L'anno del presepe, di Raffaele Gorgoni
Mentre ci apprestiamo a celebrare un Natale più sobrio del solito, rispettando un maggior distanziamento sociale per contrastare il diffondersi della pandemia da Covid19, un buon modo per rendere gioioso questo tempo è riscoprire il valore dei piccoli riti domestici che riempiono di senso e contenuto le festività.
Tirare fuori i pupi dalle scatole, sistemare il muschio raccolto in campagna e messo ad essiccare con cura, e le lucine per ricreare l’atmosfera di un tempo remoto nella storia, mescolata a quello dell’infanzia. L’inaugurazione, insindacabilmente, l’8 dicembre, lo smontaggio il 2 febbraio. Quanti ricordano i riti che accompagnavano l’allestimento del presepe? A quanti di noi, ripensandoci, balza alla mente la figura di un nonno indaffarato tra statuine, colla e carta di giornale? Quanti ancora portano avanti questa tradizione?
Il giornalista e scrittore Raffaele Gorgoni torna a emozionarci con un libro a metà tra mémoire, saggio storico e di costume, che scava nei ricordi di famiglia per riportare alla luce i dettagli di un mondo lontano, forse scomparso. Attraverso il rito del presepe, che si protraeva ininterrottamente per l’intero arco dell’anno, accediamo alle labirintiche stanze di una dimora del Sud Italia in cui mamme e sorelle, cugini, nonni, zii, il gineceo delle amiche animano la quotidianità di una tipica famiglia allargata, tra convivi rituali, la puntuale organizzazione della casa e il sacro rispetto delle feste.
Un estratto dal libro:
«L’Anno del Presepe è il tempo per celebrarlo tra l’Immacolata e la Candelora, secondo la tradizione, e il tempo per disfarlo e ricostruirlo dalla Candelora all’Immacolata. Un tempo fluido, costellato da eventi più che segnato per date puntuative.
Sarà stato il 1958. Forse il 1959 o addirittura l’anno dopo.
Non riesco a fissare l’anno d’inizio del mio addestramento al presepe.
Forse perché L’Anno del Presepe non è un anno, una data ma un tempo indeterminato, un clima, un’atmosfera, uno scorrere dei mesi e delle stagioni segnato da ricorrenze non precise. Il Natale appunto che rendeva presente il presepe dall’otto dicembre al due febbraio; il Carnevale che non si capiva mai quando cominciava ma finiva di un mercoledì con quella misteriosa faccenda delle ceneri e da lì cominciava la Quaresima e, man mano che si avvicinava la Pasqua, si scandivano la Domenica delle Palme e i Sepolcri. A quel punto era già primavera».
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