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“Recovery? Transizione green finta. In Italia comandano ancora le lobby”

Alcuni esempi?

Se in questi 248 miliardi di euro solo il 10% di treni regionali o di autobus circolanti nelle nostre città- nelle quali è presente il massimo conflitto ambientale ed economico rispetto al resto d’Europa- viene sostituito, l’errore è chiaramente strategico. L’ultimo dato dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, pubblicato a novembre, ci dice che in Italia ogni anno avvengono 52mila decessi a causa dello smog. E’ un’emergenza sanitaria ormai dimenticata. Se su 456 treni regionali se ne cambiano solo 53 e di quei 456, 250 continuano ad essere alimentati a gasolio è evidente che è stata fatta una scelta che non va verso la transizione verde. Analogamente se di quei 42800 autobus che ci sono in Italia, solo l’11% viene sostituito c’è un problema. 

Ma anche sul fronte della depurazione. L’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea perché vìola il regolamento europeo sul trattamento delle acque reflue. Paghiamo ogni giorno 80mila di euro di sanzione. In particolar modo in Sicilia, Calabria, e in alcune parti della Puglia, il problema ambientale è serio, poiché le acque vanno spesso a finire nei fiumi e nei mari. E qui sono stati investiti solo 900milioni di euro. O ancora il fenomeno delle reti idriche, che in Italia rappresenta un vero e proprio dramma. Il Paese con il 42% di acqua potabile che perde, potrebbe benissimo dare da bere a 40 milioni di persone. E qui l’investimento è stato pari a 600milioni di euro.

E sulla politica energetica?

E’ stato sorprendente sentire il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani dire che “non è conveniente investire nella mobilità elettrica fin quando non si raggiungerà il 72% di produzione di energie rinnovabili”, quando dal Piano si prevede di raggiungere al 2030 solo il 70%. Questo porta a dedurre che da qui al 2030 per il ministro Cingolani il Governo italiano non investirà nella mobilità elettrica. Una dichiarazione in assoluta controtendenza rispetto a quelle che sono le politiche industriali del resto del mondo.

E’ chiaro che c’è ancora una filosofia che sposa con forza gli idrocarburi. E non è un caso che si investono oltre 3 miliardi di euro nell’idrogeno, quello blu, prodotto dal gas, dando un ruolo fortissimo all’Eni nel nostro Paese. Ma anche gli investimenti destinati alle rinnovabili, eolico e solare, nel Pnnr sono pari a 4,2GW di potenza elettrica installata: questo dato è meno di quello che è necessario in un anno, ovvero 5 o 6 GW, per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dall'Europa da qui al 2030. E sempre nel Pnnr si pone come obiettivo la riduzione di gas climalteranti, quindi di anidride carbonica, del 52% al 2030. Ma l’Europa ci chiede il 55%.

Una transizione ecologica senza numeri?

Esatto. Come si fa a sostenere che questo piano vada verso la transizione verde, quando sono state fatte scelte che vanno nella direzione opposta: forte consumo del suolo e zero investimenti strategici nel trasporto pubblico.  

Contraddizione o strategia? 

Io penso che sia un errore strategico. Un’occasione per poter cambiare il volto delle nostre città come questa non ci capiterà mai più. Il ritardo è una responsabilità grave che soppesa sulle nostre generazioni e quelle future. È inaccettabile che continuiamo a cadere negli errori del passato. In Italia, purtroppo, è molto pesante il potere delle lobby, come Eni, Snam e non solo. E le parole del ministro Cingolani lo dimostrano: sembra più tutelare gli interessi industriali di quelli che oggi non vogliono cambiare e modernizzarsi verso la conversione ecologica degli asset industriali.

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