I dati di accesso sono una trappola: il virus è diventato social
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Il virus è social. Sempre più spesso capita di poter accedere a serivizi web e applicazioni utilizzando le credenziali di Facebook, Twitter o Amazon. Peccato che un dottorando cinese, Jing Wang, abbia scoperto che i meccanismi di identificazione più utilizzati, come OAuth e OpenID, hanno una falla che consente agli hacker di rubare dati personali.
Il trucco è sempre lo stesso: l'utente pensa di affidare i propri dati ai social network o siti di e-commerce. In realtà viene reindirizzato a un sito malevolo. A questo punto è possibile esporsi al furto di dati e informazioni personali.
Sia chiaro: non sarà un nuovo Heartbleed, ma è pur sempre una falla da chiudere il prima possibile. Anche perché il suo carattere social consente una diffusione (per ora potenziale) molto elevata.
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Jing Wang ha fatto notare il problema ai giganti del web maggiormente coinvolti. Come avranno risposto? Facebook ha dichiarato di essere a conoscenza del problema. Le soluzioni tecniche per risolverlo esistono, ma, al momento, gli sviluppatori di Mark Zuckerberg non sembrano intenzionate a realizzarle "a breve termine".
Anche Google è "consapevole del problema". Ha dichiarato che si sta già muovendo. Sulla stessa linea LinkedIn, che ha espresso la sua posizione sul blog ufficiale: stiamo lavorando per "migliorare la sicurezza" della piattaforma. Weibo, il Twitter cinese, ha chiesto agli sviluppatori di prendere le giuste contromisure. Yahoo! e Paypal hanno preferito negarsi.
In attesa di trovare una soluzione definitiva, l'unico antidoto è fare più attenzione. Basta poco. Se, nel bel mezzo della navigazione e indipendentemete dalle vostre scelte, vi viene chiesta un'autentcazione tramite Facebook o Twitter, è il caso di pensarci.