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Il pensiero plurale. Rileggere Hannah Arendt, la recensione

L’inquietante profezia di Hannah Arendt è presto svelata
Tra le più controverse del Novecento e al contempo tra le più grandi pensatrici del XX secolo, Hannah Arendt e il suo “pensiero plurale” costituiscono un esempio significativo di conciliazione fra pensiero critico e agire responsabile affinché la libertà non diventi sinonimo di sovranità, semmai di responsabilità. Nel volume Il pensiero plurale. Rileggere Hannah Arendt, a cura di Alessandra Papa per i tipi di Mimesis Edizioni sono argomentati nella ‘pluralità’ i saggi di Giovanna Costanzo, Francesco Fistetti, Alessio Musio, Rossella Bonito Oliva, Luca Alici, Paolo Ponzio.
Si articolano questioni filosofiche che appartengono ad Arendt dirigendo tuttavia il focus nelle relazioni umane, poiché per Arendt il pensiero consapevole non si può non concretizzarlo fra gli uomini: «gli uomini, e non l’Uomo, vivono sulla terra e abitano il mondo», dove si dovrebbero limitare le alienazioni dovute al denaro, alla tecnologia e al loro uso spregiudicato. Alessio Musio per l’appunto “Nel labirinto della sovranità. La via arendtiana” declina il fenomeno della sovranità nelle sue modalità quali dipendenza, paura, denaro soffermandosi egregiamente su una “sovranità cinica” che annulla le relazioni, i legami. La dimensione relazionale è parte integrante del pensiero arendtiano che abbraccia nel suo dinamismo dialogico la pluralità, la stessa definisce l’essere al mondo dell’uomo: «La pluralità è la legge della terra». E in tale condizione verte la necessità di comprensione: comprendere gli altri, se stessi. Così infatti puntualizza Alessandra Papa nell’Introduzione: “La posta in gioco. Hannah e i fuochi fatui della necessità”, attraverso le parole di Arendt, “comprendere è il modo specificatamente umano di vivere”, nonché la “comprensione” contiene in sé la “nascita”, un nuovo “inizio”. Papa argomentando tale categoria come un “miracolo” ne esalta “l’amore dell’inizio” che rileva l’identità.
Il volume “Il pensiero plurale” contiene autorevoli contributi che letti e riletti denotano l’essenzialità di un’esistenza, quella di una filosofa che ha vissuto coerentemente dispiegando il pensiero nella politica, ovvero nell’agire per il bene degli altri. La politica è per Arendt il “Noi nell’io”. Filosofia e politica. Ebbene, ciò che finanche emerge nel volume è il senso morale, che caratterizza nello specifico il leit motiv della persona, del cittadino: la scelta responsabile per vivere degnamente e smascherare le menzogne, disvelare le “banalità del male”, come accade nello scritto di Francesco Fistetti “La lezione di Gerusalemme: capacità di pensare, senso morale e agire politico”. L’atmosfera che si respira è chiara così come deve essere evidente “la capacità di pensare” per controllare i sovranismi di maniera ed evitare i totalitarismi che di fatto annullano il pensiero, di conseguenza assoldano l’azione della ‘sovranità’ individuale allo Stato che diviene incondizionata, assoluta. È importante per il lettore ricordare la necessità della “nascita”, del “pensiero” nella “pluralità” senza correre il rischio di perdersi “Nel labirinto della sovranità” e soffermarsi col “Pensare la libertà oltre l’enigma della volontà” di Rossella Bonito Oliva. Qui si rivelano le coordinate della teoria filosofico-politica di Arendt: la nascita, la vita, il pensiero e il dialogo col sé nello “spazio pubblico”, poiché la facoltà del pensare non può restare vincolata in un dialogo silenzioso, La vita della mente deve conciliarsi necessariamente ne La vita activa, e viceversa. Il due nell’uno. L’unicità nella pluralità dove le relazioni assumono perfino un carattere “cosmopolitico” (A. Taraborrelli, Hannah Arendt e il cosmopolitismo, Mimesis, 2022).
In una dimensione architettonica della convivenza inoltre la sfera privata e lo spazio politico convergono e ciò si appalesa nel saggio “Il durevole e il fragile. Ricœur lettore di Hannah Arendt” di Luca Alici fino a giungere alla conclusione del volume “Il pensiero plurale” in cui Paolo Ponzio con il saggio “Archimede, Descartes e l’umanesimo alienato: una lettura della modernità a partire da Vita activa” dimostra come sia possibile l’alienazione della persona attraverso l’uso sconsiderato della tecnologia e la perdita della dimensione antropologica: «lo sviluppo tecnologico appare come l’assedio che l’uomo pone a se stesso, alla capacità di controllo della propria potenza produttiva tale da condurre a un cambiamento biologico su larga scala. Una scienza eticamente e normativamente fuori controllo potrebbe, secondo Arendt, facilmente avvicinarsi a tale punto di non ritorno», e specifica Arendt «se lo dovesse mai raggiungere sul serio, la statura dell’uomo non sarebbe semplicemente abbassata secondo tutti i parametri a nostra conoscenza, ma verrebbe distrutta». L’inquietante profezia di Hannah Arendt è presto svelata.
Il sintomo dell’alienazione rilevato dai filosofi della modernità quale è ad esempio Georg Simmel - discusso da Musio - si dipana con e nel denaro, come strumento di interazione, di dipendenza fra uomini e cose, con Arendt nella tecnologia attraverso le relazioni, la pluralità. Esso conduce alla malattia dell’umanità quando a smarrirsi è nello specifico il senso dell’umano. Leggiamo ancora: «Il processo di alienazione dal mondo, avviato dall’espropriazione e caratterizzato da un progressivo aumento della ricchezza, può solo assumere proporzioni anche più radicali». Perciò, la responsabilità di noi tutti risiede nell’esserne fautori attraverso la libertà di pensare e agire. Sempre. La dignità della persona non può essere annichilita. Così, la coscienza, la volontà sono alcune questioni di filosofia morale che Arendt affronta e che costituiscono il fil rouge dei saggi discussi nel testo in questione. In altre parole, si dipinge un pensiero denso, intenso, complesso e ben ordito dai filosofi poc’anzi citati, nonché delineato nel volume Il pensiero plurale. Rileggere Hannah Arendt con singolare perizia. La lezione arendtiana è esibita con altrettanta cura e consapevolezza da Alessandra Papa.