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Caso Genovese, imprenditore nega violenza: "La ragazza era consenziente"
Alberto Genovese

Caso Genovese, imprenditore nega violenza: "La ragazza era consenziente"

Alberto Genovese, l'imprenditore accusato di due stupri ai danni di modelle e in carcere dal 6 novembre scorso per violenza sessuale, sequestro di persona, droga e lesioni, ha risposto domenica 28 febbraio per circa un'ora alle domande del gip nell'interrogatorio di garanzia che si e' svolto in streaming (lui si trova ancora a San Vittore). A differenza del primo interrogatorio, nel quale il 43enne aveva fatto dichiarazioni spontanee ma non risposto alle domande del giudice Tommaso Perna, in questa occasione ha deciso di dare alcune descrizioni dei fatti su sollecitazione del gip. Presenti all'interrogatorio anche i suoi legali, Luigi Isolabella e Davide Ferrari, cosi' come per l'accusa la pm Rosaria Stagnaro. Genovese non ha ammesso la seconda violenza sessuale contestata dalla Procura, che sarebbe avvenuta il 9 luglio a Ibiza, sostenendo che la modella 23enne che ha denunciato fosse consenziente. In quell'occasione, nella camera da letto di 'Villa Lolita' c'era anche la fidanzata di lui. 

Il ruolo della fidanzata sarebbe tuttavia da ridimensionare. La donna, che e' stata descritta come 'gelosa' dall'imprenditore, potrebbe essere a sua volta una vittima, costretta o abituata a condividere le sue abitudini sessuali promiscue. Non per l'accusa che comunque le contesta la violenza sessuale di gruppo, in concorso con Genovese. La linea difensiva in questo secondo interrogatorio e' stata dunque di rispondere al giudice descrivendo il mondo che ruotava attorno a lui: "Chi si drogava lo faceva consapevolmente, tutti facevano parte di quel mondo e a tutti andava bene". Soprattutto alle donne, invitate e 'reclutate' da alcuni collaboratori, come il pr Alessandro Paghini. Alle feste - ha spiegato poi, secondo quanto appreso - c'erano due ambienti: uno dove si consumava droga, un altro dove ci si divertiva senza. Per questo - e' il ragionamento - chi si drogava voleva farlo, e non era costretto. C'erano polveri, distribuite nei piatti, e bottiglie di sostanze psicotrope in forma liquida, contrassegnate con dei nastri. Chi le assumeva sapeva a cosa andava incontro. La stessa 23enne di Ibiza, dunque, era consenziente sia nel drogarsi sia nell'accettare di avere un rapporto sessuale a tre con lui e la fidanzata. Alla fine e' stata si' resa incosciente per l'abuso, ma poteva prevedere che avrebbe perso il controllo di se'. Secondo quanto emerge negli atti, la giovane si sarebbe svegliata solo molte ore dopo il rapporto consumato, macchiata di sangue e avrebbe rimproverato agli altri dell'entourage di non aver fatto nulla per aiutarla, pur avendola vista in condizioni "molto critiche", inerme come un 'sacco di patate'. Insieme ad un'amica aveva poi deciso di allontanarsi da Villa Lolita e di affittare un altro appartamento: circostanza che l'ha resa piu' credibile agli occhi del giudice, a discapito delle altre due modelle giovanissime che avevano denunciato altri 6 episodi. Ma anche su questo Genovese si e' difeso raccontando di una frequentazione che sarebbe in qualche modo continuata. L'imprenditore milionario, a seguito del primo arresto, si era difeso spiegando che la dipendenza dalla cocaina gli fa perdere il confine tra legalita' e illegalita' e parlando pure di un accordo con la prima vittima per un pagamento per quella notte. Quella volta a denunciarlo era stata la 18enne, prima a farsi avanti con le forze dell'ordine: seviziata per 20 ore, il suo stupro era stato accertato anche alla clinica Mangiagalli. Era infine scappata dalla 'Terrazza Sentimento' perdendo anche una scarpa per strada pur di allontanarsi.

Caso Genovese: imprenditore, donne consapevoli 'sistema' feste

Sarebbero state 'consapevoli' del sistema le donne che partecipavano ai party a base di sesso e droga di Alberto Genovese. Questo il suo punto di vista del 43enne.  Sull'episodio di Villa Lolita, su cui ci si e' concentrati in un'ora circa di interrogatorio via Teams, il 43enne ha fornito alcuni particolari: la ragazza sarebbe stata consenziente al rapporto a tre, presente anche la fidanzata di Genovese; i lividi sul suo corpo sarebbero derivati dal fatto che la giovane, in preda alla droga, avrebbe cominciato ad agitarsi, costringendo chi era con lei a calmarla e a tenerla ferma. Tra Genovese e la ragazza, inoltre, ci sarebbero stati degli incontri anche prima della vacanza nell'isola spagnola. Un ampio scorcio sul 'sistema' dei suoi party estremi Genovese lo ha dato al gip, anche per quanto riguarda la cessione di stupefacenti: erano soprattutto gli uomini a portare la droga alle feste, ed essendo lui il piu' abbiente di quel mondo, era sempre lui a pagarne il maggior quantitativo.

 La droga girava nei piatti e veniva offerta alle ragazze, che erano abituate ad assumerla. Ai party infatti era ben chiaro chi fosse disposto a usare lo stupefacente e chi no: era previsto che i partecipanti si dividessero in due gruppi, tra loro quasi incomunicabili e controllati da bodyguard. Da un lato - ha spiegato - c'era chi assumeva le sostanze, dall'altro chi non le assumeva. Dunque le donne che sceglievano di farlo, a detta dell'imprenditore, ne erano coscienti. Genovese avrebbe anche fatto i nomi dei suoi fornitori di droga, di cui uno di base in Spagna, e un altro pronto a rifornirlo da qualsiasi parte del mondo, con una semplice telefonata. Genovese ha ribadito davanti a giudice, avvocati (Davide Ferrari e Luigi Isolabella) e pm (Rosaria Stagnaro) di patire molto il carcere, anche se lo stesso gip Perna giovedi' ha rifiutato l'istanza di scarcerazione e la richiesta di perizia, presentata dai suoi avvocati la settimana scorsa.

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