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Lo sconosciuto, di Kieu Bich Hau, traduzione di Laura Garavaglia

Grazie al lavoro dei traduttori, in tal caso di Laura Garavaglia per la traduzione in lingua italiana e di Annarita Tavani per la versione inglese si può conoscere e apprezzare la raccolta di poesie “Lo sconosciuto”, di Kieu Bich Hau, edito da “i Quaderni del Bardo edizioni”.

La poesia diventa il fil rouge di continenti distanti per cultura, storia, posizione geografica e persino, travolge gli schemi e i confini con la geografia delle parole. Vietnam, Italia. Mondo: i localismi si abbattono. Ecco perché la poesia è indispensabile. Non è semplicemente un diletto, o un passatempo ma per molti è stata una vita consumata per essa, per i classici, per le parole che custodiscono vita. La poesia di Kieu Bich Hau, trabocca di quel nobile sentimento che si chiama: amore. È densa. È l’aurora silenziosa che pur nascendo dal buio porta la luce. I versi contenuti nella silloge “Lo sconosciuto” sorgono dalla lontananza del proprio uomo e illuminano l’amore smisurato che è presente in questa donna. Così si legge: «Chi è legato / alla propria mente / Chi è legato / alla propria vita quotidiana / Chi è abbastanza forte / per salvare le nostre vite? / Voglio cambiare / Avere il coraggio di provare quel dolore / Lottare per il mio amore / a modo mio / Conquistare il cuore dell’uomo giusto / per me...» (p. 29). Un amore che travolge. Un amore che coinvolge non solo l’io e il tu, ma l’umanità.

Kieu Bich Hau se nella solitudine esplora gli abissi di un sé abbandonato dall’altro, in essa congiunge e si accompagna: nel silenzio dall’amore per la poesia, nonché per la vita. La grandezza. E infatti, «Finché il dolore è esploso in una notte insonne / Un flusso di versi ha travolto la mia mente / Nella solitudine e nel dolore / Un nuovo poeta ha scritto versi d’amore / Per gli esseri umani» (p. 49).

D’altronde sono stati vari i poeti che hanno parlato d’amore, sobbalza al pensiero Alda Merini. Tanti sono morti di dolore per amore. Dolore e amore hanno le stesse terminazioni, mentre le desinenze iniziali “dolo” e “amo” si completano: si abbocca e nel dolo si soffre. Personale interpretazione che Socrate di sicuro non considererebbe come d’altro canto valutò vacue anche le parole di Agatone sull’amore nel “Simposio” di Platone. Ma l’amore cos’è: se non una mancanza che con l’altra forma un’unità perfetta? In realtà, ciascuno sa cos’è l’amore. Emily Dickinson ad esempio l’ha conosciuto e parimenti ha esperito il dolore e la solitudine, e canta: «Ha una solitudine lo spazio, / solitudine il mare / e solitudine la morte – eppure / tutte queste son folla / in confronto a quel punto più profondo, / segretezza polare / che è un’anima al cospetto di se stessa – infinità finita». Sembra la stessa descritta dall’autrice Kieu Bich Hau.

Si susseguono le poesie in lingua inglese e in lingua italiana intervallate da dipinti paradisiaci di Hoang A Sang. “Lo sconosciuto” è il gomitolo che scioglie i fili della vita e congiunge due anime, due cuori. Ma avvolge chiunque. Si tratta anche di poesie che simboleggiano una carica di passione, pathos, vissuta in interiore animo. Talvolta, in alcune sembra quasi che l’autrice si confessi e si interroghi sulla reale condizione del suo essere donna, sul genere femminile: «oh donna, cosa c’è in te? / un amore innocente, / o romantico? / o eterno? / con tante dolci parole? / e anche molti sforzi ridicoli, / per essere più di te stessa: / un insieme artificiale di denti perfetti / un seno artificiale / tutte le cose che pensi siano migliori / non sono abbastanza / per un amore / per un uomo stupido, / un amante immaginario / ma mai reale / tutti i tuoi sforzi / la speranza senza limiti / alla fine ti distruggono» (p. 117). Un cuore vietnamita che batte nel dolore quasi atavico, in soccorso di un amore ingombrante ma assente. L’urgenza di comprendere in un intermezzo della vita il limite di un vissuto che forse non si ripeterà, ma certamente occuperà l’anima del poeta lungo il corso della sua esistenza. Il dolore similmente l’amore non passano, semmai mutano. Forse è questo che sembrano dirci i versi profondi di Kieu Bich Hau.       

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