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Milano
Tutti vogliono Beppe Sala. Tutti mormorano, nessuno lo sollecita
Beppe Sala (foto da Instagram)

di Francesco Floris

Tutti vogliono che Beppe Sala parli del proprio futuro. Dia un'indicazione. Cosa farà l'anno prossimo? Ecco la domanda che tutti si fanno e a cui vogliono una risposta. Soprattutto se dicesse di no. Ci sono da organizzare le primarie, trovare un nome per Milano. Riflessioni che si fanno lontani dai microfoni ovviamente. Troppo il rispetto per l'uomo e il politico. Lui ha promesso una decisione dopo il referendum e regionali ma i tempi non sono ancora maturi. Sciogliere la riserva? “Non sono i 15 giorni a fare la differenza su un progetto, su un'idea di città che dentro e fuori dal Covid deve diventare economia, spazi, tempi di stare assieme” dice ad Affaritaliani.it Milano Barbara Pollastrini, deputata del Pd eletta nel collegio Lombardia 1. L'onorevole vuole per Palazzo Marino la riconferma del primo cittadino perché “proprio come fu decisiva la presenza di Giuliano Pisapia queste sono persone che hanno credibilità e autorevolezza”. Ma non tira il sindaco per la giacchetta e apprezza i tempi di riflessione che si sta dando: “Voglio vedere un elemento di maturità, di inquietudine e complessità nella persona, anche nei politici c'è l'aspetto umano”. Nel giorno in cui si parla di referendum e regionali senza coinvolgere Milano e la Lombardia in prima battuta, il voto dà però indicazioni anche per la corsa alle comunali sotto la Madonnina del 2021. “I problemi ora sono di Salvini” dice secco ad Affaritaliani.it Milano l'eurodeputato Pierfrancesco Majorino, per due volte assessore alle Politiche sociali prima di volare a Bruxelles e Strasburgo e nome di peso nel centrosinistra meneghino. “Ora ci sono ancora più motivi perché Sala si candidi e il centrosinistra conduca a testa alta la lotta per la riconferma”.

Perché ci sarà pure tanta voglia di cambiamento nel Paese ma intanto alle regionali di domenica e lunedì fanno, quasi dappertutto, il pieno di voti i governatori e le coalizioni di maggioranza uscenti. Che possa capitare lo stesso a Milano? Con una conferma per la terza volta consecutiva del centrosinistra? Ne sono convinti molti nel Partito democratico. “È un voto che dà fiato e spinta al successo del centrosinistra a Milano e credo anche a Torino – aggiunge Pollastrini –. Perché colpisce la Lega nel leader e nella strategia e il Pd ne esce con la funzione di unico possibile aggregatore, primo partito tranne che in Veneto e in Liguria dove però non vince la Lega ma vincono Zaia e Toti”. Guardano anche alla provincia di Milano e al resto della regione i dirigenti dem nell'ottica di una città che “allarga i propri confini”. Con risultati incoraggianti e vittoriosi a Mantova; a Baranzate dove si conferma allo scranno di primo cittadino Luca Elia; a Bollate con il candidato Francesco Vassallo che ha chiuso la campagna elettorale assieme a Filippo Barberis, capogruppo dem a Palazzo Marino; a Cuggiono con Giovanni Cucchetti.

Oltre il nome di Sala nel Pd meneghino si parla di liste per il consiglio comunale. Dovrebbero essere confermati gli uscenti con qualche eccezione. Fuori per esempio il presidente della Commissione antimafia David Gentili che dopo l'esperienza nel cartello di sinistra “Milano Progressista” è rientrato nel Pd. Da capire che collocazione troveranno nomi come quello di Enrico Fedrighini, volto ambientalista in città, che ha rotto con i Verdi proprio sul nome di Sala dopo la decisione del movimento ecologista di non appoggiare al primo turno il candidato del centrosinistra. C'è molta pressione per un posto in lista da parte dei “territori”, cioè i consiglieri eletti nei nove municipi della città. Lo si è sempre fatto – dicono i ben informati – per collegare l'amministrazione comunale centrale con le esigenze e le richieste dei quartieri. Mentre un drappello fatto solo di “big” e uomini e donne con tante preferenze personali potrebbe non essere per forza una scelta vincente. Perché vorrebbe dire non occuparsi dei municipi e di battere ogni singola strada anche in campagna elettorale. Ma oltre a chi vuole fare il grande salto da via Oglio o dalla Barona per approdare al Piazza della Scala sui Municipi si gioca un'altra partita ancora: servono le primarie per scegliere i candidati sulle varie zone di Milano? Perché il ricordo del 2016 è ancora fresco: quando il centrodestra vinse 5-4 la partita dei quartieri, strappando anche “feudi rossi” come la zona 9. Fu la legge elettorale a provocare ciò. Legge elettorale che non è cambiata rispetto a cinque anni fa. Da qui l'idea di testare e selezionare nomi e candidati con lo strumento delle primarie, panacea di tutti i mali nel centrosinistra ambrosiano.

Francesco Floris/Fabio Massa

frafloris89@gmail.com fabio.massa@affaritaliani.it

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