Iacopo Sardi, Neuro-Oncologia Ospedale Meyer: "Regaliamo speranze" - Affaritaliani.it

Medicina

Iacopo Sardi, Neuro-Oncologia Ospedale Meyer: "Regaliamo speranze"

Chiara Giacobelli

Firenze – Una volta era una Villa Medicea, quindi nulla a che vedere con ciò che oggi si presenta davanti agli occhi del visitatore pronto ad entrare nei grandi e labirintici spazi dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. Qui dentro, in un silenzio fatto di gioia, lacrime, speranze, sospiri e tanto amore, si curano i bambini che cadono vittime innocenti di migliaia di malattie ogni anno, con particolare riferimento ai tumori. Per lo più, purtroppo quelli che si sviluppano in età pediatrica non lasciano scampo, tanto che i medici sono ormai “abituati” a vederli lasciare questa terra troppo presto. Nonostante ciò, lottano con tutte le proprie forze anche solo per regalare loro un sorriso un più, una risata, un gioco, una giornata rubata.

Iacopo Sardi è il Responsabile del Reparto di Neuro-Oncologia del Meyer, uno dei più apprezzati in Italia e all’estero per la continua ricerca che vi viene svolta, insieme alla cura dei piccoli pazienti. Se lo si conosce di persona, ci si rende immediatamente conto che Iacopo è un angelo con il camice: a lui si deve la guarigione di tanti bimbi altrimenti senza speranza, la gestione di progetti di sperimentazione che guardano al futuro, nonché la capacità di restituire la felicità a famiglie miracolate, non di rado poi riunitesi in associazioni di beneficenza per sostenere lui, insieme alla sua straordinaria equipe. In questa toccante intervista vi raccontiamo la storia di chi ogni giorno, con la propria inesauribile forza e con un amore immenso nel cuore, regala speranza, come in una fiaba, ma questa volta reale.

Partiamo dall’Ospedale Meyer in generale. Perché è considerato un’eccellenza a livello europeo?
“Il Meyer nasce come ospedaletto pediatrico nel centro di Firenze fino al 2008, quando viene ingrandito e trasferito nella Villa Medicea Ognissanti, l’attuale sede. Mentre in passato era solamente il punto di riferimento per le famiglie fiorentine, con pochi posti letto e limitati reparti, dal 2008, con la nuova Direzione Generale, ha visto una vera e propria svolta di crescita e ampliamento.

Oggi possiede dei punti di forza che lo qualificano come ospedale di eccellenza a livello internazionale in alcuni aspetti, specialmente tutta la parte delle Neuroscienze con il Dr. Lorenzo Genitori – Direttore della Neurochirurgia – e la Neurologia con il Prof. Guerrini. Anche altre discipline come le malattie infettive con il Prof. de Martino, l’unità di Immonologia diretta dalla Prof.ssa Azzari, le cliniche pediatriche, l’endoscopia respiratoria, la reumatologia e la gastroenterologia sono ritenute tra le migliori in Italia. Per esse, l’ospedale è attualmente conosciuto a livello mondiale, pertanto sono molti i pazienti che ogni anno ci raggiungono da fuori”.

Quando nasce ufficialmente il tuo reparto?
“Grazie all’arrivo a Firenze del Dr. Genitori, dal 2004 giungevano ogni anno sempre più diagnosi di tumore cerebrale. Io all’epoca lavoravo alla Pediatria dell’Istituto Tumori di Milano e nel 2008 rientrai al Meyer per prendermi cura nello specifico dei tumori cerebrali. Al tempo, ero ancora specializzando in Pediatria dopo la Laurea in Medicina e Chirurgia, essendomi precedentemente laureato in Scienze Biologiche e specializzato in Genetica Medica. In pratica 21 anni di università! Non contento, ho fatto anche un corso ad Harvard sui tumori cerebrali e un tirocinio in Oncologia Pediatrica al Children’s Hospital di Boston, una delle eccellenze mondiali in assoluto. L’unità di Neuro-Oncologia nasce però ufficialmente alla fine del 2012, dal momento che i tumori cerebrali erano diventati quasi la metà di tutti i pazienti oncologici afferenti al Meyer e la Direzione si era molto sensibilizzata alle richieste dei genitori di creare un Servizio completamente dedicato alla cure di questa grave malattia”.

Attualmente come è strutturato il vostro reparto e che numeri conta?
“Al momento abbiamo circa 80 bambini in trattamento costante che arrivano qui da tutta Italia e qualcuno anche dall’estero per fare le terapie, ai quali si aggiungono coloro che seguiamo anche se sono ormai fuori trattamento perché fortunatamente guariti: parliamo di circa 300 pazienti all’anno per i controlli. I bambini ricoverati che seguiamo tutti i giorni, invece, vanno da 2 a 8, mentre il Day Hospital accoglie dai 15 ai 20 bambini al giorno”

Il Meyer è rinomato per le tecniche all’avanguardia che usa con i pazienti, non soltanto a livello di protocolli terapeutici, ma anche di approccio umano. Cosa significa?
“Innanzitutto cerchiamo di far trascorrere il tempo dei nostri bambini il più possibile a casa; addirittura, se qualcuno deve fare l’idratazione dopo la chemioterapia, siamo in grado di fornirgli uno zainetto con la sacca e una mini-pompa per andare ovunque, in metropolitana o anche ai giardinetti. Ovviamente, se c’è qualsiasi problema noi siamo disponibili a tutte le ore. Le famiglie ci scelgono e ci accordano la loro fiducia perché sanno che facciamo tanta ricerca, oltre all’attività clinica applicando sia protocolli internazionali ma anche protocolli sperimentali certificati. Infine, per quanto concerne il lato umano, io credo che esso sia determinato dallo stesso lavoro che facciamo, trattandosi di tumori pediatrici ad alta mortalità. Questo non è un mestiere in cui puoi mettere barriere, è indispensabile essere sensibili, avere tanta forza e coraggio perché ci sono momenti molto stressanti e dolorosi. Alcune immagini le porti con te anche quando torni a casa, a volte non dormi la notte pensando a un bambino a cui magari ti sei affezionato e che in quel momento sta ingiustamente subendo le pene dell’inferno, mentre tu sei a casa tranquillo. Il lato umano del nostro reparto, che ci caratterizza nel profondo, viene fuori sempre ed è ampiamente riconosciuto dai genitori; ad esempio, i bambini sono seguiti senza sosta, perché non è che finito il turno stacchiamo e arrivederci: noi rimaniamo qui molte ore più di quelle che ci spetterebbero, spesso anche nei weekend, giorno e notte, per il solo piacere e dovere di stare accanto ai nostri piccoli pazienti se li vediamo soffrire”.

Siete però anche ospiti di eventi importanti
“Sì, ci muoviamo con una squadra di ricerca mista, composta da medici e biologi. Cerchiamo di far spostare soprattutto i tirocinanti e i giovani, perché sono loro il nostro futuro, i più creativi capaci di assimilare velocemente, e magari poi trovare nuove strade di ricerca. Poco tempo fa due nostre specializzande in Pediatria sono andate a parlare a Barcellona a un meeting internazionale, mentre due settimane fa altri due giovani medici sono andati a parlare al Congresso Nazionale di Pediatria a Roma, a maggio eravamo a San Diego – dove la nostra era l’unica realtà italiana – e a settembre saremo al Children’s Hospital di Philadelphia, alla Columbia University di New York e a un Congresso sui glioblastomi a Toledo”.

Che spiegazioni si dà un uomo come te di fronte alla morte di tanti bambini innocenti?
“Fortunatamente io credo molto, mi appoggio alla fede in senso lato che mi fa continuare a camminare e a sperare, anche se sono convinto che Dio non possa volere il male di nessuno. Purtroppo esiste un destino per ognuno, ma nonostante ciò noi combattiamo fino all’ultimo. Lo facciamo con una grande forza, che traiamo dall’idea di poter stare accanto e fare del bene a questi piccoli angeli. Avere nella vita la possibilità di aiutarli, per me – oltre che un compito e una missione – è un dono: quel bambino ha creduto in te, ti ha concesso la sua fiducia, perciò per quanto mi riguarda io credo che se pure avessi tutti i soldi del mondo, non potrei mai comprare l’emozione così forte degli abbracci, dei baci e anche delle lacrime dei bimbi, che ti riempiono il cuore ogni giorno. È per questo se continuo ad andare avanti anche quando ci si sente malissimo di fronte a una perdita o a un fallimento: non rinuncio proprio per loro, per regalare ad ognuno anche solo un giorno in più, che però deve essere vissuto bene, senza dolore”

Se una persona qualunque volesse aiutarvi in questa bellissima missione, cosa può fare?
“Esistono associazioni accreditate che hanno ciascuna i propri volontari e li portano nei reparti, dopo aver fatto loro dei corsi di formazione: si può fare di tutto, dalla clownterapia ai disegni, fino al leggere delle favole insieme ai bimbi, concedendo così ai genitori piccoli momenti di stacco e serenità. Le Associazioni dei genitori ci aiutano molto a livello economico anche per sostenere le nostre ricerche. Grazie alla bontà e generosità di tante famiglie possiamo mandare avanti molti progetti di ricerca mirati a perfezionale la cura dei tumori cerebrali dell’età pediatrica”.
 

Info: www.meyer.it
www.amicodivalerio.org