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Medicina
Pelle e coronavirus, l'allarme: nei pazienti il Covid è anche sulla cute.

Non solo tosse, febbre, bronchite o polmonite. Il Covid 19 ha anche altre strade attraverso cui manifestarsi: per esempio la pelle, con apparenti “banali” alterazioni cutanee. Uno studio tutto italiano, condotto con il supporto della Società italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) e pubblicato sul prestigioso Journal of the American Academy of Dermatology, infatti, ne ha individuate ben sei che possono essere una manifestazione del Coronavirus associata a diversi stadi della malattia.

Fin dall’inizio della pandemia Covid-19 - afferma Ketty Peris, presidente SIDeMaST e direttrice dell’U.O.C. di Dermatologia del Policlinico Gemelli di Roma-  SIDeMaST si è attivata portando avanti diversi studi scientifici focalizzati su malattie cutanee ed infezione Sars-CoV2 e svolgendo numerose attività di supporto per i pazienti affetti da malattie della pelle. Lo studio coordinato da Angelo Marzano è particolarmente interessante perché conferma che la cute può essere spia di una infezione da Sars-CoV-2. Per questo motivo, è fondamentale controllare ancora di più la nostra pelle, perché potrebbe metterci in guardia ed avvisarci preventivamente su quello che accade nel nostro organismo, dandoci la possibilità di muoverci in anticipo e aiutarci a fare una diagnosi precoce della malattia ed anche evitare possibili ulteriori contagi”.  

A coordinare lo studio nazionale “The clinical spectrum of Covid-19-associated cutaneous manifestations: an Italian multicentre study of 200 adult patients”, Valerio Marzano, professore ordinario di Dermatologia e direttore della Scuola di specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell’Università degli Studi di Milano, associate Editor dell’Italian Journal of Dermatology and Venereology. Il professor Marzano è stato anche il primo paziente ad essere ricoverato per Coronavirus il 22 febbraio 2020 a Milano, subito dopo il Paziente 1 di Codogno.

I sei fenotipi cutanei individuati e che possono essere correlati al Covid-19 sono: un quadro clinico simile all’orticaria; un’eruzione morbilliforme sia agli arti che al tronco; una reazione cutanea tipo varicella; presenza di lesioni tipo geloni; livedo reticularis, simile ad ecchimosi da trauma; vasculite, con un colorito rosso vinoso e possibile formazione di ulcere sugli arti inferiori. 

Lo studio è stato condotto su 200 pazienti in tutta Italia ed è il terzo per numero di pazienti osservati a livello mondiale. L’obiettivo era correlare statisticamente i 6 specifici quadri cutanei con la gravità della malattia Covid-19 e i sintomi di quest’ultima (febbre, polmonite, difficoltà respiratoria). Con il supporto della SIDeMaST, 21 Centri di Dermatologia italiani hanno contribuito alla raccolta dei dati clinici dei pazienti con manifestazioni cutanee associate al Covid-19. Le indagini sono state condotte nella prima fase della pandemia, nel mese di marzo 2020.

I parametri presi in considerazione includevano sesso, età al momento dell’insorgenza della malattia, presenza o assenza di comorbidità, manifestazioni cutanee, presenza o assenza di lesioni mucose, durata delle manifestazioni cutanee. E ancora, sintomi correlati alla pelle, sintomi sistemici, durata dei sintomi sistemici, latenza tra le manifestazioni cutanee e sintomi sistemici e gravità della patologia. Inoltre, ogni Centro partecipante ha fornito ai ricercatori i dati sulla base di alcuni criteri: maggiore età; positività confermata in laboratorio o fortemente sospetta; presenza di manifestazioni cutanee da Covid confermate da un dermatologo esperto.

La gravità dell’infezione da Coronavirus è stata classificata secondo quattro livelli: stato asintomatico, gravità lieve, moderato e grave. I pazienti presi in esame sono stati prevalentemente maschi (54%), con un’età media al momento della diagnosi di 57 anni.

Sono risultati asintomatici 31 pazienti (15.5%), mentre 51 (25.5%) presentavano una forma lieve della malattia. Il 47.5% dei pazienti (95) aveva una forma moderata, e l’11.5% (23) una forma severa. Inoltre, 86 dei 195 pazienti (con dati disponibili 43%) avevano manifestato almeno una comorbidità. Queste le percentuali dei fenotipi cutanei individuati: orticarioide 13.2%, eritematosa o morbilliforme 27.4%, simile a varicella 16.2%, geloni 25.4%, ecchimosi 3.6 %, vasculite 10.7%:

“La durata media delle manifestazioni cutanee osservata -afferma Marzano- è stata di 12 giorni; quella dei geloni era di 22 giorni. Inoltre, abbiamo rilevato che i geloni erano il sintomo prevalente tra i giovani ed erano associati ad una manifestazione quasi sempre asintomatica del virus, mentre tutti gli altri fenotipi erano collegati ad una forma più o meno severa. A questo proposito, due importanti lavori condotti precedentemente a livello internazionale avevano dato come assunto il fatto che le lesioni della pelle più gravi fossero correlate ad una forma più grave di Coronavirus, stabilendo quindi una proporzione diretta tra sintomi cutanei aggressivi e gravità del Covid. Una corrispondenza che invece, in base ai nostri studi, non esiste: non c’è alcuna correlazione diretta tra la gravità della manifestazione cutanea e quella della malattia da Sars-CoV-2. Piuttosto, una correlazione esiste tra aumento dell’età e aumento della gravità della malattia”.

Per l’esperto bisogna quindi prestare particolare attenzione a dei segnali precisi che compaiono sulla pelle: un’apparente orticaria, un eritema molto esteso, una improvvisa vasculite, ecchimosi e geloni vanno considerati tutti possibili spie della malattia che devono indurci a fare un tampone.

Il nostro lavoro comunque non si esaurisce qui”, commenta Marzano. “Vogliamo infatti studiare i meccanismi attraverso i quali il virus produce le lesioni cutanee una volta che si è introdotto nell’organismo attraverso l’apparato respiratorio. Per questo, insieme ai miei collaboratori, stiamo scrivendo un progetto che verrà inviato al ministero della Ricerca. L’obiettivo è contribuire a una sempre più rapida e approfondita conoscenza della malattia per far sì che la Comunità Scientifica possa sconfiggerla nel più breve tempo possibile”. 

 

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