ha registrato un incremento di portata, mentre Potenza, Nera, Esino e Sentino risultano stabili. In Toscana si è osservata una nuova riduzione delle portate fluviali, con l’Ombrone sceso sotto la soglia del Deflusso Minimo Vitale.
In Liguria, i fiumi Entella, Vara, Magra e Argentina hanno registrato una diminuzione delle portate, mentre i grandi laghi del Nord Italia continuano a mantenersi su livelli abbondanti: il Maggiore è oltre 58 cm sopra la media stagionale e al 107,3% della capacità, il Lario si trova mezzo metro oltre la norma (75,3%), il Sebino è al 61,4%, mentre il Garda scende in controtendenza al 66,4%.
In Valle d’Aosta le portate di Dora Baltea e torrente Lys, gonfiate dalle piogge abbondanti della settimana precedente, sono tornate a calare. In Piemonte, dopo la piena che aveva fatto raddoppiare le portate del Po nel tratto emiliano-lombardo, i valori si sono ridotti di oltre il 50%, rientrando nella normalità del periodo; lo stesso andamento in discesa è stato osservato anche su altri corsi d’acqua, come la Toce, il cui flusso si è ridotto del 65% in pochi giorni. A differenza di molte altre regioni, Lombardia e Veneto presentano al momento un bilancio idrico positivo: la prima registra un surplus del 9,8% rispetto alla media storica, mentre nella seconda i corsi d’acqua mostrano portate nettamente superiori ai valori tipici del periodo.