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Medicina
Meccanismi genetici dietro il calo della vista?

Calo della vista — All’infuori di limitate tasche ideologiche e teologiche, l’idea dell’evoluzione umana —confortante, almeno una volta superata la questione degli antenati “scimmie”—è ormai largamente accettata. Il “conforto” deriva dalla speranza che stiamo in qualche modo progredendo, adeguandoci a un futuro migliore attraverso un sempre superiore adattamento al nostro ambiente.

Non è detto però che non possiamo anche fare marcia indietro. Secondo i pubblicitari per esempio, la razza dei consumatori avrebbe recentemente acquisito una terribile intolleranza per i cereali e per il glutine—nutrimenti che, per molte migliaia di anni, sono stati alla base dell’alimentazione umana. Aldilà della celiachia—relativamente rara—il fenomeno è forse spiegabile invece attraverso le terribili ansie che ora affliggono l’Occidente, senza dovere ipotizzare un fondamentale cambiamento metabolico.

Un caso diverso—e meglio documentato—è l’impressionante ondata di miopia, la “vista corta”, che sta ora impazzando in tutto il globo. Sessant’anni fa, dal 10 al 20% della popolazione cinese era miope. Oggi fino al 90% dei teenager e giovani adulti del paese lo sono. A Seoul, la capitale della Corea del Sud, il 96,5% dei maschi 19enni sono miopi. In Occidente, la condizione è ora presente in circa la metà dei giovani adulti americani ed europei—il doppio di cinquant’anni fa. Cinquecento milioni di africani ne sono già afflitti. Secondo una recente relazione del World Economic Forum/EYElliance, se il trend attuale prosegue, entro il 2050 circa la metà della popolazione mondiale sarà miope—4,8 miliardi di persone.

Per quanto perlopiù “curabile” attraverso il semplice utilizzo di occhiali da vista, la miopia trascurata aumenta il rischio di problemi più seri—il distacco della retina, la degenerazione maculare—che possono portare alla cecità. Il danno economico non è indifferente. Il WEF lo stima a livello globale in $227 miliardi l’anno. Particolarmente gravi sono gli effetti sulla scolarizzazione dei giovani, specialmente nei paesi poveri. Secondo l’American Optometric Association, l’80% di tutto l’apprendimento formale nei primi 12 anni di vita avviene attraverso il canale visivo, leggendo o guardando la lavagna.

Il “calo della vista” mondiale arriva con una rapidità che esclude meccanismi genetici, troppo lenti. È inoltre chiaro che si tratta di un fenomeno legato alla modernizzazione. In passato, lo si attribuiva spesso alla “troppa lettura” e il paio di occhiali era praticamente il simbolo dello studioso. È naturale trasferire l’ipotesi all’attuale onnipresenza dello “schermo”, della televisione prima, degli smartphone, computer e videogiochi poi. A sorpresa—malgrado il buon senso della mamma che raccomandava di non guardare la TV da troppo vicino—i ricercatori non hanno trovato un legame tra lo “sciupio” dell’occhio che guarda troppo e la crescente prevalenza della miopia. Piuttosto, secondo robuste prove scientifiche, il nesso consisterebbe nel fatto che tutte queste attività si svolgono al coperto, sotto un tetto.

La causa immediata della miopia è un anomalo “allungamento” dell’occhio che cambia la sua geometria interna. L’ipotesi che va per la maggiore è che ciò dipenda non dall’usura oculare, ma dalla sempre minore esposizione alla luce del sole durante gli anni della crescita. La caratteristica saliente della vita “moderna” non è lo schermo, è che non la si vive più in larga parte all’aria aperta.

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