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Usa-Messico, migranti climatici in fuga: crisi umanitaria tra due frontiere

Usa-Messico, migranti in fuga: la crisi umanitaria aldilà di un muro che non c'è 

In autunno 10mila persone tentano di migrare dal triangolo centroamericano formato da Guatemala, Honduras ed El Salvador verso nord. A metà gennaio una “carovana” di 8mila honduregni prova a raggiungere gli Stati Uniti, ma senza farcela. A febbraio iniziano gli arresti: 10mila migranti irregolari vengono fermati al confine tra Stati Uniti e Messico, e tra di loro ci sono 70mila adulti, 20mila famiglie e ben 9457 minori non accompagnati. Nel mese di marzo quest’ultimi raggiungono il record storico di 19mila. E' questa la fotografia di una terra che spazia dall'America centrale fino alla frontiera statunitense, che vive continuamente nel limbo di due crisi: da un lato l'instabilità climatica, dall'altro quella umanitaria. Una situazione “spinosa” che vede un’accelerazione nel novembre del 2020, quando i due uragani Eta e Iota entrambi di categoria quattro, si abbattono vicino a Puerto Cabeza, in Nicaragua, a soli due settimane di distanza. Secondo CBS News si tratta delle “due tempeste più intense della stagione degli uragani atlantici”. I danni sono ingenti: 6 milioni di persone colpite, migliaia di case distrutte e 600mila sfollati. Eventi estremi che- secondo quanto affermato dal Ministero dell’agricoltura e dell’allevamento dell’Honduras– hanno decimato fino l’80% del settore agricolo. Un’industria che a partire dal 2020 ha fornito un terzo dell’occupazione del paese.

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Ecco allora che l’unica via percorribile sembra quella della migrazione. Dettata però da una molteplicità di fattori. Come sottolinea bene Kayly Ober, avvocato senior e responsabile del programma del Programma sugli spostamenti climatici presso Refugees International, “la migrazione causata da questi eventi climatici, come le tempeste dello scorso autunno, non avviene isolatamente: è spesso legata alla vulnerabilità e all'incapacità di adattamento esistenti di una comunità. Gli impatti dei cambiamenti climatici e le questioni socioeconomiche sono strettamente intrecciati". Sulla stessa scia anche Angel Munoz, scienziato del clima presso l'International Research Institute for Climate and Society della Columbia University, che afferma: “Queste persone stavano già lottando, anche senza alcun uragano o siccità. Gli eventi improvvisi sono spesso la goccia che fa traboccare il vaso”. 
Di fronte a tale scenario, è inevitabile credere che con una crisi climatica sempre più incombente anche quella umanitaria seguirà il suo corso, rischiando di esplodere. Di questo ne è certo il segretario per la Sicurezza Interna, Alejandro Mayorkas, che ha ammesso che nei mesi a venire gli Stati Uniti si troveranno ad affrontare una delle peggiori crisi degli ultimi vent'anni. 
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Se l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha mai fatto mistero della sua politica a “tolleranza zero”, come unica via possibile per uscire dalla crisi migratoria, caratterizzata dal taglio dei fondi per i programmi di asilo, rafforzamento del potere della polizia di frontiera e promozione delle espulsioni e delle deportazioni verso il Messico, ora nell’amministrazione di Joe Biden tutti (sperano) in un cambio di passo.

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