Il rischio autogol sulla web tax. Ed è duello Boccia-Renzi
Il governo italiano prova a dare scacco a Google, ma potrebbe ritrovarsi prigioniero del suo stesso arrocco. La partita è iniziata con due mosse. La prima è un ddl, approvato dal consiglio dei ministri, che mira a proteggere gli editori: afferma che la riproduzione e l'indicizzazione dei contenuti è permessa solo in caso di accordo economico con chi li ha prodotti. In sostanza, Big G (soprattutto ma non solo) deve pagare gli editori. Un paletto utile nella jungla del web.
Poi però il parlamento è andato oltre. Con un emendamento alla legge di Stabilità sponsorizzato da Francesco Boccia, la commissione Bilancio della Cemera ha detto sì alla web tax. La legge obbliga le grandi multinazionali ad aprire una partita Iva e, di conseguenza, a pagare le imposte in Italia.
Fino a ora, Google (ma anche , Amazon e Facebook) hanno preferito piazzare la propria sede in Paesi (come l'Irlanda) con un regime fiscale favorevole. Il risultato è una gigantesca elusione: nel 2012 Google ha versato al fisco 1,8 milioni di euro, a fronte di una raccolta pubblicitaria stimata (solo in Italia) di 700 milioni. Vale lo stesso per Facebook: raccolta di 35-40 milioni e tasse per 131 mila euro. Il problema, come mostrano i numeri, c'è ed è solare. Ma siamo sicuri che la soluzione sia una tassa nazionale? Vietare a Google di incassare significa in sostanza bloccare alla fonte il suo giro d'affari pubblicitario.
In un mercato difficile come quello dell'advertising, le risorse di Mountain View sono ossigeno. Lo scorso anno il colosso di Internet ha catalizzato il 52% degli 8,8 miliardi di dollari spesi per inserzioni pubblicitarie mobile a livello globale e dovrebbe aumentare ulteriormente la propria quota nel 2013. Secondo i dati raccoli da emarketer, inoltre, Google si è anche aggiudicata un terzo di tutti gli investimenti per pubblicità online a livello globale con una quota di mercato del 31,5% nel 2012, che dovrebbe salire al 33,2% quest'anno.
Arginare lo strapotere delle multinazionali con una legge europea avrebbe un peso diverso. Ma provare a fermare Google con un emendamento sembra, a essere ottimisti, un tentativo di svuotare il mare con una ciotola. E non solo: se in futuro la web tax potrebbe essere bocciata dall'Ue, già adesso rischia di essere un autogol per l'Italia. Al momento, il mercato italiano pare avere più bisogno di Google che non il contrario. Forbes ha definito la web tax "illegale". L'American Chamber of Commerce in Italy l'ha definita "un danno di immagine". E anche all'interno del Pd le lamentele non mancano.
Per Matteo Renzi, la legge è "un feticci che chiude l'Italia in un recinto". Il Pd sarebbe, secondo il neo-segretario, sarebbe passato "dalla nuvola digitale alla nuvola di Fantozzi", da sempre simbolo di sfiga incombente. Boccia non arretra e si dice "esterrefatto" delle proteste. Ma anche tra i lettiani emergono i primi malumori.