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Libri & Editori
Irène Némirovsky, ad agosto 2022 gli 80 anni dalla morte ad Auschwitz

Jezabel

Pubblicato per la prima volta nel 1936 e dunque un romanzo che contraddistinse la gioventù della scrittrice, Jezabel è uno dei suoi libri più belli, forse anche per l’ambientazione nella Parigi dell’epoca, per il fascino della protagonista femminile e per il richiamo alla lussuriosa moglie del re biblico Achab. Strutturato quasi come un thriller e un giallo, il romanzo va ben oltre tale categoria e ritrae l’immagine di una donna senza vergogna, il cui aspetto affascinante e la cui fama di femme fatale non coincidono affatto con la sua reale personalità.

Jezabel"Jezabel" di Irène Némirovsky (Adelphi)

Gladys Eysenach, accusata dell’omicidio del giovane amante, dichiaratasi colpevole senza remore e additata dall’intera Ville Lumière per il suo modo di vivere scostumato, indecente, eccessivamente passionale, affronta un processo con la stessa freddezza e lucidità della donna che dà il nome al romanzo, in un parallelo al femminile in cui si nasconde molto di più.

È una storia di femminilità e di seduzione, quella che la Némirovsky racconta tra le righe di un giallo, nonché un ritratto intimo e psicologico di un personaggio che – già agli esordi della sua scrittura – si presenta perfettamente costruito, scolpito dalle parole come un’opera d’arte. Pubblicato in Italia da Adelphi nel 2007, è ora disponibile nella versione tascabile con la traduzione di Laura Frausin Guarino.

La preda

L’opera è contemporanea alla precedente, ma a differenza dell’altra venne data alle stampe solo due anni dopo, conoscendo la fama con più ritardo. Erano, quelli, gli stessi anni in cui Sartre pubblicava a Parigi La nausea e altri scritti di alto livello letterario, perciò fu inevitabile per i critici e i lettori di allora fare dei confronti, elogiando talvolta la prosa leggera, scorrevole e vigorosa dell’autrice ucraina, senza nulla togliere ai contenuti.

La preda"La preda" di Irène Némirovsky (Adelphi)

Questa volta il protagonista è un uomo, Jean-Luc Daguerne, e ha molto in comune con la Gladys Eysenach di Jezabel, sebbene si tratti di due personalità alquanto differenti. Daguerne incarna il prototipo del self-made man, colui che brama successo, potere e denaro, per cui sarebbe disposto a tutto; ma, come Eysenach, la frivolezza non è l’unico tratto che lo caratterizza. Dentro di lui c’è un altro Jean-Luc che non può accontentarsi dei beni materiali e delle soddisfazioni terrene; così, è l’amore ciò che – come un’ossessione – prende possesso della sua mente nella seconda parte del romanzo, quando la parabola della ricchezza raggiunge il suo apice e mostra tutta la sua limitatezza.

“Raramente un uomo si uccide perché ha perso del denaro. Si uccide semmai per non scadere nella stima degli altri. Una volta la si chiamava paura del disonore. È la vanità. Un uomo non si vede mai come è. Se avesse il coraggio di confessare a se stesso: “Sono una canaglia, un ladro!” sarebbe più forte degli altri, sarebbe salvo”.

Tornano alcuni temi cari alla giovane Némirovsky: il confronto con la società, la necessità di essere accettati dal grande altro – un desiderio che probabilmente l’autrice deve aver sperimentato in prima persona a causa delle origini ebraiche e della travagliata vita familiare – per ciò che si ha e che si è, la dicotomia tra l’io alla ricerca dell’approvazione degli altri e quello più intimo e profondo, da cui difficilmente si riesce a scappare, negando troppo a lungo la verità. In Italia La preda è stato pubblicato da Adelphi nel 2012, mentre nel 2017 è arrivata in commercio l’edizione economica.

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