Una resurrezione letteraria: “Guerra” e “Londra” di Céline, due apparizioni miracolose nella Biblioteca Adelphi - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 11:19

Una resurrezione letteraria: “Guerra” e “Londra” di Céline, due apparizioni miracolose nella Biblioteca Adelphi

Da leggere i due inediti riportati alla luce, opere di notevole valore nella produzione del grande maestro del Novecento letterario

di Chiara Giacobelli

Nel panorama editoriale contemporaneo, poche uscite possono dirsi epocali. Ma quando affiora dalla polvere dell’oblio una voce come quella di Louis-Ferdinand Céline, il silenzio dell’archivio si spezza in un clamore d’eccezione. A poco più di sessant’anni dalla morte dello scrittore francese, due inediti – Guerra e Londra – fanno quest’anno il loro trionfale ingresso nella Biblioteca Adelphi (il primo ad agosto nell’edizione tascabile), riscrivendo la storia del romanzo europeo e riconsegnando al lettore l’energia distruttiva e salvifica della sua lingua.

La casa editrice ha compiuto un’operazione editoriale senza precedenti, portando in Italia questi testi mai pubblicati in vita dall’autore. Guerra, con la sua veste elegante e inquietante, reca in copertina un’acquaforte di Otto Dix (Sentinella morta in trincea), mentre Londra è avvolto in un’immagine d’epoca: studenti in esercitazione anti-gas nella Londra del 1938, preludio a un mondo in caduta libera.


 

Dietro a queste uscite si cela una storia degna di un romanzo di spionaggio. Nel 1944, mentre fuggiva con gli ultimi collaborazionisti verso la Germania, Céline vide la sua abitazione parigina saccheggiata. Furono trafugati centinaia di manoscritti, alcuni ritenuti perduti per sempre. Ma nel 2021, grazie al critico Jean-Pierre Thibaudat, quegli scritti riemergono: migliaia di pagine ingiallite e annotate, recuperate da un misterioso benefattore che ne vietò la pubblicazione fino alla morte della vedova Lucette (avvenuta nel 2019). Da questi faldoni sgorgano Guerre e Londres, poi pubblicati in Francia da Gallimard e tradotti in Italia con maestria da Ottavio Fatica.

Louis-Ferdinand Céline (1894-1961), pseudonimo di Louis-Ferdinand Destouches, è figura incandescente della letteratura del Novecento. Medico, volontario di guerra ferito al fronte, fu autore di Viaggio al termine della notte (1932), capolavoro assoluto che rivoluzionò il romanzo con uno stile spezzato, ossessivo, denso di argot, impregnato di visioni febbrili e furori morali. Il suo passato politico resta tuttora una ferita aperta: autore di libelli antisemiti, collaborazionista della Francia di Vichy, non cessò mai di suscitare scandalo. Eppure, la sua grandezza letteraria resiste: per Charles Bukowski fu “il più grande scrittore degli ultimi duemila anni”.


 

In 156 pagine incandescenti, Guerra ci catapulta nel 1914, all’indomani del ferimento del giovane Ferdinand – alter ego dello scrittore – durante un bombardamento nelle Fiandre. Con un braccio lacerato e un ronzio perenne nella testa, vaga tra cadaveri e visioni, fino a essere ricoverato in un ospedale da incubo. Là incontra Bébert, piccolo delinquente parigino, e Angèle, sua moglie e prostituta al servizio degli ufficiali.
Il romanzo, probabilmente redatto nei primi anni Trenta, pare una scheggia scagliata fuori dal corpo del Viaggio: stesse atmosfere, stessi fantasmi, ma con una crudezza che l’autore non avrebbe osato pubblicare all’epoca. Lo stile è già riconoscibile: fluviale, sincopato, animato da un parlottio ipnotico che brucia ogni convenzione narrativa. L’esperienza bellica è condensata in una frase lapidaria: «Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella testa».

Ma la vera svolta del testo arriva quando Ferdinand viene inspiegabilmente decorato con una medaglia al valore. Da qui la narrazione esplode in grottesco e farsa: la società, già putrida, mostra le sue deformità attraverso una galleria di personaggi luridi, buffi, infimi. In un crescendo di situazioni oscene e dialoghi corrosivi, Céline orchestra una danza macabra sull’assurdo della guerra e sulla decadenza morale di chi vi sopravvive.
Tra i passaggi più folgoranti: «Mi toccava sistemare tutto questo nella testa prima di riuscire a dormire [...] per arrivare a pezzi e bocconi a fare un’ora, due ore, tre d’incoscienza, come quando sollevi un peso enorme che poi lasci ricadere [...] per precipitare ancora in un’immensa sconfitta».
Guerra non è soltanto un documento autobiografico o una variante del romanzo di formazione. È la radiografia acustica di una mente squassata dal trauma, la dimostrazione che la guerra – più che nei corpi – scava nelle sinapsi, avvelena il pensiero, lo trasforma in urlo.


 

Due anni dopo l’uscita di Guerra, nel settembre 2025, giunge in libreria Londra, vasto affresco di oltre cinquecento pagine, che prosegue idealmente il racconto interrotto. Ferdinand arriva nella capitale britannica con Angèle, l’amante/prostituta che l’ha salvato dal fronte. Ma la città che li accoglie è un abisso: prostituzione, illegalità, miseria. Londra non è una metropoli, è un ventre oscuro dove si annidano disertori francesi, papponi in lotta per il territorio, medici spiantati, anarchici falliti.
In questa topografia del degrado, ogni via è una fuga, ogni incontro un rischio. Céline scolpisce con mano magistrale le figure di Cantaloup, magnaccia squallido e calcolatore, del dottor Yugenbitz, ebreo mite e devoto, e del bombarolo Borokrom, emulo dostoevskiano in bilico tra disperazione e furia. Ogni personaggio è un frammento di umanità corrotta, un rottame della Storia.

L’esperienza nella City risveglia in Ferdinand la vocazione medica: «Avrei voluto, credo, guarire tutte le malattie degli uomini, che non soffrano mai più ste carogne».
Non meno centrale è l’eros. Il romanzo pulsa di una sessualità sfrenata, descritta con crudezza visionaria, che sfiora l’osceno ma mai scade nel gratuito. Tra le righe emergono immagini scolpite nel fango: «I seni di Angèle erano divini, vi dico, come miracolo d’Oriente di dolcezza e pesantezza al tempo stesso. Nessuno ha mai fatto niente di meglio. Come adagiati sul cielo».
La violenza – sessuale, sociale, verbale – è ovunque, in un crescendo che rende Londra un’opera estrema, oscura, eppure di bellezza abbacinante. L’editore francese ha ritenuto impossibile pubblicarlo negli anni Trenta. E non a torto.


 

Sebbene non rielaborati per l’uscita, entrambi i testi mostrano un Céline all’apice della potenza espressiva. Guerra è un urlo, Londra un canto funebre: insieme formano un dittico che arricchisce il corpus dell’autore e ne illumina le zone più torbide. Se Viaggio al termine della notte resta il vertice assoluto, questi testi ne approfondiscono la genesi e ne ampliano l’eco. Non sono “scarti”, ma sintomi di una poetica che si muove fra la disperazione e il delirio, fra la realtà più sordida e un lirismo che sfiora l’allucinazione.

Adelphi ha colto l’occasione e ha reso un servizio altissimo alla cultura. Con Guerra e Londra Céline è tornato, e forse non se n’era mai andato. Ora resta solo da attendere i prossimi ritrovamenti: altri manoscritti sono stati riordinati e saranno pubblicati. La sua musica nera, quella petite musique che non dà tregua, ha ancora molto da suonare.
E in questo, il lettore italiano è fortunato: può ascoltarla, oggi, nella traduzione sapiente di chi ha saputo ridare carne e voce a un linguaggio che vive nel sottosuolo dell’umano. Ma che brucia, ancora e sempre, come brace sotto le macerie.